- CUCU'
-
- -
Scusi, è lei il proprietario? Il signor
Ottavio? - domandai - Sa, abbiamo visto il nome fuori,
sull'insegna ...
- -
Oh, sì, certo... Sono io Ottavio. Piacere,
entrate, accomodatevi pure...
- -
Complimenti per il negozio! - gli dissi - L'abbiamo
scoperto solo ora, passando di qui. Eppure, abbiamo
una villetta giù al mare dove veniamo
già da parecchi anni...
-
Ottavio era un uomo di circa cinquant'anni, dal corpo
grande un po' tozzo. Gambe esili invece, piuttosto
sproporzionate e leggermente arcuate. Aveva un po' di
pancetta, ma non più di quella comune a molti
uomini della sua età. Indossava un paio di
pantaloncini blu e una camicia chiara a maniche corte.
Il viso, sereno e ben riposato, ispirava subito
simpatia. Aveva gli occhi piccoli, molto scuri, lucidi
e vispi che mandavano lampi. Sorrideva spesso. I
denti, bianchissimi, spiccavano sul colorito
rosso-bruno, tra due baffetti appena appena rivolti
all'insù.
- -
Accomodatevi pure, ho aperto in questo momento. Io
abito proprio qua sopra, è una gran
comodità. - riprese, mentre faceva dondolare
fra le dita le chiavi della saracinesca - Avanti,
avanti... Scusate... ah, non serve a niente chiedergli
permesso a questo briccone. Tanto non si sposta! -
aggiunse indicando un grosso cane che sonnecchiava
quieto spaparanzato sul pavimento.
- -
...Quando siamo qua in negozio, quello là
è il suo posto ormai... E chi glielo toglie
più! - terminò.
-
Come se avesse capito di essere al centro
dell'attenzione, il cane sollevò il capo, fece
un largo sbadiglio accompagnato da un versetto,
tirò fuori una lunga lingua e mostrò la
dentatura splendente.
- -
E' un cane bellissimo. Ce l'avete da tanto? - chiese
allora mio marito.
- -
No, no. Voi lo vedete così grande, ma
crescerà ancora. Ha solo pochi mesi, ma
guardate un po' le zampe come promettono!
- -
E' vero. Un cucciolo con le zampe robuste è
destinato a diventare un cane di grossa taglia... -
confermò mio marito.
- -
Ha già un nome? - domandai.
-
L'uomo rise: - Certo. Lo abbiamo chiamato Cucù.
- A
quella parola il cucciolone scattò, ma ancora
senza alzarsi, spalancò un attimo gli occhi e
sollevò di nuovo solo la testa facendo
dondolare le lunghe orecchie. Poi si abbandonò,
come prima, pacifico sul pavimento.
- -
...Direte che è un nome strano per un bestione
così. Ma c'è la spiegazione! -
continuò l'antiquario - Quando lo prendemmo,
tutte le volte che si affacciava l'uccellino da
quell'orologio lassù, lui cominciava a
saltellare come impazzito di gioia e abbaiava con
quella voce di cuccioletto ancora lattante. Era
così tenero!
- -
Gli dovete volere un gran bene...
- -
Oh, sì, è già come uno della
famiglia. E' così buono, e poi... capisce
tutto, sapete? Non solo. E come si fa capire!... Se ha
fame o avverte qualche altro bisognino naturale lui
guaisce finché non lo notiamo e lo
accontentiamo. Credetemi, gli manca solo la parola! Un
difettuccio ce l'ha anche lui, però... Ma che
volete, è sempre una bestia! - concluse Ottavio
con un sorriso benevolo ammirando il suo
cucciolone.
-
Lo guardammo incuriositi e l'antiquario
bisbigliò: - Come tanti cani soffre di...
Insomma, è un po' gelosetto: non vuole che lo
lasciamo solo. Però, basta che ci sia uno di
famiglia, che torna buono come il pane...
- -
... Oh, ma ditemi... non vi voglio rubare tempo! -
esclamò a quel punto il negoziante - A che cosa
siete interessati? Come vedete... qui di roba bella ne
abbiamo... E soprattutto antica, "autentica". Altro
che certe copie e certe brutte contraffazioni che si
trovano in giro! Vedete per esempio quel mobiletto un
po' nascosto, proprio accanto alla vetrina? E' del
'600! E quel vaso dipinto poi... Quello è un
vero capolavoro d'arte. Ma forse vi interessa di
più qualche pezzo della nostra vecchia
società contadina? Un aratro da esporre nella
vostra villa, o un attrezzo come quello? Pensate, lo
usavano tanti anni fa per separare i chicchi di grano
dalla spiga. Eh, tutto a mano una volta! Ma ora che
non si adoperano più... queste cose sono
richiestissime, voi lo sapete meglio di me! Adesso le
usano come elementi di arredamento, o anche solo come
curiosità da tenere in casa... - e,
scompigliando il lungo pelo bianco e marrone del
cucciolo che lo guardò languidamente, il
negoziante continuò: - Vedete quella pressa
nell'angolo, dietro il tavolo più grande?
Quello è l'ultimo oggetto rimasto di un
frantoio molto antico, il più antico di tutta
la zona.
-
Il signor Ottavio, a dire il vero, ci sembrava
già un po' preoccupato perché, da
venditore esperto quale doveva essere, non aveva
ancora colto nei nostri sguardi nessuna scintilla,
nessun segno di reale interesse. Doveva aver capito
che, in effetti, molte delle sue parole cadevano a
vuoto: non era esattamente quello il genere di
acquisto che ci interessava.
-
A quel punto, ci sembrò giusto spiegare: - Beh,
noi a dire il vero...
-
Io e mio marito avevamo pronunziato quelle parole
contemporaneamente, come ci capitava spesso.
Perciò tutti e tre scoppiammo a
ridere.
- -
...Noi - continuai, questa volta da sola - cercavamo
una cosa piuttosto inconsueta che non vediamo qui in
giro. Pensiamo perciò che lei non ce l'abbia
e... ci dispiace aver disturbato per niente.
Sarà per un'altra volta...
-
Ansioso, Ottavio interruppe: - Ma... di che cosa si
tratta? Mi dica! - e rimase tutt'orecchi.
- -
Un ventaglio. Un bel ventaglio antico.
- -
Ih!!! - gridò il venditore facendo sobbalzare
il povero cane - Di quelli... ne ho quanti ne volete.
Venite pure avanti.
- Lo
seguimmo un po' a fatica, cercando di non inciampare
nei numerosissimi oggetti che invadevano la sala, ed
evitando di avvicinarci troppo ai pezzi più
fragili. Quando Ottavio imboccò l'ultimo
passaggio, una vera e propria strettoia, dovemmo
scavalcare con cura un altro ostacolo: le quattro
zampone del cane.
-
L'antiquario si fermò davanti a una vecchia
cassapanca il cui piano era cosparso di oggettini. Si
guardò un attimo intorno un po' smarrito, non
sapendo dove spostare tutta quella roba.
Accennò a fischiettare, poi, deciso, prese un
grande vassoio d'argento e, frettolosamente, vi
trasferì tutto il materiale mentre noi
profittammo per lanciare liberamente occhiate curiose
qua e là.
- -
Guardate! - esclamò finalmente sollevando il
coperchio.
-
La cassapanca era piena zeppa di pacchettini di forma
allungata, ricoperti di carta velina bianca e
sigillati con nastro adesivo. Ottavio prese il primo e
iniziò a svolgerlo con la massima attenzione
lentamente:
- -
Questo... vedrete... è bellissimo. E poi
è molto antico, proprio come lo cercate
voi.
-
Ne uscì un ventaglio che doveva essere stato
uno splendore, ma fu lo stesso negoziante a
commentare: - No, questo no, non ve lo posso dare. Ha
la pagina tutta rovinata, sarà stato conservato
in qualche posto umido. Sapete, non tutta la gente
è capace di apprezzare certe cose e così
non se ne cura in maniera adeguata. Ma noi ora... ne
troviamo subito un altro, state tranquilli! - e,
così dicendo, si mise a scartocciare
delicatamente un altro ventaglio: - Ah, questo
sì, adesso me lo ricordo! E' veramente
prezioso, apparteneva a una famiglia
nobile.
-
Ma ahimé, anche se la pagina questa volta era
quasi intatta, parecchie delle stecche d'avorio erano
spezzate.
- -
Ah, ma non importa, - tentò Ottavio - se questo
lo fate restaurare viene bello come prima. Dovete
sapere che qui io non ho trovato nessuno capace di
fare questo lavoro. Altrimenti, forse, lo avrei tenuto
addirittura per me. Sapete, in un paesetto
così, trovare un vero esperto... Ma voi, da
dove venite?
- -
Da Milano. Noi veniamo da Milano. - spiegò mio
marito - Ma il fatto è che ci interesserebbe
trovare qualcosa di già pronto. Sa è un
regalo di nozze...
- -
Se è così, non c'è problema.
Basta cercare quello giusto.
-
Il signor Ottavio continuò a svolgere veline e
veline con lo stesso rituale. In poco più di
mezz'ora i ventagli avevano invaso l'unico tavolino
disponibile, quello su cui era poggiata la
calcolatrice e che probabilmente serviva per preparare
i conti ai clienti.
-
In effetti erano tutti belli quei ventagli, alcuni
logori ma altri anche perfettamente conservati. Con la
pagina di pergamena, di carta, di raso, di velo, di
pizzo. Con il manico e le stecche di legno, di
madreperla, di avorio, di osso, di tartaruga...
Incisi, intarsiati, dipinti, pirografati...
-
Il negoziante ci spiegava, di mano in mano, che quelli
piccoli erano appartenuti a bambine. I più
leggiadri, invece, e soprattutto quelli a fiori, a
giovinette. Ce n'era anche qualcuno nero... e Ottavio,
allora, sollevando le sopracciglia e aprendo le
braccia, ci riferiva che quelli... purtroppo... erano
ventagli da lutto.
-
Ormai, più che la ricerca del ventaglio da
acquistare, ci trattenevano lì la
curiosità e l'ammirazione. Oltre che la
simpatia per quel personaggio,
naturalmente!
-
Ottavio pescò l'ennesimo pacchetto: - Bene,
bene, non vorrei sbagliarmi, ma ci siamo. Ecco quello
che fa per voi!
- -
Esatto! - gridò eccitato - Questo ventaglio
è dell'inizio dell'Ottocento e... non è
un pezzo comune! Autentica manifattura napoletana con
pagina in pergamena.
-
Osservammo il dipinto da vicino. Rappresentava una
scena campestre ricca di personaggi che raccoglievano
frutti, probabilmente una raffigurazione mitologica
dell'estate, mentre una schiera di amorini giocava.
-
Quel ventaglio ci piaceva davvero molto.
- -
...E guardate la meraviglia di queste stecche lavorate
e dipinte... - spiegò con un sospiro
l'antiquario. Poi, chiudendo il ventaglio, ci fece
notare sulla stecca di guardia perfino un piccolo
medaglione raffigurante un ritratto di
donna.
- -
Bello. Lo prendiamo. - disse mio marito - Ma è
meglio sentire il prezzo.
-
Ottavio biascicò una parola che neppure riuscii
ad afferrare.
- -
Sentito? E' una bella cifra. - osservò mio
marito guardandomi con espressione
interrogativa.
- -
Però... sarebbe un bel regalo, specie se
è davvero così raro. - mi
pronunziai.
- -
Oh, non vi fermate a questo. Ne ho altri. Se non siete
stanchi, si capisce! - e senza aspettare la risposta,
ci mostrò un altro ventaglio.
-
Restammo tutti e due affascinati a prima vista da quel
pezzo. Ottavio captò al volo il nostro
entusiasmo e cominciò a descrivercelo nei
minimi particolari:
- -
Come vedete, è di splendida fattura. Le stecche
traforate con arte raffinatissima sono di avorio...
Ah, dimenticavo! Questo ventaglio risale addirittura
al Settecento! La pagina è di seta, sentite che
fine, conservata benissimo, e il
soggetto...
-
Il soggetto era molto romantico, certamente adatto ai
nostri amici sposi, ed era eseguito con maestria. Un
vero capolavoro! Rappresentava una coppia di
innamorati e, ai margini, due musicisti che suonavano
per loro.
-
Ottavio riprese a spiegarci: - La stecca di guardia,
se osservate bene, presenta piccoli inserti di
madreperla e termina con questo delicato fiocchetto
lilla. Sempre autentico, eh!
- -
... Signori, credetemi. - aggiunse alla fine - Questo
vi farà fare un figurone con gli sposi! Io di
ventagli me ne intendo. E... mi piacciono! Se non
avete troppa fretta, ve ne faccio vedere uno che non
venderò mai e poi mai. Ce l'ho in casa.
-
Guardai l'orologio: quasi mezzogiorno! Ormai tutte le
altre commissioni erano saltate.
- -
Venite, si tratta di un attimo. Ssss! - disse puntando
l'indice davanti al naso. Cucù sonnecchiava
tranquillo.
-
Seguimmo Ottavio su una scaletta a chiocciola e poi in
fondo a un salone. Lì ci indicò un
ventaglio in un'elegante teca dorata.
- -
Ecco, è questo il mio preferito... Che cosa ne
dite?
- -
Mai visto uno più bello! - esclamai per prima,
e lui s'illuminò di gioia.
-
Mio marito, interessato più all'epoca di
produzione del ventaglio, ai materiali e alla storia,
che non al semplice aspetto estetico, gli rivolse
qualche domanda e Ottavio fu ben felice di sciorinare
spiegazioni e notizie.
-
Tornammo in negozio.
- -
Oh, è stato buono! - disse soddisfatto
Ottavio.
-
A quella voce, il cane si girò e sollevò
verso di lui gli occhi: illuminati in pieno da un
raggio che si sforzava di filtrare dall'esterno
attraverso tutta quella mobilia, quegli occhi
apparivano di un bel colore oro scuro. Ed erano
luminosissimi.
-
Fu sulla stessa scia di luce, però,
tutt'intorno al cane, che... nello stesso momento...
scoprimmo brandelli di seta biancastra e pezzetti di
pizzo sfrangiato e smozzicato...
- -
Oh, Dio... Il ventaglio! - urlò l'antiquario
guardando sul tavolino - Accidenti... che cosa hai
fatto?
-
Cucù lo fissò con occhi come di sfida,
emise una specie di breve ruggito, e continuò a
ruminare.
-
Lo splendido ventaglio era stato divorato, o quasi, in
nostra assenza. Della pagina non rimaneva più
traccia. Si era salvato solo il fiocchetto, troppo
scomodo, forse, da masticare.
- -
...E il manico? Dove hai messo il manico? -
gridò ancora Ottavio sbuffando e portandosi le
mani alla testa mentre le sue gote diventavano
paonazze.
-
A questo insolito aspetto del padrone, il cane
finalmente si alzò. Tossì,
sternutì più volte, e finalmente, con
grande sollievo, sputò disgustato un boccone
giallognolo.
- -
E' un pezzo di stecca questo, ma... e il manico? Non
ne avrà ingoiato qualche pezzo? Così
rischia pure di soffocarsi...
-
Mentre il padrone si disperava così,
Cucù scomparve un istante sotto il tavolo e ne
uscì trionfante, quasi sorridente, con il
famoso manico fra le zanne.
- -
Dammelo... - lo supplicò Ottavio, e lui questa
volta mollò subito la presa.
-
Il povero antiquario ci mostrò il bel manico
d'avorio. Era graffiato e lacero come se fosse passato
in una grattugia elettrica o in un
tritatutto!
-
Per la prima volta vedemmo due rughe sulla fronte di
Ottavio. Alzò le spalle: - Ormai è
fatta. - disse - E per fortuna... non ha ingoiato
niente! Altrimenti oggi avrei rischiato di perdere
insieme il ventaglio e il cane...
-
Ora il suo viso sembrava già un po' più
disteso. Si preoccupò per noi, si scusò
perché non ci poteva più vendere il
ventaglio che avevamo scelto.
- -
Oh, ci mancherebbe... ci dispiace solo per lei! E' una
bella perdita. - lo rassicurò mio marito.
- -
Se è per noi... ci può andar bene anche
l'altro, quello con il manico di tartaruga... Sa, -
gli confidai - se proprio vuole saperlo... io ho una
particolare predilezione per tutto ciò che
è napoletano.
-
Guardò mio marito per avere una conferma. Solo
allora lo vedemmo sorridere come prima.
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