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               Per anni ho sognato
               il mio Carso tra i cornioli e il ginepro dei boschivi
               mare colore del ciclo, solcato da gabbiani lungo la
               scia di magiche navi. Sono tornata da adulta a
               rivedere il cielo terso, ad inseguire le stelle sopra
               la piccola baia illuminata dalla luna.Da un piroscafo di
               nome " Jadran" (dolce ma straniero) ho ammirato Canale
               Maltempo e la Baia di Buccari. Sul ponte della nave
               contadine croate portavano in testa ceste di pomodori,
               turisti anonimi fotografavano il panorama, che sfilava
               davanti ai loro occhi rapiti dallo spettacolo del
               cielo che si confondeva con il mare.Mi sono fermata
               qualche volta a sentire il vento profumato di
               salsedine, che si posava sulla pelle nelle spiagge di
               scogli o di sassi bianchi.Era bello
               riposarsi, dopo, nella pineta di qualche piccola isola
               disabitata e raggiungibile solo a nuoto o in barca.
               Là in quel mondo da me mai dimenticato ho
               ritrovato me stessa, la mia storia e quella della mia
               famiglia con i suoi forti ricordi, che mi ripagavano
               della mancanza di radici.Pochi anni fa,
               nella età matura quando ormai mia madre, mio
               padre e altri fiumani miei parenti erano morti, ho
               voluto tornare: ho raccolto rami di salvia e rosmarino
               e qualche cardo azzurro che si offrivano al mio
               passaggio. Radici dimenticate e rimosse di un mondo
               capovolto profumavano di memorie custodite con amore
               per tanti anni.Lungo un viaggio
               per la Dalmazia scoprivo con meraviglia fiori di tutti
               i colori arrampicati sulle pietre del Carso. Era una
               estate molto calda; durante il viaggio a ritrovare il
               tempo perduto per affrontare con coraggio il futuro,
               tra i pini delle alte coste dalmate intravedevo il
               mare solcato da navi e vele e sognavo.Poi un giorno
               arrivai all'isola di Lussinpiccolo che conoscevo solo
               nei ricordi innamorati dei miei genitori che vi
               avevano trascorso LA LUNA DI MIELE nel lontano 1939,
               quando si addensavano venti di guerra.Nella baia di
               Cigale avevo assaporato la magia della memoria distesa
               sulla spiaggia assolata. La sera di quel
               giorno mi ero ritrovata al Castello di Tersatto e non
               finivo di guardare il panorama di Fiume, mentre mi
               chiedevo perché ero tornata a ritrovare il filo
               delle memoria, a soffrire, perché quella non
               era più la mia città, che io avevo tanto
               amato.Nei cortili di
               stile veneziano ornati di rossi gerani e petunie blu
               di Cherso e di Zara mi ero emozionata a ritrovare le
               tracce delle presenze veneziane e italiane. Emozioni
               violente entravano nella pelle con la forza degli
               eventi, che avevano decretato la perdita di quelle
               terre e le tragedie che ne erano seguite.Quando ascoltavo
               dentro di me lo struggimento per questi eventi cercavo
               di esorcizzarlo, osservando la bellezza di quei
               luoghi. Solo allora mi sento in armonia con il mio
               mondo perduto.Accarezzavo le
               pietre del porto di Fiume, lavate dal mare e avevo
               quasi paura di girarmi per non veder le ombre dei miei
               cari, che mi seguivano lungo il Corso e nella
               Città Vecchia.In via Ciotta, in
               via Parini che ora hanno nomi croati, a me
               sconosciuti, mi sembrava di sentire la presenza dei
               nonni e di mio padre. La bellezza di mia madre si
               specchiava sui vetri della Città Vecchia: io
               attonita e con le lacrime agli occhi mi sedevo a un
               tavolino lungo il Corso confondendomi tra la gente.
               Mentre bevevo un caffè sentivo il fascino di
               questa città un tempo mitteleuropea, orgogliosa
               della sua storia. Confusa tra i molti turisti nessuno
               sospettava del mio malessere.Questa volta non era una
               fuga, ma un arrivederci al prossimo anno. Ma tutte le
               volte non so se ripercorrere il filo di ricordi
               così forti: forse è uno dei modi per
               sentirmi viva. |