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               SOGNO E' la terza sera
               che passo in questa valle, siamo accampati nel bosco
               perché i tedeschi sono ancora in giro, quei
               dannati mi sono stati alle costole fin dal mio arrivo
               ad Altare. Ho dovuto aspettare tutto un giorno per
               raggiungere la colonna all'appuntamento previsto ed ho
               anche rischiato parecchio subito dopo il colle di
               Cadibona. Lì mi sono
               stati dietro senza respiro, prima attraverso le
               "tagliate" e poi oltre fino alle rocche bianche ma,
               per fortuna, hanno perso le mie tracce poco dopo ed
               sono riuscito ad incontrare i partigiani a S. Giacomo.
               Ora siamo accampati
               in un posto chiamato bosco del "Mescion"  poco oltre
               il paese di Bormida, in una piccola radura attorniata
               da un bosco di castagni su cui, a quanto mi dicono,
               sorgeva un'antica chiesa.  Stiamo seduti in
               cerchio davanti al fuoco, un calore diffuso sulle
               pieghe di ogni volto, il fumo di qualche pessima
               sigaretta che sale verso l'alto in volute più o
               meno scomposte. Alle spalle, la notte fresca e
               sconosciuta, solcata dai passi leggeri di qualche
               animale in caccia e dalla civetta che sembra quasi
               salutare le nostre innumerevoli paure.Abbiamo aspettato
               tutto il giorno arroccati a Pian dei Corsi poi,  solo
               verso sera, siamo discesi dalla Madonna della neve. Da
               lì abbiamo seguito il crinale, attraverso le
               "tagliate rosse", e siamo giunti fino a questa radura
               preparando la cena senza troppa voglia. Subito dopo ci
               siamo accomodati davanti al fuoco, fumando a turno,
               facendo il programma per domani, e ripassando le
               informazioni che ho portato dalla colonna cevasca.
               Il brodo che
               abbiamo preparato per scaldare la serata è un
               toccasana contro la stanchezza che ci attanaglia in
               una morsa silenziosa. Anche se siamo diventati, per il
               poco tempo passato insieme, un gruppo abbastanza
               omogeneo ed affiatato, qualcosa non c'è, manca
               la voglia di conversazione, non c'è nessuna
               necessità di comunicazione, c'è il
               vuoto, soltanto un vuoto in cui la notte si cala per
               aggredire la nostra anima.Dalla radio
               arrivava la voce di una pattuglia notturna che pare
               non abbia nessuna voglia di continuare il suo giro,
               poche parole trascinate, qualche teutonica risata
               gutturale come se questo fosse l'unico rimedio contro
               l'apatia e la noia di una guerra che si pensava
               diversa.Bormida in
               lontananza si lascia rischiarare dalla luna pallida
               che si è alzata nel cielo. Scendendo ho visto
               la sagoma della chiesa in lontananza, una vela bianca
               in un oceano di verdi tonalità. Mi sono fermato
               solo un istante per bere, senza staccare gli occhi da
               quella visione serena, quasi a voler esorcizzare
               questa sporca guerra. Bormida e la sua chiesa erano
               perfette, fuori dal mondo e fuori anche da ogni
               tempo.Ma in questo
               momento quella visione di pace mi lampeggia nel capo
               come qualcosa di lugubre, qualcosa che va molto al di
               là del semplice candore della chiesa illuminata
               dal sole. E' una stregoneria che viaggia sulla brezza
               leggera che si sta alzando, un incantesimo che
               raggiunge il bosco, ed oltre, il mare con il suo
               orizzonte offuscato, ed oltre ancora, il mondo delle
               ombre.Perso in queste mie
               riflessioni vengo riportato alla realtà dal
               Megu che si è sdraiato su un fianco lasciandosi
               avvolgere dal vapore della sua tazza, ha voglia di
               parlare, il troppo silenzio sta diventando pesante e
               questa atmosfera consiglia a tutti di tirare fuori
               dalle vene delle vere e proprie
               confessioni."Stanotte ho
               sognato, un sogno strano, molto strano... Ho perfino
               un po' di paura a raccontarlo". Il Megu accende la
               sigaretta prendendo un mozzicone di brace dal fuoco,
               il bosco e le nostre facce illuminate dal bagliore che
               proviene dal centro del cerchio che abbiamo stretto
               intorno, le ombre continuano ad allungarsi ed a
               restringersi senza posa dando l'impressione di
               movimento che tutti cerchiamo di evitare. Nessuno,
               probabilmente, vuole farci caso, ma è strano
               come poche parole dette a bassa voce, in certi
               momenti, siano più efficaci, per attirare
               l'attenzione, di qualsiasi urlo lanciato in mezzo al
               caos. E' come se ogni parola detta nel tono giusto
               raggiunga più facilmente il bersaglio, forse
               è questo il vero segreto."Mi sembrava di
               essermi perso in un bosco simile a questo, il vento
               era freddo, molto più freddo di come è
               adesso e non capivo da che parte spirasse
               perché il cielo era uniforme, senza sole, senza
               stelle, un unico velo che si stendeva sopra i miei
               occhi. Non riuscivo
               proprio ad orizzontarmi in mezzo a tutte quelle piante
               alte e gli arbusti che nascondevano il terreno, ma
               riuscivo ad intravedere oltre a loro una spianata
               completamente brulla e sapevo, senza conoscerne il
               motivo, che solo da quella posizione avrei potuto
               uscire fuori da quella situazione. Camminando
               faticosamente riuscii a raggiungere il centro di
               quella desolazione che mi circondava completamente,
               sopra di me c'era un solo colore grigiastro,
               indefinibile, spazzato appena, qua e là, da
               nuvole fumose che sembravano dover esplodere in una
               pioggia fragorosa. Sul terreno brullo
               si ergevano alcune rocce nude che sembravano muoversi
               lentamente, ma ero quasi sicuro che fosse solamente un
               effetto ottico dovuto al movimento delle foglie. Era
               troppo inconsueto vedere muovere le pietre per cui mi
               convinsi che non fosse possibile! Pensavo che fosse
               sera ma non chiedetemi in che modo lo sapessi, era
               solo una sensazione che mi nasceva da dentro, una
               specie di sesto senso che si manifesta solo nei casi
               di assoluta necessità e pensavo che avrei
               dovuto muovermi in fretta per ritrovarvi e per non
               dover passare la notte in quell'umidità
               devastante. Perciò mi sono messo a camminare
               per uscire dal bosco e fare il punto della situazione,
               mi veniva da sorridere e da piangere allo stesso tempo
               finché non feci tutte e due le cose. I miei
               piedi sembravano sempre più pesanti come se si
               stessero radicando al suolo per scaricare ogni
               emozione, quando mi sono reso conto di questo,
               incredibilmente, ho capito di non provare più
               nulla, né preoccupazione, né disagio,
               né ansia, e neppure paura, un'assenza totale di
               pensieri che non era coraggio, era semplicemente un
               deserto di sensazioni, un  vuoto assoluto che mi
               accompagnava passo dopo passo. Il paesaggio, mano
               a mano, cambiava e diventava sempre più tetro,
               più contorto, più inquietante, adesso
               che lo devo descrivere a parole sembra tutto
               più fosco e difficile. Mi sembrava che tutto
               fosse pericoloso, addirittura potevo sentire la
               maledizione del luogo senza neppure rimanerne scosso,
               una specie di patina umida sulla pelle. Continuavo ad
               andare avanti in quella situazione paradossale fino a
               quando raggiunsi l'arido terreno che si stendeva a
               perdita d'occhio davanti a me." A quel punto smetto di
               concentrarmi per un istante, il Megu prende una
               sorsata dalla sua tazza, è incredibile come un
               pessimo oratore come lui riesca a farci restare tutti
               in attesa, come se i suoi gesti e le sue pause fossero
               studiate. Lo osservo distrattamente ma c'è
               qualcosa che attira il mio sguardo proprio dietro di
               lui, sembra un'ombra che si delinea sempre più
               mano a mano che focalizzo la vista oltre le sue
               spalle. Si, non c'è
               dubbio, può essere un effetto ottico dovuto al
               bagliore delle fiamme ma senza dubbio sembra la figura
               di una donna che diventa sempre più visibile ad
               ogni secondo che passa. E' silenziosa e la sua mano
               accarezza i capelli del Megu con dolcezza, devo
               ammettere che ho la pelle d'oca e non riesco
               più a muovermi.La pausa del nostro
               oratore dura solo pochi istanti ma io rimango
               concentrato sulla figura alle sue spalle, gli occhi
               bassi, accovacciata sull'erba umida, mi volto per
               vedere se anche qualcun altro si è accorto
               della sua presenza ma mi rendo conto che non è
               così. L'unica cosa che mi
               colpisce è l'incredibile immobilità
               apparente dei miei compagni, solo pochi movimenti
               impercettibili che colpiscono il mio sguardo, solo in
               questo momento comprendo come troppe volte sfuggano i
               particolari che delineano lo stato d'animo delle
               persone con cui abbiamo rapporti.Il Megu ha ripreso
               il suo racconto, torno a concentrarmi sulle sue parole
               senza perdere di vista la creatura d'ombra alle sue
               spalle."Non c'erano segni
               di vita, nessun animale, soltanto quelle strane
               formazioni di roccia che sembravano pietre tombali
               antichissime, ero arrivato alla conclusione di
               trovarmi in un vecchio cimitero e cominciava a farsi
               strada dentro di me una domanda inquietante: come sono
               arrivato fino a qui?. Ad un tratto sento il mio corpo
               percorso da brividi come fossi stato attaccato da una
               qualche febbre istantanea che mi portava sull'orlo del
               collasso per il caldo e subito dopo mi faceva gelare
               il sudore sulla pelle. Io continuavo ad andare avanti
               lo stesso perché sapevo, dentro di me, che
               dovevo superare quel terreno e quelle tombe. Non sono
               mai stato tanto convinto in vita mia di qualche cosa!
               La luce rimaneva
               sempre la stessa, non accennava né a diminuire
               né ad aumentare come se in quel luogo non fosse
               stato mai giorno né notte. Sapevo di essere
               lontano dal campo e da tutti voi e, nel frattempo,
               cominciava a darmi fastidio il fatto di non sentire
               alcun suono umano o animale mentre i miei pensieri
               erano sempre più lenti a causa della febbre.
               Ricordo che gridai ad uno ad uno i vostri nomi,
               più che per la consapevolezza di non essere
               solo, semplicemente per il fatto di sapere se, per
               caso, non fossi diventato improvvisamente sordo. Ma
               non era così! Infatti un rumore mi fece voltare
               di scatto, era la figura di una donna quella che mi
               trovai di fronte, molto bella anche se non più
               giovane, che mi guardava dall'alto di una collinetta
               del terreno." La figura che sta
               dietro il Megu si può distinguere molto
               nitidamente, posso osservarne il viso fresco e giovane
               ma triste, di una tristezza malinconica che opprime la
               mente mentre la sua mano non smette di accarezzare il
               capo del piccolo soldato."I suoi occhi,
               fissi su di me, mi dicevano di seguirla pur non
               sentendola pronunciare una parola, così cambiai
               direzione e mi misi alle sue spalle cercando di
               raggiungerla ma, non appena mi avvicinavo a lei
               più di tanto, lei accelerava il passo ed io,
               con il fiato corto, ero costretto a rallentare. Alla
               fine le avevo gridato di dirmi dove ero e come fare
               per tornare al campo ma mi rispose soltanto l'ululato
               di un lupo che mi aveva seguito senza farsi notare. Mi
               fermai a guardarlo meglio e mi sembrava che i suoi
               occhi fossero gli stessi della donna che avevo
               seguito. Quando mi voltai
               lei era sparita e ne rimanevano solo poche braci
               fumanti che si stagliavano contro l'orizzonte
               monocromo, a quel punto capii di essere sull'orlo di
               una abisso profondo che veniva direttamente da dentro
               di me ma non riuscivo a capire comunque come vi fossi
               arrivato, né come avrei potuto uscirne.
               Raggiunte le braci
               mi accorsi che anche il lupo era sparito senza
               lasciare traccia, ero quasi in preda al panico anche
               se da quella posizione potevo vedere la mia
               città, la mia casa senza alcuna luce, lontana,
               tanto lontana da risultarmi subito irraggiungibile. Mi
               sedetti e cominciai ad avere veramente paura, non
               riuscivo più a capire se era realtà,
               sogno, o un qualche altro strano incantesimo.
               Mi fermai sotto una
               pietra tombale lì a fianco e cominciai a
               pensare ad un qualsiasi modo per venirne fuori,
               intanto, constatai che la febbre era passata e che mi
               sentivo un'incredibile forza nelle gambe, il vento si
               era alzato ma era diventato più caldo e la
               pietra su cui poggiavo stava diventando sempre
               più comoda, per cui mi voltai a guardarla
               meglio finche non scorsi sulla sua superficie un nome
               scolpito in caratteri antichi."Mi scuote un
               brivido, i volti dei miei compagni, compreso il Megu
               si voltano verso di me, le rughe dei volti accentuate
               dai chiarori di un fuoco che tende a spegnersi, mi
               fanno paura ma, in realtà, sembrano solo
               più stanchi ed invecchiati che pericolosi.
               Sorrido un po' forzatamente, mentre mi volto verso la
               figura di donna accovacciata oltre il soldato, ma lei
               non c'è più, la vedo in lontananza che
               si staglia contro l'orizzonte dominato dagli abeti
               più alti, vorrei fermarla ma so che nessuno
               potrebbe capire, mi limito a bere un sorso di brodo
               senza staccarle gli occhi di dosso, voglio veramente
               sapere in che modo svanirà.Semplicemente non
               svanisce, diventa nebbia, una nebbiolina sottile che
               si stende bassa sul terreno, senza lasciare traccia di
               sé, una nebbia che svanirà ai primi
               raggi di sole, o forse, alle prime parole che il Megu
               userà per riprendere il discorso."Fu in quel momento
               che mi resi conto che i peli mi si stavano drizzando
               sulla nuca, un colpo al basso ventre, ed un urlo che
               mi saliva in gola strozzandomi, era il mio nome ed il
               mio cognome quello che stava scolpito sulla pietra e,
               sotto di esso, stava scritta la data di oggi, era la
               data della mia morte.Mi voltai urlando
               proprio mentre una mano, prima invisibile, poi sempre
               più concreta, passava sulla data cancellandola,
               e fu così che mi
               svegliai, scrollato per le spalle dalle mani del Pcitt
               che mi aveva visto agitato." Il silenzio che segue il
               racconto è indicativo dello stato d'animo in
               cui tutti siamo caduti. Restiamo veramente immobili,
               schiacciati dal peso delle parole del ragazzo,
               specialmente il Pcitt che, solo poche ore prima, ha
               risvegliato il Megu durante la sosta a Pian dei Corsi.
               Sembra impietrito, senza sguardo, mentre dalla radio
               si augura stupidamente alla pattuglia la buona notte
               in maniera forse un po' troppo macabra."Buona notte e
               attenti alla pelle
." L'eco di quelle parole
               riempie quell'ultimo tratto di boscaglia, mi viene in
               mente una vecchia canzone con dedica, dedicata
               semplicemente ad una "bellissima anonima".
               Non so se è
               una beffa della mia immaginazione o uno scherzo del
               destino, oppure una delle coincidenze strane di ogni
               esistenza, fatto sta che mi metto a canticchiare il
               pezzo infantile chiudendo gli occhi ed alzando la
               testa al cielo.Qualcuno accende
               l'ultima sigaretta, getta una pentola d'acqua sul
               fuoco e dice buonanotte. Ma chi lo sa che
               cosa è una buona notte? Quanti e quali mondi
               misteriosi si agitano dentro di noi, e quanti e quali
               esseri da dimensioni sconosciute entrano in contatto
               con noi proprio nelle "buone notti"? "E' meglio se
               domani cerchiamo di dormire in qualche casa di Bormida
               o l'umidità ci ucciderà..." Alle mie
               parole il Pcitt si alza e mi saluta con un gesto
               eloquente."Già... E'
               Proprio così,  maledetta
               umidità!". |