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               SEGRETO
               INCONFESSABILE A
               sette anni Andrea era la persona più saggia che
               Francesca potesse dire di aver mai conosciuto. Di
               certo non aveva ereditato da sua madre quella
               caratteristica.Lei,
               saggia non lo era mai stata, finora, e il fatto di
               essere una ragazza madre di venticinque anni ne era la
               riprova.Che
               dire del padre? Forse lui sì, forse era stato
               saggio ad abbandonarli quando era ancora in tempo,
               almeno si era risparmiato un gran bel po' di
               preoccupazioni.Quest'ultima,
               soprattutto.Doveva
               dirglielo.Francesca
               doveva trovare il coraggio di prendere il suo bambino,
               guardarlo negli occhi e dirgli che stava
               morendo.Chi
               avrebbe mai pensato che si potesse morire di cancro
               così giovani? Certamente non lei. Sapeva che
               era possibile, questo sì, ma non possibile che
               capitasse proprio a lei.Una
               volta Andrea aveva notato le profonde occhiaie che
               circondavano gli occhi della madre e le aveva
               domandato se si sentisse bene. Le era sembrato
               stranamente consapevole che qualcosa non stava andando
               per il verso giusto.Invece
               Francesca lo aveva abbracciato e
               tranquillizzato.-
               Sono due giorni che non dormo, amore - gli aveva detto
               - lo sai che ho tanto lavoro da
               sbrigare...Era
               successo circa un mese prima e quella volta Andrea
               pareva averle creduto. Ma adesso? Con che coraggio
               adesso poteva metterlo al corrente di una
               verità così sovrastante per
               lui?Quel
               bambino era tutta la sua vita e non voleva che gli si
               spezzasse il cuore.D'altra
               parte anche lei era tutto per suo figlio e in un modo
               o nell'altro Andrea si sarebbe trovato ad affrontare
               un dolore che a sette anni non dovrebbe essere nemmeno
               concepibile.Doveva
               prepararlo, non c'era altro modo.Aveva
               già pensato alla sua sistemazione. Sarebbe
               andato a stare con i suoi genitori, che erano parsi
               stranamente più malleabili ora che Francesca
               era in procinto di lasciare tutto per sempre di quanto
               lo erano stati anni prima, all'annuncio della sua
               gravidanza, quando l'unica cosa che si era vista
               costretta ad abbandonare era stato l'ultimo anno di
               liceo.Francesca
               se ne stava seduta lì in salotto a rimuginare
               sul da farsi quando Andrea entrò nella stanza,
               silenzioso come un piccolo fantasma.E'
               una caratteristica comune ai bambini che si sono
               sentiti in qualche modo rifiutati o abbandonati,
               quella di rendersi il più possibile
               invisibili.-
               Mamma, a che pensi? - le chiese con un
               sussurro.Francesca
               riemerse dai propri pensieri e si asciugò una
               lacrima. Era giunto il momento, lo sapeva.Aveva
               temporeggiato così a lungo che suo figlio, il
               suo piccolo bambino, aveva trovato il coraggio di
               precederla.-
               Vieni, piccolino - lo invitò battendo il palmo
               della mano sul divano dov'era seduta - siediti qui
               vicino a mamma.Andrea
               si avvicinò a sua madre, la fissò a
               lungo con tutta l'intensità dei sui occhi
               d'ebano, poi si sedette.-
               Mamma ti deve dire una cosa, Andrea, una cosa che non
               ti piacerà...-
               Allora non dirmela, mammina...-
               Devo. Devo farlo per forza.-
               Perché sei una mamma? - insistette
               Andrea.-
               Che vuoi dire, amore?Il
               bambino assunse un'espressione seria e
               assorta.-
               Voglio dire che devi fare per forza questa cosa brutta
               perché sei una mamma e le mamme, certe volte,
               devono prendere per forza le decisioni
               difficili.Era
               incredibile come quel bambino riuscisse di volta in
               volta a stupirla con la sua perspicacia.-
               Già - annuì la ragazza - intendevo
               esattamente questo. Sai, non è facile fare la
               mamma.-
               Io non sarò mai una mamma, però speriamo
               che è più facile fare il
               papà.-
               Non te lo saprei dire, amore, ma sono convinta che tu
               sarai straordinario in tutto ciò che farai
               nella tua vita, perché sei già
               straordinario adesso che sei così piccolo. Ma
               ora vogliamo riprendere il nostro discorso? - concluse
               Francesca contorcendosi nervosamente le mani mentre
               cercava di ricacciare indietro lacrime troppo cocenti
               per versarle davanti a suo figlio.L'avrebbe
               fatto più tardi, nella solitudine della sua
               camera, come accadeva ormai da tre mesi.Andrea
               se ne accorse e alzò un dito della sua piccola
               mano nel gesto di asciugargliele.-
               Non voglio vederti piangere, mamma, le mamme sono
               grandi e non piangono mai - le
               ordinò.-
               Hai ragione, ma anche le mamme si sentono tristi, ogni
               tanto, e allora piangono.-
               Ma tu non devi essere triste. Ci sono io qui con te.
               Solo le mamme che non hanno bambini possono essere
               tristi.Francesca
               sorrise al pensiero sconclusionato di suo figlio.
               Però c'era un fondo di verità nelle sue
               parole. E pensare che c'era stato un tempo, anni
               prima, in cui aveva seriamente considerato
               l'eventualità di non permettere ad Andrea di
               nascere. O meglio, di non permettere a se stessa di
               diventare madre. Pensava che sia lei che suo figlio
               sarebbero andati incontro solo ad una grande
               sofferenza.Invece,
               anche adesso che stava morendo, non poteva ricordare
               una gioia precedente che fosse superiore all'essere
               abbracciata dal suo bambino che le diceva quanto le
               volesse bene.-
               D'accordo, allora - si ricompose - adesso smetto di
               essere triste perché non ne ho proprio
               motivo.-
               Mamma, come ci si allaccia le scarpe? - intervenne
               inaspettatamente il bambino.Improvvisamente,
               tutta la tensione che andava accumulando da mesi ebbe
               il sopravvento sulla giovane donna.-
               Andrea, io ti devo dire una cosa importante,
               accidenti, la smetti di cambiare discorso, per
               favore?Francesca
               non ce la faceva più, sentiva che stava per
               perdere il coraggio necessario per quella dolorosa
               rivelazione e capiva che suo figlio stava
               deliberatamente tentando di rimandare l'inevitabile.
               Ma perché? Di solito l'ascoltava
               sempre.- E
               non ti sembra importante che a sette anni non sono
               ancora capace di allacciarmi le scarpe da solo? Sono
               quasi adulto, mi prenderanno tutti in giro a scuola! -
               insistette Andrea con l'ostinazione propria dei
               bambini.-
               Va bene - cedette Francesca - se adesso mi fai parlare
               poi ti prometto che ti insegnerò a
               farlo.C'era
               dell'assurdo in ciò che stava dicendo, se ne
               rendeva ben conto. Dopo non ci sarebbe stato tempo che
               per piangere. Avrebbero pensato i nonni ad insegnargli
               ad allacciarsi le scarpe, a lavarsi le orecchie e a
               vestirsi da solo perché lei non avrebbe potuto
               farlo. Lei non avrebbe preso parte alla crescita di
               suo figlio. Non ci sarebbe più
               stata.Era
               questa consapevolezza che le straziava l'anima, ancor
               più di quella di avere ancora così poco
               da vivere.-
               Mamma, mi posso sedere sulle tue
               ginocchia?-
               Vieni e fammi parlare, adesso.-
               Tanto lo so già che cosa mi devi
               dire.Il
               panico la colse improvvisamente, lasciandola basita,
               sconvolta.Dunque
               sapeva già? No! No, non era possibile che
               già lo sapesse, doveva dirglielo lei, con
               tatto, con dolcezza, per evitargli ogni inutile
               sofferenza...-
               Che cosa credi di sapere? - trovò infine il
               coraggio di chiedergli.-
               Che hai un nuovo fidanzato, vero? Ma non ti sei ancora
               stufata di cercarmi un papà? Io non lo voglio,
               io voglio stare solo con te, mamma - disse Andrea
               guardandola negli occhi per un tempo che parve
               interminabile ad entrambi.Francesca
               comprese improvvisamente che quello non era proprio il
               momento per parlare a suo figlio della sua malattia,
               per confessargli che presto se ne sarebbe andata.
               D'altra parte, quale può essere quel momento,
               per una madre?Decise
               che voleva soltanto rimanere lì, seduta, col
               suo piccolo bimbo tra le braccia, sperando che
               quell'istante durasse in eterno.E
               sembrò durarlo, in effetti, quando
               all'improvviso il bambino parlò con quella sua
               vocina tanto saggia quanto infantile.-  
               Non ti preoccupare se devi morire, mamma. Io me la
               caverò. Imparerò da solo ad allacciarmi
               le scarpe... |