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               IL
               DISPENSATORE DI SOGNI Se ne stava
               andando, ormai sentiva che non si trattava più
               soltanto di un crudele presentimento.Non era riuscita a
               proferire un suono quella sera, neppure quando il suo
               amato bambino le aveva mostrato il disegno era stata
               capace d'animarsi.Si era limitata a sorridergli, anche
               se solamente distendere le labbra aveva richiesto uno
               sforzo enorme.La sensazione che
               la bestia avanzasse a piede libero, le fauci
               spalancate pronte ad azzannare quel poco che le era
               rimasto, si stava trasformando lentamente in qualcosa
               di concreto, di quasi palpabile.Risalire all'ultima
               volta che era scesa dal dannato letto in cui giaceva,
               risultava essere un compito mnemonico sul serio arduo
               da risolvere.Il corpo scarno avvolto nelle lenzuola,
               divenuto oramai un leggero fardello insensibile, si
               stava uniformando sempre di più ad un
               mucchietto di carne estraneo ai residui di materia
               cerebrale rimasti.Non sapeva se fossero passati giorni
               o settimane, uno dei pochi ricordi limpidi ancora
               intatto, riguardava il viso smunto che aveva osservato
               nello specchio chiesto con insistenza al marito tempo
               addietro.Due occhietti
               acquosi l'avevano fissata da orbite così
               sprofondate da sembrare due puntini neri in
               lontananza.La fronte raggrinzita, alta si estendeva su
               di un cuoio capelluto fino a quattro mesi prima invaso
               da una chioma di capelli biondi.Le guance emaciate e
               le labbra screpolate, infine, avevano manifestato
               senza alcun ritegno i pietosi tratti di un volto in
               preda alla desolante metamorfosi generata dalle gravi
               malattie.Quell'immagine non
               smetteva di torturarla, neanche adesso, distesa in un
               letto fungente da casa, con gli arti inabissati in una
               staticità irreversibile.Le mancava la forza
               di muoversi, ma soprattutto l'impulso di un cervello
               incapace di dettare le più banali funzioni
               vitali.Faceva fatica perfino a pensare, ricordare,
               tenere gli occhi aperti come in quel momento, lo
               sguardo perso in un concerto d'ombre danzanti sul
               soffitto cadaverico di quella deplorevole camera vuota
               d'ospedale.La cognizione del
               tempo rappresentava una semplice inezia e se non fosse
               stato per l'orologio a muro
               appeso alla parete che aveva di fronte, molto
               probabilmente sarebbe stata l'oscurità a
               comunicarle l'avvento della notte.Il marito le era
               stato vicino per l'intera serata e spesso, quando lei
               riusciva ancora a parlare, si era fermato anche per la
               notte, poi con il passar dei giorni era peggiorata e i
               medici l'avevano trasferita sotto gli assidui
               controlli del reparto di terapia
               intensiva.La bestia, infatti,
               la desiderava sola e indifesa, senza nessun allaccio
               emotivo, adorava osservarla annegare nel suo dolore,
               stritolarla tra le sue grinfie mentre si diffondeva
               famelica in cerca della sua meta.A quell'ora,
               però, da un po' di tempo a quella parte, quando
               le lancette toccavano le dodici, le faceva visita una
               persona, un uomo speciale, unico nell'aiutarla a
               combattere la bestia. Dalla finestra
               entrava un terso bagliore lunare.Nel buio, con
               indosso la solita candida divisa, s'intravedeva la
               figura dell'infermiere ritta a capo del
               letto.I lineamenti del
               viso, a causa dell'abituale e misterioso gioco di luci
               che accompagnava ogni sua venuta, risultavano sempre
               difficili da scorgere.La sua voce, però,
               restava lo stesso così soave da librarsi
               nell'aria simile a dolci note musicali di una
               rilassante sinfonia melodica.<<Ciao!Come
               stai oggi?>> le domandò la sagoma
               immobile davanti a lei.<<Continua a
               divorarmi>>.Il tono, insieme
               alla riacquistata consapevolezza di avere un ago in un
               braccio, due tubicini infilati nelle narici e una
               serie di elettrodi sparsi sul torace e sul capo;
               ritornò ad essere nitido pur se in
               realtà la gola non emetteva nessun
               suono.<<Non
               preoccuparti, i muri corporei raffigurano solo la
               barriera difensiva più sottile di ciò
               che hai dentro.Non riuscirà mai a varcare i
               confini del tuo mondo, s'addentrerebbe in un
               territorio sacro>> cercò di confortarla
               l'uomo senza accennare un minimo
               movimento.<<Ho
               paura
paura non della fine, ma del dolore che
               proverà il mio bambino, mio marito e...>>
               s'arrestò di colpo, sorpresa dalla gioia e
               l'amarezza recatole dal sentirsi scivolare una calda
               lacrima sul viso. Nelle visite
               precedenti, specialmente quando l'uomo le concedeva
               l'inappagabile dono di ricordare,
               non aveva mai vissuto quell'emozione. Riassaporarla,
               attivò una struggente
               nostalgia che non le impedì comunque di
               gustarsela fino in fondo.<<La fine
               è una brutta parola se viene legata al dolore e
               poi non eri tu quella che diceva di lottare, di
               resistere fino all'ultimo spicciolo di
               coscienza?Perché questi pensieri, perché
               preoccuparsi quando hai concesso già tanto di
               tuo alla vita?>>.<<Non so,
               è che sento che si avvicina e
hai visto il
               disegno che mi ha portato il mio bambino?Guarda quanto
               è bello>> gli suggerì additando la
               parete adiacente.<<Ero in lui
               quando lo disegnava>>.Un'improvvisa
               ventata di silenzio riempì la
               stanza.<<Scusa, ma
               credo di non aver
               cap
ahi
to
ahi
>>
               tentò di interromperlo la donna, ma un
               lacerante dolore parve restringerle il
               cranio.<<Chiudi gli
               occhi>>, le chiese gentilmente l'infermiere
               accostandosi al letto, poi, appoggiandole una mano
               sulla fronte:<<E' ora di allontanarci dalla
               bestia>>. Nell'aria si
               percepiva un'umidità asfissiante.Rinvenne nel bel
               mezzo di quella che sembrava una fitta nebbia:
               infreddolita, il corpo di nuovo roseo e rinvigorito da
               un'ottima salute.La camicia di notte azzurra, unico
               particolare che richiamava le sue vere condizioni
               fisiche, le si era appiccicata addosso come investita
               da una copiosa pioggia invernale.<<Dove
               sono?>> domandò alla vacuità
               confinante.Un trasparente
               mantello di spirali bianche l'avvolgeva in una
               silenziosa realtà senza senso, mentre
               dall'indiscernibile suolo su cui poggiava i nudi
               piedi, salivano intensi pennacchi fumosi che si
               disperdevano verso l'alto serpeggiando lungo le sue
               gambe.Si fissò per
               un istante i capezzoli turgidi, poi, per avere
               un'ulteriore conferma che si trattasse solamente di un
               sogno, allungò una mano in direzione dei
               capelli e ne afferrò una ciocca.C'erano e di sicuro
               mancavano anche i solchi delle cicatrici sul cranio,
               come era certa della presenza
               dell'infermiere.<<Dove
               sei?>> chiese smorzando un sorriso e
               continuando:<<Lo so che ci sei e mi farebbe
               davvero piacere se mi spiegassi dove mi
               trovo>>.L'aveva portata in
               tanti posti quell'uomo, guidata con la sua voce
               avvenente, realizzato tanti
               desideri, ma più di tutto l'aveva aiutata a
               ricordare ed i ricordi non hanno prezzo.<<Sei nella
               creazione del tuo bambino, quella in cui l'ho
               aiutato>> le rispose, poi un inusitato e
               terrificante sibilare cominciò a riempire
               l'aria circostante.  L'allarme della
               camera di terapia intensiva stava lampeggiando da
               circa una ventina di secondi quando i due infermieri
               piombarono nella stanza.Il giovane medico di turno vi
               giunse soltanto tre minuti dopo.La frequenza dei
               battiti cardiaci della donna stava diminuendo,
               l'elettrocardiogramma composto da onde sempre
               più piccole.<<La stiamo
               perdendo>> asseriva il dottore gettando svariate
               occhiate sugli strumenti situati nell'angolo che
               fiancheggiava il letto.<<Defibrillatore!>>
               urlò in un secondo momento, gli occhi
               imperniati senza alcun motivo sulla parte della borsa
               per colostomia spuntante da sotto le
               lenzuola.Lo sguardo nervoso
               del dottore corse di nuovo sui grafici, fermandosi
               improvvisamente su quello
               dell'encefalogramma.Di primo acchito
               non se ne accorse, ma quando notò che
               l'operosità cerebrale contrariamente a quella
               cardiaca era in piena attività, le sue
               convinzioni scientifiche subirono un violento
               scossone.Il cervello lotta
               contro questo dannato tumore ed il cuore
si
               chiedeva incredulo senza staccare gli occhi dal
               grafico. Al di fuori della
               prospettiva biancastra in cui sostava il suo sguardo,
               s'innalzarono una serie di vorticosi manti ululanti le
               cui volute si estesero fino a circondarla.<<Non avere
               paura, qui la bestia non può farti del
               male.Guarda, si libra nell'aria ma teme avvicinarsi
               alla tua nuvola
teme il tuo mondo>> la
               confortò la voce amica in quella sorta di
               sogno.<<Nuvola?Come
               nuvola?Oh, Dio mio!Dicevi sul serio allora?Sono
               davvero sulla nuvola del disegno fatto dal mio
               bambino, questo intend
>> cercò di
               concludere, ma una luce accecante illuminò
               l'ambiente troncando sul nascere la sua
               reazione. L'efferato
               turbinare dentro cui una forma oscura continuava a
               dimenarsi convulsamente sparì di colpo e, tra i
               radiosi raggi celestiali, scorse due figure venirle
               incontro. <<Cristo!Se
               ne sta andando, mi passate o no questo dannato
               defibrillatore?>> inveiva contro gli infermieri
               il giovane medico di turno.Le palpebre della
               donna, intanto, si mossero leggermente. Le due figure dai
               contorni sfocati avanzavano nella luminosità
               frastornante.La donna, seppure
               abbagliata dall'intenso fascio splendente,
               scrutò comunque un particolare molto
               importante: una delle due non superava il metro
               d'altezza e quando l'ambiguità della sua
               impressione finì col trasformarsi ad ogni passo
               che compivano in assoluta certezza, il tono dolce
               tanto desiderato tuonò nell'aria diramandosi in
               una miriade di echi melodiosi.<<Nel posto
               in cui andrai nessuno più potrà
               portarteli via, perché vivrai nei loro cuori in
               una meravigliosa attesa di ricongiungimento>>
               proclamò, infine il volto di suo figlio e del
               marito le inondarono la visuale facendola rabbrividire
               di gioia.Le tesero le mani e
               lei ebbe giusto il tempo di stringergliele prima di
               ritrovarsi di nuovo tra le quattro mura di un'animata
               camera d'ospedale. Lo sguardo del
               giovane medico volava dall'elettrocardiografo,
               prossimo ad appiattirsi, a l'elettroencefalografo,
               finché non incontrò gli occhi azzurri
               della donna.Sembravano due
               biglie luccicanti perse nell'invisibile mare
               dell'incoscienza, ma una parte di lui credeva in
               qualcos'altro, in qualcosa che di certo andava al di
               là di una semplice diagnosi.Gli passarono il
               defibrillatore e lui scaricò nel gracile corpo
               una prima scossa a due mani, due
               scosse
quattro scosse, però il grafico
               dell'elettrocardiogramma non accennò a
               stabilizzarsi. Nonostante la
               stanza fosse piena di gente che continuava ad agitarsi
               forsennatamente, i suoi occhi non si allontanarono
               dalla figura folgorante impalata sulla soglia della
               porta.Sprizzava
               luce da tutti i pori, tanto da non lasciare scorgere i
               tratti del viso, delle mani e dei piedi, le uniche
               parti del corpo a non essere rivestite dal tessuto
               bianco che
               indossava.Non si muoveva,
               eppure lei, ad ogni respiro ansimante, alimentato da
               un cuore stanco di combattere, la vedeva sempre
               più vicina.<<Chi
               sei?>> bisbigliò cosciente come non lo
               era da tempo, il tono soppresso dal tramestio che
               l'attorniava.<<Colui che
               allevia il dolore
il dispensatore di
               sogni>>.In quel momento
               udiva distintamente anche il nugolo di voci sopra alla
               sua testa:<<La
               perdiamo
riproviamo con il
               defibrillatore
poverina
il
               defibrillatore
la stiamo perdendo
la stiamo
               perdendo
>> ripetevano pregne di
               preoccupazione.<<Non darti
               pena>> proseguì il tono melodioso, amico
               di tante notti, avvicinandosi al letto:<<Ora
               verrai con me, ti porterò su una nuvola dove
               risplende un sole eterno e non esiste
               sofferenza>> disse mostrandole finalmente il
               volto.Il viso del suo
               bambino, di suo marito, dei suoi genitori e di tutte
               le persone che aveva amato, si susseguì in una
               meravigliosa sfilata di sorrisi, poi una mano le si
               posò dolcemente sugli occhi e una luce
               raggiante l'avvolse nel suo calore. |