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               Il
               teatrino di legnoDi natura io sono
               conservatrice, mi affeziono alle cose, ai libri, agli
               oggetti che per me hanno rappresentato un momento di
               vita, quindi non è il valore economico ma
               quello affettivo che mi rimane nel cuore.Spesso ritrovando
               un oggetto, sentendo un disco, un odore particolare,
               la mente torna indietro nel tempo e fa rivivere le
               situazioni legate alla memoria, all'emozione
               dell'attimo ormai svanito.È stato
               così quando sono stata nella soffitta di casa,
               scomoda ma abbastanza grande, nella quale ho rifugiato
               di tutto: credo che se mettessi in ordine cronologico
               gli oggetti conservati, piano piano sarebbe il
               dipanarsi di tutta la mia vita, dall'infanzia
               all'età matura e l'onda dei ricordi sarebbe
               troppo forte e mi emozionerei sulle cose perdute, le
               persone scomparse, le aspettative deluse, le gioie
               provate.In soffitta dunque
               l'attenzione si è fermata davanti ad una
               scatola di legno non ricordandone il contenuto: l'ho
               aperta ed ho ritrovato il mio vecchio teatrino di
               legno. Con delicatezza ho estratto lo sfondo, anzi
               due; uno con gli alberi che rappresentava il folto di
               un bosco, l'altro con un castello turrito.Poi con rispetto ho
               accarezzato i personaggi: l'eterna principessa bionda
               con un vestito azzurro, il re e la regina con le
               corone in testa, un soldato col naso un po' ammaccato,
               un altro personaggio anonimo brutto e deforme, che
               senz'altro ha assunto sempre il ruolo del
               cattivo.Ho steso il sipario
               composto da un piccolo drappo rosso ormai consunto e
               mi sono rivista bambina quando davo libero sfogo alla
               fantasia, creando storie immaginarie: i burattini che
               muovevo tramite il filo erano eroi che lottavano per
               la conquista del regno, dell'amore della principessa,
               che sconfiggevano con onore il cattivo, che si
               ferivano, soffrivano, amavano a costo della
               vita.I miei spettatori
               erano tre bambole che sedevano mute e pazienti ad
               ascoltare i racconti fantastici dei quali
               inconsciamente io stessa ero la protagonista, ora
               calandomi nei panni della principessa o della regina o
               della fanciulla indifesa.Solo adesso mi
               rendo conto che il mio teatrino di legno era il teatro
               stesso della vita con le tante vicende quotidiane con
               le quali lottiamo continuamente.Ognuno di noi ha
               trovato sulla strada qualche cattivo con cui
               misurarsi, contro il quale affiliare le armi e
               talvolta ha ricevuto ferite e sofferenze.E quale donna non
               è stata in attesa del principe azzurro,
               dell'amore vero, sognato, vagheggiato, atteso e
               talvolta vissuto, talvolta deludente, perduto,
               scomparso, ritrovato, come un gioco sottile che non ha
               mai fine.Ognuno ha avuto
               paura del bosco, dei sentimenti, dell'indefinibile, di
               se stesso, del suo intimo più
               segreto.Ciascuno di noi ha
               provato a costruirsi un castello ben difeso in cui
               sentirsi protetto, al sicuro da ogni assalto, ha
               cercato di esserne regina e di avere a fianco il suo
               re: c'è chi ci è riuscito e chi invece
               ha trasformato il castello in una
               prigione.Mentre guardavo
               dunque i miei personaggi antichi e le vecchie scene
               pensavo che essi racchiudevano nella loro semplice
               maschera, l'essenza stessa del vivere e che sarebbe
               stato il destino a muovere i fili di ognuno di noi
               come tanti burattini in una recita su un palcoscenico
               ben più grande: la vita. |