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               La
               notte peggiore
Ho da chiederti una
               cortesia: ho appena ucciso me stesso. Sto scappando,
               chi è l'inseguitore non lo so ancora. Puoi
               nascondermi? Al momento te ne sarei grato. No! non ti
               preoccupare, è una sistemazione provvisoria;
               passato il momento, toglierò il disturbo. Mi
               chiedi se ti sto prendendo in giro? Credimi, lo vorrei
               tanto; in realtà, quello che ti ho appena detto
               è la pura e semplice verità. Vorrei
               raccontarti l'antefatto se me lo permetti, di tempo ne
               abbiamo, sarà una lunga notte. Quindi
               mettiamoci comodi, e perdonami se approfitto in questo
               modo della nostra amicizia.	Tutto inizia nella
               giornata di ieri. Con le prime luci dell'alba, dalla
               finestra della mia camera la città sembra
               ancora bella, pulita, vergine; non insudiciata da
               ciò che arriverà dopo: traffico,
               disordine, esseri umani e, quindi, lerciume. Due
               fiamme infuocate vanno a prendere forma per tutta la
               lunghezza dell'orizzonte: sono messaggere, che
               preannunciano l'arrivo di quella stella abbagliante
               che noi chiamiamo sole e che sarebbe più giusto
               considerare come l'occhio di Dio, che dall'alto ci
               scruta senza poter intervenire.	Cosa ne pensi,
               amico? Ti vedo titubante, quasi sorpreso. Ne hai ben
               ragione: nel pieno della notte ti sono piombato in
               casa, così... all'improvviso... chiedendoti di
               nascondermi da qualcuno di cui non conosco né
               il nome né l'aspetto fisico. Eppure so che mi
               sta cercando, sento la sua presenza, continua,
               asfissiante; tutto questo da ieri mattina. Già!
               Ed io, stavo proprio raccontandoti di ieri
               mattina.	Puoi immaginare la
               mia sorpresa ed il mio sconforto, quando, dopo essermi
               alzato dal letto, mi sono recato in bagno. Guardandomi
               allo specchio non veniva riflessa la mia testa.
               Proprio così, vedevo tutto il resto del corpo:
               le spalle, le braccia, il petto; tutto era al proprio
               posto, la testa no! Non c'era segno di ferite, niente
               sangue, il mio corpo finiva li con una leggera gobba
               giusto in mezzo alle spalle. Potevo ben dire di non
               aver nemmeno il collo.	Eppure mi vedevo
               riflesso nello specchio. Com'era possibile? Non avendo
               testa, non avrei dovuto avere nemmeno occhi, tuttavia
               il dono della vista non mi era stato tolto.
               Già! Ed un altro fatto mi pareva assai strano:
               come potevo far tutti questi ragionamenti; la materia
               grigia, l'intelligenza, non è forse situata
               all'interno del cranio? Proprio di quella parte
               anatomica del mio corpo, che aveva deciso
               ahimè, di dividersi da tutto il resto del mio
               fisico. Capirai quindi il terrore e l'improvviso
               panico che mi assalì. Immediatamente mi misi a
               correre e ad urlare per tutta la casa, nudo
               attraversavo le stanze, saltavo sul letto e continuavo
               a gridare, come un selvaggio nella giungla, incurante
               dei vicini.	Ho urlato, gridato
               sino a diventare afono. Ma come potevo urlare se le
               mie corde vocali, tutta la mia faringe era
               inesistente? E riguardo al sentire che ne pensi? Era
               pur vero, che erano scomparse anche le orecchie.
               Appena mi fui acquietato un poco, cercai di riprendere
               fiato e di ragionare. Seduto sul bordo del letto, con
               i palmi delle mani appoggiati sulle ginocchia, cercai
               di convincermi che tutto quello che era capitato fino
               a quel momento, era solo un terribile sogno. Si! Ero
               senz'altro stanco. Stressato dal vivere quotidiano di
               questo particolare momento della mia vita, dove tutto
               ciò che mi circondava, amici, amori, lavoro,
               sembrava deteriorarsi pian piano, fino a sgretolarsi e
               scomparire, lasciandomi senza alcuna sicurezza. Avevo
               però, paura di ritornare in bagno e, scoprire
               l'agghiacciante verità: ossia, che non avevo
               sognato e, che in realtà ero un uomo senza
               più testa.	Con una certa
               circospezione, mi avvicinai alla porta del bagno,
               sicuramente dovevo sembrare ridicolo... lo penso
               mettendomi nei panni di qualcun' altro, che,
               invisibile mi osserva. Vedrebbe un uomo nudo, che con
               molta cautela vuole entrare nella toilette di casa
               propria, come fosse un estraneo. Gia! Ed è
               proprio quello che sto facendo. Cosa troverò
               una volta arrivato davanti allo specchio? Il niente o
               di nuovo il mio viso, come ogni benedetta mattina?
               Devo varcare la porta per scoprirlo; anche se la paura
               fa il suo sporco dovere, inchiodandomi agli stipiti di
               questa entrata. 	Trasalii
               all'istante, vedevo sì, il mio viso ma come in
               trasparenza, riuscivo a mettere a fuoco la mensola dei
               medicinali, che era sulla parete opposta a quella
               dello specchio. Osservavo la mia testa, sembrava
               fluttuare al di sopra delle spalle, quasi fosse
               convinta di non appartenermi in pieno. Ecco che cosa!
               Era chiaro, che per entrambe mancava quel senso di
               appartenenza, che dovrebbe unire, indissolubilmente,
               due parti così importanti l'una per l'altra. La
               mia testa in realtà era al suo posto, ma il
               farsi vedere a tratti era il segnale, che non
               accettava di continuare a condividere il resto dei
               suoi giorni, con la parte sottostante.	Ti stai chiedendo
               il motivo di questa specie di rivolta, non è
               vero? Se hai la risposta, ti prego rendimene
               partecipe. Fatico non poco a capire; faccio mille
               congetture, mi arrischio in possibili soluzioni,
               niente da fare! Non trovo una risposta plausibile a
               ciò che mi è successo.	All'improvviso,
               bussarono alla porta. Era il mio vicino, che
               probabilmente mi aveva sentito urlare e
               strepitare:	"Signor Bugna,
               signor Bugna, ha qualche problema?
               Risponda."	Preso dal panico,
               non sapevo come comportarmi; senza avvicinarmi alla
               porta, ad alta voce gli risposi:	"E' tutto a posto
               signor Aloisio, soltanto un bruttissimo incubo. Mi
               scuso per il disturbo."	"E' sicuro? Non
               vuole che le porti qualcosa?"	Mi ero nel
               frattempo accostato all'uscio. La porta era chiusa a
               chiave, certo! Ma in me vi era il terrore che in
               qualche modo il mio vicino potesse aprirla
               all'improvviso.	"No! ...mi scusi
               non volevo essere scortese, non si preoccupi, ora sto
               meglio...la ringrazio, non mancherò di
               chiamarla se dovessi aver bisogno...grazie...buona
               giornata." Il signor Aloisio
               era un buon vicino. Non troppo curioso, e soprattutto
               si preoccupava della mia situazione di single. Tutte
               le volte che lo incrociavo scendendo le scale al
               mattino per andare al lavoro, lui era già
               sveglio da più di un ora. Mi sorrideva
               amabilmente e mi augurava buona giornata. In pensione
               da più di dieci anni, l'abitudine ad alzarsi
               presto l'aveva ereditata dal lavoro di casellante,
               svolto con impegno e responsabilità, come oggi
               non si fa più; così continuava a
               ripetermi spesso.	Era buffo a
               vedersi, basso, e con un giro vita enorme; mi
               domandavo sempre dove riuscisse a trovare pantaloni
               della sua taglia. Sicuramente non aveva un sarto
               personale, non avrebbe potuto permetterselo.
               Nonostante l'età avanzata, era provvisto di una
               folta capigliatura completamente bianca, candida come
               la neve. Nel quartiere lo si riusciva a riconoscere
               anche in mezzo alla moltitudine di un sabato mattina
               di mercato.	Si! Era proprio un
               buon vicino il signor Aloisio, ma non potevo certo
               aprirgli la porta, e presentarmi a lui in questo
               stato. Non avrebbe capito. Oh no! non avrebbe proprio
               capito.	Che fare dunque,
               dove scappare? E sarebbe servito a qualche cosa
               fuggire dal mio appartamento? Tutti questi pensieri,
               mulinavano come un turbine attorno alla mia persona,
               quando all'improvviso, una voce arrivata da non so
               dove, mi pose un quesito: "Sei ciò che hai
               sempre sognato essere?"	Ti lascio
               immaginare la sorpresa, l'agitazione, e soprattutto lo
               sconforto che presero d'assalto la mia persona. Tutto
               attorno a me iniziò a roteare, sempre
               più velocemente, fu nebbia davanti ai miei
               occhi, e poi buio totale. Rinvenni, non so dopo quanto
               tempo madido di sudore, confuso e spaventato.
               Istintivamente, cercai lo specchio; aggrappandomi al
               lavabo per sostenermi, non avevo forze. Riflesso nello
               specchio, continuavo a vedere il mio volto sorridermi
               con un ghigno, come di scherno nei miei confronti; e
               sempre in trasparenza, compariva e scompariva, come in
               un gioco di magia. Ma questa volta il gioco era
               tragico, ed era sulla mia pelle. Anche dopo essermi
               ridestato, continuavo a pensare a quella frase che
               all'improvviso aveva fatto breccia nella mia anima:
               "sei ciò che hai sempre sognato essere?". Come
               una goccia, lenta ma inesorabile, capace di scalfire
               anche la pietra più dura, questa domanda stava
               diventando un incubo.	Conoscevo bene la
               risposta. Era rimasta gelosamente nascosta nel
               più profondo del mio animo, e nell'animo di
               tutti coloro, che falliti, non hanno raggiunto
               ciò che si erano prefissi come traguardo, o
               ancor peggio come sogno.	D'improvviso, un
               impeto d'ira si impadronì di tutto me stesso,
               ero diventato un fuoco le cui vampate avrebbero
               incenerito chiunque si fosse avvicinato. Ed ancora
               lei, che guardandomi dallo specchio rideva, e rideva
               della mia persona. Fu un attimo solo, la follia mi
               prese tra le sue braccia e mi scaraventò con
               immane violenza nello specchio, che si ruppe in mille
               schegge impazzite.	Ero disteso per
               terra, circondato da una pozza di sangue che
               fuoriusciva dal mio collo, dove un frammento di vetro
               si era conficcato in tutta la sua lunghezza. Che
               strana sensazione, mi vedevo esanime, senza vita, in
               tutta la mia persona. Si, compresa quella parte
               ribelle che mi aveva fatto cosi disperare. Quella
               parte di me, che ora non mi avrebbe più fatto
               del male.	Vuoi sapere di chi
               ho paura, da chi sto scappando? Come potrei non
               dirtelo, sono tuo ospite, mi stai nascondendo; e
               piano, piano, nel raccontare a te le mie
               vicissitudini, quell'orizzonte che ieri mattina era
               solo pronunciato, ora si fa più chiaro,
               più luminoso.	Ora sono convinto,
               che a giacere sul pavimento del bagno, immersa in
               quella pozza di sangue, senza più vita, vi era
               la parte di me che non sogna, non rischia, non ama.
               Colei che tanto tempo fa, ha deciso di intraprendere
               il sentiero della vita, più facile e più
               comodo. Dovrei essere contento di tutto questo, non
               credi? Eppure nonostante abbia negli occhi la sua
               forma distesa per terra, sento che ancora mi insegue,
               come se non riuscissi a liberarmene
               completamente. 	Che fare, per
               essere completamente libero da questa ossessione? Ti
               prego, aiutami, tu che sei il mio migliore amico,
               dammi una mano, in qualche modo proteggimi. Fa in
               modo, se puoi, di far perdere le tracce per sempre al
               mio inseguitore. Perché so, lo sento che
               è lui che mi sta ansimando sul collo, forse, in
               questo momento, mentre noi stiamo discutendo
               così amabilmente, è fuori dalla porta,
               sul pianerottolo, e ci sta spiando, è in attesa
               che io esca per potermi saltare addosso e
               impossessarsi ancora della mia persona. Ti prego, devi
               impedirglielo, non so come, ma devi
               aiutarmi.	La mia è
               oramai una paura immotivata? Fuori ad aspettarmi non
               c'è anima viva. Devo ricordarmi di lui riverso
               sul pavimento del bagno, lo so, hai perfettamente
               ragione; eppure mi sembra ancora così
               impossibile l'essere riuscito a liberarmi di chi, per
               tanto tempo ha attentato alla mia vita, alla mia
               salute mentale, alla mia felicità.	Hai ragione!
               Finalmente è tutto finito, ho ucciso la parte
               di me che da sempre ha negato tutti i miei sogni;
               è ora che io mi comporti da uomo libero e
               consapevole dei miei desideri e delle mie
               responsabilità. Stanno bussando alla
               porta...Oddio no, no!... allora è ancora viva,
               mi sta aspettando. Ti prego aiutami, non farla
               entrare, ti prego.	"Signor Bugna, mi
               sente? Sono il signor Aloisio, non mi faccia
               preoccupare per niente. La prego, sia gentile, apra la
               porta."	La voce del mio
               vicino fu come una frustata, mi risvegliai
               all'improvviso da un torpore che pareva millenario.
               Dolorosa, certo, ma inevitabile per ritornare tra i
               vivi; mi accorsi che ero sdraiato sul letto, il
               cuscino macchiato da piccoli aloni di sangue uscito
               dal naso. Alzandomi a fatica, mi diressi verso la
               grande finestra del soggiorno. Il traffico era
               intenso, e rumoroso; la gente camminava per strada con
               la tipica agitazione di chi è perennemente in
               ritardo al lavoro, ad un appuntamento, oppure sta
               scappando da qualcuno, forse da se stessi.	"Signor Bugna, la
               prego si affacci alla porta, tutto bene?"Ed ancora, il buon
               Aloisio che si preoccupa per la mia persona, devo
               assolutamente rispondergli. Lo faccio aprendo
               leggermente la porta, e sporgendo solo la testa, con
               il migliore dei miei sorrisi gli rispondo:	"Va tutto bene,
               non si preoccupi. Ho avuto una notte un po' agitata,
               mi perdoni il disturbo, ora è tutto a posto.
               Anzi! Se mi dà dieci minuti per vestirmi
               facciamo colazione insieme."	Il buon Aloisio ha
               sorriso, era felice di poter fare quattro chiacchiere,
               ci capitava così di rado per via della sua
               abitudine ad essere troppo mattiniero, e alla mia di
               essere sempre troppo di fretta e scontroso ogni
               mattina. Ma questa volta no! questa volta, volevo
               godermi ogni secondo del bonario sorriso di questo
               vecchio, che salutavo tutti i giorni senza mai
               guardarlo negli occhi. 	E' stata la
               peggior notte della mia vita, ma ne è valsa la
               pena; mai come ora ho osservato dalla finestra del
               soggiorno l' inizio di una nuova giornata. Tutto
               sembra diverso, migliore. Ricadrò in preda ad
               incubi peggiori nelle notti a venire? Non saprei dire,
               quello che so, è che il vecchio mi sta
               aspettando, e di questo fatto ne sono immensamente
               felice. |