Autori contemporanei
affermati, emergenti ed esordientiIncipit di Satire al ... kamasutra Pascal Vecchio
- INTRODUZIONE
- dell'Autore
- La Storia ricorda che le epoche, in cui è stata data particolare rilevanza all'erotismo ed al sesso, sono state sempre caratterizzate da carenza di principi morali, da egoismo edonistico e narcisismo straripante, da confusione sociale autodistruttiva, da dissoluzione di ordine e regole, da mortali epidemie da contagio, da clientelismi elettorali ed assenza di previgenza politica, da mancanza d'indipendenza intellettuale e dallo sfascio delle colonne portanti della società.
- In una parola, in tali epoche ha sempre dominato l'infantile incultura del trallallà.
- Questa di fine millennio è una di quelle epoche!
- Perché?
- I motivi possono essere tanti, seri e banali, inevitabili e gratuiti.
- Quello che ferisce maggiormente la mia intelligenza è il fatto che, tra i mille motivi, il più vacuo, evitabile e gratuito, possa rivelarsi tanto perverso da produrre incalcolabili danni addirittura a livello universale.
- Erich Fromm, nella sua "Anatomia della distruttività umana", denuncia in ogni dettaglio tale tendenza genetica, ma sfiora appena il fenomeno dell'autodistruttivià inconsapevole.
- È il più subdolo degli aspetti, perchè l'inconsapevolezza discende da perversioni ottundendenti, che sciaguratamente non consentono di distinguere dalla normalità la patologia di certi comportamenti addirittura vissuti con esaltazione e glorificati.
- Uno di questi è riferibile senz'altro alle becere modalità operative del movimento femminista di questo fine secolo.
- Il femminismo ha promosso delle violenti contestazioni per conquistare l'improbabile "pari opportunità" (ma senza rinunciare ad incompatibili privilegismi e protezionismi), e, per ridurre il presunto usurpatore (macho) al ruolo di buffone domestico, altri mezzi non ha usato se non la prerogativa peculiare del sesso e dell'erotizzazione di ogni cosa.
- Con la complicità colpevole dei sessomaniaci e della pochezza culturale dei governanti improvvisati, è conseguita una sorta di scombussolamento dell'assetto mondiale, ovviamente non pilotato da intelligenza costruttiva ma dagli ormoni dell'instablità emotiva. Se la ribellione per l'emancipazione femminile è pienamente legittima, in quanto ogni essere umano ha il diritto di tentare di migliorarsi la vita, è stupido non valutare l'entità dell'autodanneggiamento nel perseguire conquiste impossibili.
- In sostanza, anziché cercare di "costruire" qualcosa di migliorativo, da aggiungere alle positività già possedute, ci si è accaniti bufalescamente a "distruggere" i capisaldi della società umana (valori cardini, come moralità, famiglia, rispetto, solidarietà, compatibilità, complementarietà, ecc.) per ritrovarsi nelle fogne aperte... e con un pugno di mosche in mezzo a tanti ipocriti imbonitori.
- Non si migliora la vita con la droga dell'effimero, quando si perde addirittura la dignità umana!
- Sin dalle epoche di Orazio, Boccaccio, ecc. la Letteratura seria e non allineata ha inventato lo strumento canzonatorio della Satira per... "castigare ridendo mores".
- Con i miei minuscoli strumenti, piccolo pennello e piccola penna, è dal 1982, con "Franchezza e Poesia", che tento anch'io di punzecchiare le malcostumanze che disapprovo.
- Con quest'ultima, "Satire al... kamasutra", ho accentuato il tema del sesso e dell'erotismo, perché mi pare abbiano raggiunto livelli d'insopportabilità, aggravata dal martellamento asfissiante di tutti i mezzi d'informazione e con l'ostentazione spesso nauseante del mondo in gonnella, tanto da domandarmi se esiste ancora la decenza.
- L'umorismo, con cui addolcisco le satire, non è una resa, ma una sfida, perché esso implica non solo il trionfo del mio Io, ma anche del principio del piacere, che ritrova così il mezzo di affermarsi in me nonostante le sfavorevoli realtà esterne.
- Non sono diventato misogino, ma trovo difficoltà ad accettare al mio fianco una qualsiasi donna che faccia di tutto per essere grottesca, nel convincimento che la libertà... sessuale non si conquisti mostrando i glutei, ma emancipandosi dai tabù interiori sul sesso.
- Forse la mia satira può essere anche un'innocua vendetta, che, attraverso il riso ed il sorriso, libera il mio animo, per quanto riguarda la sessualità, dal disappunto di non poter godere di un piacere, che talvolta mi viene reso difficile dalla mia stessa disapprovazione dell'indecenza, e, per i malcostumi in generale, dall'impossibilità del vivere tranquillo, che quotidianamente mi viene disturbato dall'indiretta provocazione di chi regge le sorti delle comunità e non fa niente per frenare lo sfascio generale.
- I personaggi creati, Costanzo, Mararosa, Puf, Pancotto, la Mugnaia, ecc., non sono i potenti della terra, ma riflettono un sistema traviato di vita e rifiutano di migliorarsi perché drogati dal profittismo.
- In "Satire al... kamasutra" non ho usato la struttura della lirica convenzionale, ma una pseudoversificazione libera, spesso alternata alla prosa, per non appesantirne troppo la lettura con rigidità e schemi prefabbricati. Ho tentato di fare non una Satira Lirica ma un Discorso Altro.
- DON COSTANZO e MARAROSA
- (satira in versi)
- Lunedì
- Per bene incominciar
- la settimana,
- Don Costanzo
- di buon'ora,
- lascia il tàlamo
- invitante,
- ove la moglie
- brontolante
- libìdo e rabbia
- ne sbuffa tante.
- In fin dei conti
- a lui quel letto
- serve solo
- per dormire.
- Mentre ingurgita il caffè
- il pensiero di far prima
- corre subito alla gente
- da fregare di mattina.
- Sospiri, lamenti
- pianti e scherni
- dentro casa
- non li sente.
- La sua mente
- è tutta tesa
- ad imbastire
- nuovi affari
- e non può
- perciò pensare
- alla porta
- da serrare.
- Porca miseria!
- In un baleno
- è già la mezza
- e
- quella storia col cliente
- non va giù
- proprio per niente.
- Manco male
- - in verità -
- perché..,
- saltando il pasto,
- l'altro affare interessante
- a liquidare farà presto
- con quel tale
- assai importante,
- che
- un contratto conveniente
- gli ha promesso l'altro dì.
- Si fa sera
- e
- stanco morto
- torna a casa soddisfatto
- ma
- non ha voglia di cenare
- ed a letto se ne va.
- Oh, diavolo!
- Non è possibile che
- dopo tutto quel che ha fatto
- possa pure riposare
- perché...
- quell'affare interessante
- con il tale assai importante,
- che doveva finir bene,
- è finito a poco e male
- per un misero sacchetto
- di lenticchie e cipolline,
- che il cliente assai pignolo
- pretendeva ad ogni costo.
- Ecco allor...
- "una" pilloletta
- per dormire
- in fretta in fretta.
- Martedì
- Di venere e di marte
- non si sposa
- e non si parte,
- ma
- il mercante Don Costanzo
- deve alzarsi pure in fretta
- perché...
- a quella gente che l'aspetta
- non può dir che fà la festa
- o
- che a buon'ora di mattino
- non si butta dal lettino
- o
- che trascura i grandi affari
- per un detto dei bisnonni,
- che, per essere fresconi,
- han sognato i bei soldoni.
- Al prurito della moglie,
- fosse urgente, caso mai,
- un'altra volta baderà.
- "Quanto è tardi, madre mia!
- Sta per sorgere già il sole
- e,
- se non parto sù alla svelta,
- come posso fare il giro
- dai bancari e mediatori,
- dal comune e dai notari,
- dall'avvocato e dal compare,
- tutti quanti assai importanti,
- con i quali - in fede mia -
- è sempre meglio mantenere
- quei rapporti necessari
- che poi fanno - bontà loro -
- le matasse dipanare?"
- Non potendo più indugiare
- fa un gran volo per le scale,
- e,
- a dispetto della gente
- che gli dice d'allentare
- il suo ritmo di fare,
- fa l'orecchio da mercante
- e risponde risoluto
- che il potente Don Costanzo
- ha la forza d'un cavallo
- e l'astuzia della volpe;
- tutte cose da impiegare
- con dovuta intelligenza
- per l'accumulo dei soldi
- che assicurano "potere".
- Definisce fannullone
- il Professore Posapiano,
- che gli consiglia di frenare
- quella stupida rincorsa,
- perché a nulla può valere
- il denaro accumulare
- oltre quanto è necessario
- per sbarcare un buon lunario.
- È pestifero e cretino
- perché...
- non capisce
- che il mercante Costanzino
- non ha vita senza affari,
- che solo il gruzzolo gli dà
- e
- nel frattempo gli consente
- di frequentare tanta gente,
- con la quale intrattenere
- discussioni a non finire.
- Il Posapiano poi sostiene
- che anche il letto
- è assai importante,
- se non si vuole trascurare
- chi per anni dorme a fianco
- con l'attesa del poi... domani...
- e
- se non si vuole risvegliare
- con le corna del cervone.
- Queste cose del pestifero
- sono strane e senza senso
- perché...
- con pellicce e cianfrusaglie
- ogni donna ci sa fare
- a trovare un dongiovanni
- tanto sciocco e perditempo
- da sprecare le sue forze
- con la moglie del mercante.
- Don Costanzo è ben contento
- se qualcuno gli consente
- il risparmio d'energia
- da usare negli affari,
- purché...
- i rami secchi delle corna
- non intralcino il cammino
- nella strada dei somari.
- Posapiano gli ricorda
- che la vita non è "affare",
- ma che la scienza, la cultura,
- casa, figli e più l'amore
- non danneggiano il lavoro
- e
- tutt'insieme posson dare
- il giusto senso della vita.
- Don Costanzo si sente in colpa
- ma risponde d'un sol fiato:
- "Ma che ti danno, in fin dei conti,
- codeste cose improduttive,
- se tu senti nel profondo
- del denaro il sol richiamo?
- Non c'è luna o fiorellino
- che mi attragga almeno un po'
- e
- la libertà è sol galera
- per chi i soldi non ce l'ha!
- Ma guarda un po'
- che tipo strano
- mi doveva capitare!
- Per domani ho un bell'affare
- con un tale assai importante
- ed ho bisogno di dormire
- per svegliarmi al chicchirichì".
- Don Costanzo è molto stanco
- ma degli affari l'ossessione
- non gli permette di dormire.
- Ecco allor...
- "due" pillolette
- per dormir
- in fretta in fretta
- Mercoledì
- Chicchirichìiii!
- La mercante Mararosa
- sa che oggi tocca a lei
- ma per l'impegno che l'aspetta
- non può mica fare in fretta
- a liberarsi delle creme
- e strapparsi i bigodini.
- L'età c'è e le rughette
- fan brutti scherzi negli affari
- se a condurli son donnette.
- È già tardi...quando è pronta
- a staccarsi dallo specchio
- e, se non vola a precipizio,
- quel mercante concorrente,
- già in cammino da un bel po',
- dal cliente ormai per primo
- certamente arriverà!
- Che sudata!
- Ma la pimpante Mararosa
- coi suoi mezzi ce la fa
- a precedere il nemico.
- Fino alla mezza si discute
- ed il contratto con firmetta
- proprio all'una vien concluso.
- All'una e trenta al ristorante
- c'è quell'altro che l'aspetta
- per decidere alla fine
- se imbastire il nuovo affare.
- L'altro giorno avean parlato
- con gli occhietti che fan tic.
- C'era intesa d'incontrarsi
- in quel posto riservato
- per clienti rinomati.
- È opportuno dimostrare
- anche un po' di stimolino
- e
- se l'affare va sul bene
- non è male un po' giocare
- a stupidella e a stupidino.
- Han giocato fino a sera
- ma - che sfortuna nera! -
- quel cliente avea capito
- che Mararosa, con l'occhietto,
- l'avea invitato al ristorante
- per mangiare le orecchiette
- e poi... giocare a toccatette.
- Ha mangiato a crepapancia
- e s'è sfogato a perdi fiato
- ma
- al contratto ormai stilato
- non aveva mai pensato.
- Per le camere d'albergo,
- con occhiaie e dolorante,
- Mararosa lo rincorre,
- ma quel Toro -sacripante-
- lascia il conto da pagare
- e promette un altro incontro.
- Che può fare la tapina
- se non solo consolarsi,
- ripetendosi in sordina
- che può pure accontentarsi
- d'aver almeno un po' goduto
- col giochetto da gallina
- ed il sughetto del fonduto,
- e che, quindi, è più che giusto,
- senza far la stupidina,
- pagare il conto al bellimbusto
- e lasciar perdere la manfrina.
- Mararosa è femminista
- e...
- è pur sempre una conquista
- poter trattare a pari a pari,
- anche sol per dimostrare
- che tra la gonna ed il calzone
- e tra la barba ed il silicone
- non esiste più divario,
- tanto è ver che l'avversario
- le ha lasciato - bontà sua -
- oltre al conto da saldare,
- un saluto da maschietto
- e magari un bel bimbetto.
- Mararosa torna a casa,
- ma ben si guarda dal rivelare
- d'aver perso il grande affare
- ed inventa la furba scusa
- d'aver mandato al suo paese
- quel mercante da strapazzo
- che pretendeva pure il mazzo.
- Dopo un'ora di toilette
- con forcine e più cremette,
- si stravàca sul lettone
- e si provvede di tampomi
- per proteggersi l'udito
- dai grassi ronfi del marito.
- Ecco allor...
- "tre" pillolette
- per dormir
- in fretta in fretta.
- Giovedì
- Che disdetta! È giovedì santo!
- Ma proprio oggi, in mattinata
- c'è da sbrigare sull'istante
- quell'affare troppo urgente.
- Mararosa, la mercante,
- con occhiaie e cuore affranto,
- si dà solo un'aggiustata
- e si precipita in picchiata
- a pescare giù al mercato
- il furbastro impomatato,
- che quel conto un po' salato
- le ha lasciato al ristorante.
- La pendenza è assai importante
- perché... con l'equivoco del tic,
- quel contratto rilevante
- non è stato ancor firmato
- e ci mancava solo un zic.
- "Ma per oggi, è confermato,
- la questione andrà nel porto,
- ed io, Mararosa, non sopporto
- che un minuscolo furfante
- prenda in giro una mercante.
- E d'avantieri che ci penso...
- ed ho capito
- che è l'affare più importante,
- senza il quale non ha senso
- impicciarsi con gli ometti
- che, facendo un po' i furbetti,
- cercan solo quella... cosa
- e poi t'inventano la scusa
- che han capito poco o niente.
- L'accaccaduto dell'hotel,
- dice lui ch'è un malinteso...
- Se è così, ma non si sà,
- prima firma per esteso
- e poi, può darsi... un trallallà!
- Per intanto, il bel maschietto
- mi rilascia una caparra;
- e, se fa il furbo e poi la sgarra,
- io lo giuro, sul più bello
- gli stacco netto pur l'uccello".
- Dopo questo pensamento,
- Mararosa impettoruta,
- mantenendo un portamento
- da seriosa e risoluta,
- va a trovare quel torello
- nell'ufficio di via Bordello.
- Oh, per dindirindina!
- Il furfante non è il capo
- ma è un semplice impiegato!
- Mararosa perde i sensi
- e stramazza giù per giù.
- Il monello si spaventa
- ma un omone si presenta
- e, per farla tornar su,
- un bocca-bocca le propina
- e le poppe le strofina.
- Mararosa si rinviene
- e il torello rinfrancato,
- con coraggio da leone,
- la solleva su di peso
- e l'adagia per disteso
- sul divano del padrone.
- Mararosa si dimena
- ed il furbetto l'intrattiene
- con lo sguardo da mandrillo
- e la mano lesta-lesta
- che s'infila un po' a fusillo
- fra le gambe della mesta.
- Il gran capo arriva presto
- e senza perdere un minuto
- accenna solo ad un saluto
- e del garçon rileva il posto.
- Un bocca a bocca portentoso
- rinsavisce Mararosa, che,
- seppure ancora nebulosa,
- si dimostra fiduciosa,
- e con arte e tanto tatto
- gli fa vedere quel contratto.
- "C'è un errore, o mia signora,
- io non compro calcestruzzo,
- ma commercio in bora-bora.
- Il torello, che lei ha visto,
- ogni tanto fa lo struzzo.
- Qualche volta io lo frusto
- ma è un po' duro con la testa.
- Non si preoccupi per questo
- ma mi ascolti e poi decida:
- sono il capo dei torelli
- e mi chiamo mastro Sbroda.
- Non vendiamo mattonelle
- ma serviamo le pulzelle
- che a casa loro son deluse
- e qui da noi fanno le fusa.
- Ha presente le case chiuse?
- Erano gli uomini a frequentarle
- e le donne a mantenerle.
- Adesso i rapporti son inversi:
- le case chiuse sono aperte,
- frequentano le donne
- e le mantengono gli ometti.
- E così:
- i maschietti vanno in gonne
- e le donne in pannoncelli.
- Io non faccio prestazioni,
- ma se la donna mi piace
- e la tipetta lo gradisce,
- non di più, ma una volta al mese,
- le faccio pagare sol le spese.
- Veda lei, se si accontenta...
- per lo meno ci si tenta;
- io sono qua per aiutarla...
- ma mi par poco...a ben guardarla.
- I miei torelli son tutti doc
- e possono farlo tutti i dì.
- Se lei vuole... è Giovedì...
- e se desidera il completo
- ne scelga uno di quelli lì.
- Non c'è problema, le ripeto,
- e per servirla come vuole,
- ne additi uno e glielo do".
- Mararosa è sbalordita
- e, contorcendosi le dita,
- a mastro Sbroda, che la guarda,
- una domanda ben l'azzarda:
- "Sicché...,
- per le donne non c'è scampo,
- se anche voi occupate il campo.
- Come faccian, mi domando,
- le femminucce di mezzo mondo
- se debbon pure rinunciare
- a quel mestiere così antico
- che le nonne, tanto per dire,
- accontentandosi di poco,
- han conquistato in libertà
- ed han trasmesso in eredità".
- Mastro Sbroda, divertito,
- reagisce un po' svampito:
- "Ma siete voi, signora cara,
- che cercate, e non da ora,
- "pari opportunità"... e stessa paga
- Per me è soltanto ambiguità
- ma questo mondo...così và!
- È question di concorrenza
- e nel libero mercato
- non si può restare senza...
- se si vuol gestire in fiato.
- Comunque, cara signora,
- se lei vuol collaborare
- questa casa non è chiusa
- e, se le piace lavorare,
- deve accettare come s'usa:
- il settanta dei profitti
- spetta giusto all'agenzia
- e dal trenta, men gli affitti,
- tolga pure la garanzia.
- Quel che resta è tutto suo
- e si lavora tutti i dì...
- salvo solo il venerdì.
- Qui si pagano le tasse
- e non si prende mai la tosse
- perché...
- oltre al buon riscaldamento,
- l'infermeria è funzionante
- ed il medico curante
- non risparmia con l'unguento.
- Ci pensi bene e poi mi dica
- se le gusta il mio menù".
- Mezzogiorno è già suonato
- e Mararosa frastornata
- pensa ancor di fare in tempo
- d'incontrare pure a lampo
- quel mediatore interessante.
- Per fortuna è pure onesto
- ed a leggere fa presto;
- è anche uno che lavora
- al mattino e pure a sera.
- Anche oggi ch'è di festa
- non rinuncia al testa a testa
- per concludere l'intesa
- già promessa a Mararosa,
- che di corsa torna a casa
- per cambiarsi l'abitino
- che già porta dal mattino.
- Dopo tutto, - è lei che pensa -
- il "firmato" a cuore d'esca,
- col cappotto a lungo pelo,
- non necessita di velo
- e va bene per la... pesca.
- Detto... fatto e Mararosa
- imbellettata come sposa
- manco è l'una e si ritrova
- in un ufficio ch'è un'alcova.
- Il gentiluomo mediatore
- si comporta da signore
- e riceve la signora
- con inchino e baciamano,
- ma nel contratto trova strana
- la scadenza a settimana.
- Mararosa, tutta fiera,
- sbrigativa lo rincuora
- e sistemato quell'aspetto
- il contratto è presto fatto.
- La signora ha proprio voglia
- e del cappotto ci si spoglia,
- ma il mediatore è un po' confuso
- e resta fermo come un fuso.
- Mararosa, grande esperta,
- prima chiude ben la porta
- e poi su di lui ci si avventa
- con un impeto che spaventa.
- Afferratolo per mano,
- lo trascina sul divano
- e dal profondo della gola
- un'opera d'arte gli regala.
- Dopo un giro per vetrine
- torna a casa un po' sul tardi
- e del contratto le veline
- dice al Pippo che le guardi.
- Si distende sul sofà
- e la sua mente vola e và
- al fattaccio del mattino
- e all'imbroglio del torello.
- Si fa pure un bicchierino
- ma con piglio testardino
- vuol punire quel monello.
- La figuraccia è più pungente
- della fregatura nell'affare
- e vuol fagliela pagare,
- come si dice, dente per dente.
- Né l'acquieta la proposta
- del padrone mastro Sbroda,
- che le sembra fatta apposta,
- per seguire ormai la moda
- d'ingannare le donnine
- con un sacco di moine.
- Finalmente s'addormenta
- ma nel sogno la tormenta
- la fissa idea di far marchette
- e sperimentar le case aperte.
- Apre gli occhi ed è contenta
- e quel sogno non la spaventa.
- Oh perbacco, cosa strana:
- vuol fare proprio la puttana!
- È un'idea e non la molla,
- ma pensando a mastro Sbroda,
- ch'è un furbone con la spada,
- pensa ben che sia una balla
- quella storia del per cento
- e ritiene sacrosanto
- rivedere quel compenso
- che per lei non può aver senso.
- In tutti i modi le conviene
- far vedere che non tiene
- ad intraprendere un mestiere
- che non appaghi il suo piacere.
- Non è spinta dalla fame
- né si vende per il pane.
- Anche se il valor d'una scopata
- è come quello d'una spaghettata,
- lei è signora d'alti bordi
- e per farlo vuole tanti... soldi.
- Però, è sempre meglio rimandare
- e, com'è usanza in ogni affare,
- dev'esser l'altro ad aspettare.
- Delle entrate solo un terzo,
- per una donna come lei,
- le risuona come scherzo
- ma se ottiene almen metà
- quel contratto si farà.
- Che giornata faticosa
- e domani, manco a dire,
- ha tante cose da sbrigare.
- Ecco allor...
- "quattro" pillolette
- per dormir
- in fretta in fretta.
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Agg; 15 giugno 1999