| 
               LO
               SCRITTORE MEDIOEVALE SPAGNOLO
 Il giovane scrittore ispanico era nato a El Raal,
               vicino a Murcia, in un'epoca di dominazione cattolica
               di quelle terre.
Raul,
               così si chiamava, ancora ragazzo scelse un
               bastone nodoso ed un gran fazzoletto colorato e
               s'incamminò per la Francia, dove restò
               sei mesi a pascolare ovini nel rigido inverno del
               Larzac, povero d'alberi e d'acqua. Nell'estate
               raccolse uva nel Roussillon, per pochi soldi ed il
               vitto. Dedicò i primi sette giorni di riposo,
               dopo mesi di lavoro chi gli avevano indolenzito la
               schiena, ai banchi rigidi della Cattedrale di
               Lodève, prima ancora che la chiesa divenisse
               gotica. Il giovane pronunciò tutti i nomi dei
               santi che conosceva, incessantemente le sue labbra
               pregarono in latino e castigliano. Desiderava una sola
               grazia. Una
               mattina rugiadosa, con le stelle della Cintura
               d'Orione più allineate che negli altri giorni
               dell'anno, salì su un carro. La paglia impediva
               alle botti ed ai metalli di scontrarsi,  la meta era
               Marsiglia.Il
               giovane aveva il viso scuro tipico delle terre che
               precedevano di qualche ora l'Andalusia, i capelli
               ispidi e scuri dei personaggi che sanno sputare
               lontano dopo aver giocato con il coltello ricurvo.
               Raul provò meraviglia nel vedere il sole
               brillare nelle paludi azzurre di Sète e,  dal
               comodo carro, gli parve persino vedere le trote
               saltare e le anguille serpeggiare tra le folte canne.
               Marsiglia
               una città tortuosa, con monasteri e chiese che
               la vigilavano dall'alto, mentre i vicoli vicino al
               porto inducevano al peccato. Tra
               le molte persone in attesa, marinai tatuati che non
               resistevano all'ennesimo richiamo del mare, mercanti
               che giungevano solo al limite della terraferma per
               imbarcare la merce, giovani ragionieri delegati dai
               padroni di seguire in viaggio le fortune appena
               spedite, nostromi dal braccio forte e dalle idee
               chiare sull'ordine delle gomene e delle stelle, cuochi
               che già sapevano che al trentesimo giorno di
               navigazione avrebbero reso insoddisfatta la ciurma, il
               giovane Raul seguì suo destino.La 
               nuova meta erano le coste arabe, l'altra riva del
               lago.Sulla
               nave il giovane servì i marinai, aiutò
               nel piegare e cucire le vele, lavò il ponte:
               quello era il prezzo del passaggio. Una volta a
               Tunisi, Raul cominciò un ricco viaggio
               d'avventure che lo portò una mattina calda di
               fronte alle Piramidi. Cheope e Micerino non lo
               commossero più di tanto: il giovane aveva un
               obiettivo da raggiungere. Continuò così
               il viaggio sulla groppa di un cammello. La Somalia lo
               aspettava e lui la raggiunse.  Il giovane si
               dedicò alle abluzioni nel fiume limaccioso
               vicino a Mogadiscio e si divertì nel far volare
               gli ibis guardiabuoi.  Poi, pulito nello spirito,
               ingerì  cibi sconosciuti e speziati. Nella
               strada domandò ai mercanti d'incenso notizie su
               un nome. Non conosceva la lingua e gli altri, come in
               uno specchio, non conoscevano la sua. Il nome del
               quale però chiedeva  non aveva bisogno
               d'interpretazioni per le persone dal viso ancor
               più scuro di quello ispanico di Raul. 
               
               Due giorni dopo era al cospetto di Abulcasim El
               Hadramì, anch'egli ospite per un lungo periodo
               in quella città polverosa,  dalla quale si
               vedevano le onde del mare.-
               Cosa ti ha spinto a venire da me? - chiese subito il
               saggio poeta, incanutito e dagli occhi penetranti e
               stanchi. -
               Voglio imparare a scrivere.-
               Perché questo semplice desiderio ti ha portato
               così lontano?-
               Da anni studio retorica, il significato che si
               nasconde dietro ad ogni aggettivo, i segreti dei tempi
               e dei modi del verbo, ho lavorato intere notti per
               imparare a tradurre i versi in quattro lingue diverse
               senza perdere ritmi e sensi,   ma nonostante abbia
               imparato a memoria Anassimene e Platone, Seneca e
               Sant'Agostino, non sono capace di scrivere. Per quanto
               il mio verso risulti perfetto, ricco di litoti ed
               anadiplosi, non è mai vivo, l'equilibrio dei
               miei poemi non sembra mai riuscito - continuò
               il giovane parlando tutto d'un fiato... L'aspirante
               scrittore, poi, sollevò gli occhi da terra e
               diede uno sguardo fugace all'arabo, la cui fama si era
               propagata per terre e laghi.  Riprese, con voce
               più sicura, un discorso che si era ripetuto
               all'ossessione per tutto il  viaggio - Nel sonno mi
               viene spesso in mente il viso di una donna che, per
               quanto abbia occhi accesi e limpidi, un mento dolce e
               delicato, un naso appena pronunciato e veritiero,
               orecchie che ispirano ad essere accarezzate, capelli
               biondi come l'oro che riflette uno spiraglio di luce
               nel buio profondo, ebbene quel viso nell'insieme
               è insopportabile a vedersi. I meravigliosi
               particolari della mia poesia compiono lo stesso
               effetto che crea quella donna
               indesiderata.-
               Qual'è il problema? Se conosci le parole ed il
               suo significato, puoi essere almeno bravo oratore, ma
               ancor di più fabbro o mercante. E saresti
               più utile di uno scrittore - rispose con
               semplicità il maestro.-
               Insegnami a comporre versi eterni - implorò il
               giovane inginocchiandosi e sfiorando con le labbra la
               lunga tunica  di Abulcasim El Hadramì. - Ti
               sarò riconoscente.Il
               vecchio saggio sorrise per quell'ostinazione, erano
               anni che non incontrava tanta
               ingenuità.-
               Seguimi, allora.- ordinò, prima di aprire una
               piccola porta che era nascosta a lato di una
               credenza.Iniziò
               così  una discesa lungo una ripida scala
               scavata tra pareti di roccia. Una porta in cedro
               massiccio, che aveva un meraviglioso chiavistello con
               incastonato una statua d'un cavaliere, fu aperta con
               forza dall'anziano poeta.La
               stanza era spoglia con solo un gran bacile pieno
               d'acqua al centro. In un lato della camera era stata 
               scavata una fossa. -
               Aspettami qui - disse il saggio arabo, prima di
               richiudere la porta con diversi giri di
               chiave.
               Raul rimase una settimana in solitudine, abbeverandosi
               dal bacile d'argento e  facendo i parchi bisogni
               corporali nella fossa. Aveva fame ma rimase in
               paziente attesa. L'ottavo
               giorno il saggio arabo comparve con una gran pentola
               di montone caldo che consegnò al
               ragazzo.-
               Sei sempre sicuro di voler divenire uno scrittore?
               --
               Si, maestro - rispose il giovane in
               latino.-
               Anche se scrivere e leggere sono illusione ed una
               pallida riproduzione della vita?-
               E'  quello che voglio maestro.-
               Vuoi scrivere anche se non ti darà mai
               l'eternità. I libri della biblioteca
               d'Alessandria sono bruciati e nessuno li ricorda
               più da secoli. Seguimi ancora.-	              
               L'arabo aveva in mano una torcia con la quale
               illuminò il pavimento in marmo. Vicino alla
               parete sinistra della camera, per terra era conficcato
               un piccolo anello. Il vecchio infilò nel
               cerchio una corda di midollo di bue e cominciò
               a tirare, aiutato dal giovane. Si sollevò una
               botola ed i due discesero altri gradini, sempre
               più stretti. Il cammino in discesa era
               faticoso, anche perché il soffitto era basso. 
               Comparve una nuova porta, la stanza successiva era, a
               differenza della precedente, molto luminosa e per
               terra erano sistemati tappeti e cuscini ricamati. Da
               un bacile fumoso fuoriusciva un riflesso che si
               propagava per tutta la stanza. Raul scrutò
               incuriosito. Sul tavolo, sulle pareti e negli angoli
               della stanza erano posizionati infiniti simboli della
               religione di Maometto: medaglioni con scritto in oro
               versetti sacri, copie del Corano e libri dei sofisti
               tunisini, scimitarre con incastonati nell'impugnatura
               rubini e diamanti, mentre lungo la lama erano incise
               frasi che esortavano a punire l'infedele cristiano:
               scritte che qualsiasi giovane cattolico sapeva
               riconoscere.-
               Questa volta non ti mancherà il cibo che ti
               verrà consegnato dall'apertura circolare nel
               soffitto. Trascorrerai molti giorni con i segni e
               simboli sacri della mia religione. Quando leggerai,
               ricordati che il Corano non è solo una delle
               creazioni di Dio, ma anche uno dei Suoi Attributi,
               come la Sua Onnipresenza e la Sua Misericordia.
               Infine, mentre starai dormendo, ti sarà aperta
               l'altra porta, quella sulla sinistra. Contigua a
               questa c'è un'altra stanza, simile ma diversa.
               Essa contiene invece il candelabro, il Talmud giudaico
               ed il Sefer Yezirah che regala trentadue vie di
               saggezza, dieci numeri e ventidue
               lettere.--Perché
               questo, maestro? - domandò in forma di
               preghiera il giovane.-
               Inoltrarsi nel cuore della poesia significa spesso
               abbandonare le proprie convinzioni, talvolta anche la
               propria fede. Sei proprio disposto a
               continuare?Lo
               sguardo giovane si perse nel vuoto. Poi, con fatica,
               l'aspirante scrittore assentì.-
               In un angolo troverai mie traduzioni dei testi arabi
               in latino, ti fungeranno da codice. La lingua di
               Abramo, invece, già la conosci - concluse il
               saggio chiudendo la porta. Tre
               settimane dopo  il maestro si presentò
               nuovamente, le due stanze erano ancora ordinate. Un
               solo sguardo fece intuire al saggio che Raul aveva 
               compreso segni e simboli delle due differenti
               religioni. Il giovane ispanico aveva aperto la mente,
               conoscendo ora i tre principali culti dell'occidente. 
               -
               Non è finito ancora il tuo percorso, ancora mi
               devi seguire - affermò con voce soddisfatta il
               maestro. Le
               scale, che s'inoltravano nelle viscere della terra,
               erano ancora più ripide. L'umidità, che
               impregnava le pareti, era insopportabile, mille
               spigoli si conficcavano, ad ogni curva e angolo, nei
               fianchi offesi del giovane. Il
               ragazzo scivolò più volte ed il sangue
               cominciò a rapprendersi in molte parti del
               corpo.  Il vecchio, intanto, aveva già aperto
               una porta in argento.Al
               centro della camera era posizionato un grande letto
               occidentale, comodo ed invitante. Il giovane si
               sdraiò e si addormentò
               immediatamente.Al
               mattino vide che la stanza confinava, sulla sinistra,
               con una grata. Dalla parte opposta, invece, iniziava
               uno stretto corridoio che conduceva ad una grande
               stanza ricoperta di specchi. Il
               primo giorno in quella prigione trascorse tranquillo,
               le sorprese si presentarono solo il successivo. Oltre
               la grata camminavano uomini e donne nudi, silenziosi
               ed in apparenza affaccendati che poi scomparivano in
               corridoio bui ed inaccessibili.Nei
               minuti successivi il giovane cominciò ad udire
               lontani sospiri e mugolii, voci concitate d'uomini e
               donne che litigavano. Altri
               corpi nudi si erano succeduti oltre la grata, nuovi
               ansimi prodotti dal piacere e successivi alterchi si
               stavano preparando in lontananza. Il
               giovane di Murcia  alternò il tempo sedendosi
               talvolta di fronte alle sbarre, in altri momenti nella
               camera dai tanti riflessi. Lo stesso accadeva  nella
               notte, qualche ora si assopiva nel letto, le rimanenti
               le trascorreva vicino ai corpi nudi degli sconosciuti.
               Ugualmente si comportava con il cibo che,  ogni volta
               che chiudeva gli occhi  stremati, compariva in
               abbondanza e si centuplicava di fronte agli specchi.
               Il
               tempo divenne insopportabilmente infinito, idee di
               pazzia cominciarono a percorrere la mente del giovane
               che iniziò ad imprecare ed insultare quei corpi
               giovani e nudi di donna, che si rifiutavano di
               parlargli e di accarezzarlo.  Con
               il vasellame d'argento provò a frantumare gli
               innumerevoli specchi, ma inutilmente, perché
               erano stati forgiati con una sostanza indistruttibile.
               La
               vita si era ormai trasformata in  un incubo quando il
               vecchio arabo si ripresentò. Con uno sguardo
               profondo placò la violenza che il giovane era
               pronto a rivolgere contro il maestro. -
               Questa volta hai superato la più dura prova.
               Fare poesia vuol dire raccontare la vita degli altri,
               senza poterla nemmeno toccare. Scrivere significa
               spesso rappresentare la propria esistenza, duplicarla
               in mille immagini come uno specchio. Ed è la
               tua stessa  persona che guarda  la tua anima da fuori.
               Proprio come quando sei di fronte al tuo riflesso
               -Raul
               comprese.-
               Seguimi per l'ultima volta. Sarà un'esperienza 
               più piacevole. Forse ora mi perdonerai -
               Scesero
                grandi scale diritte, illuminate da molte torce
               incastonate alle pareti. Ai bordi dei gradini si
               succedevano anfore, vasi ricchi d'ibisco e fior di
               loto. L'ultima
               porta era d'oro, dall'altra parte una donna
               bellissima, di carnagione chiara e dai seni piccoli,
               era in attesa del giovane, che presto rimase solo con
               la ragazza. La donna giocava spesso con le sue trecce
               e la folta barba del giovane uomo. Poi usciva e
               ritornava con tulipani rossi, bibite dolci dal sapore
               del limone di Murcia, minestre ricche di carni
               gustose. L'anziano
               poeta arabo, prima di scomparire, aveva regalato tre
               oggetti a Raul: una striscia stretta di pergamena, una
               piuma d'oca ed un barattolo con inchiostro di porpora.
               Il
               giovane scrisse su un lato di pergamena una frase che
               corresse più volte, tanto che il foglio, ricco
               di simboli, risultò incomprensibile. L'iberico
               richiese altra carta, ma era quella l'unica cosa  che
               la giovane non gli portava. Raul comprese che la donna
               esaudiva  un volere del maestro. Dieci
               giorni dopo Abulcasim El Hadramì si fece
               consegnare la pergamena. La parte anteriore era
               occupata da infinite lettere sovrapposte. Il lato
               posteriore del foglio, invece, conteneva una semplice
               frase, di sette parole.Il
               saggio poeta sorrise.-
               Ora puoi risalire - concluse l'uomo che
               consegnò al giovane scrittore abiti bianchi e
               profumati. I due percorsero lunghi cunicoli che
               sbucarono nel deserto. Poi, sopra ad  un cammello,
               raggiunsero un'oasi ed un lago, dormirono due giorni
               ed, infine, a cavallo attraversarono l'altipiano. Una
               notte stellata  con la Cintura d'Orione più
               luminosa che mai, il giovane s'imbarcò nel
               mitico porto di Zeila, su un piccolo sumbuco che 
               trasportava incenso e mirra ed i prodotti dei nuovi
               commerci degli Zelawi:  pesci secchi e carni...
                -
               Ora sai cosa devi fare - con queste parole il saggio
               poeta salutò il giovane ispanico mentre  saliva
               a bordo. Il
               ragazzo sorrise all'amico. Con
               un'altra nave, mesi dopo  l'attraversamento del Sinai
               su un cammello, Raul avrebbe raggiunto il porto di
               Marsiglia e da lì Murcia.Ogni
               anno, nei luoghi impensati dove Abulcasim El
               Hadramì trovava rifugio, arrivava dalla Spagna,
               nell'anniversario del loro incontro, l'ultimo
               manoscritto dell'ormai famoso poeta spagnolo. I libri
               contenevano errori, ingenuità ed alcune frasi
               mal costruite. Il saggio arabo ogni volta sorrideva:
               quei libri erano vivi. 
               
               
 |