- FUORI
DALL'ORLO
-
-
- Quando
Kail vide per la prima volta Vincent comprese
chiaramente che erano giunti in quel luogo
maledetto per lo stesso motivo, ovvero per gettarsi
oltre l'Orlo del Mondo.
- Kail
sapeva bene d'avere solamente quattordici anni, ma
si rendeva conto anche d'esser maturato molto
più dei suoi coetanei. Una consapevolezza
che purtroppo non era giunta gradualmente, mediante
le scoperte e gli errori, le gioie e i dolori
dell'adolescenza, ma che gli era piombata sulle
spalle, incurante della sua apparente
fragilità, il giorno che i suoi genitori si
erano tolti la vita.
- Così
quando vide quel ragazzo, più vecchio di lui
di almeno cinque o sei anni, non ebbe bisogno di
particolari attenzioni per riconoscere la
fragilità che lo aveva infine condotto in
quel luogo.
- Quanto
a lui, invece, non sapeva cosa l'avesse guidato
fino all'Orlo del Mondo. Per paradosso era
lì proprio per scoprirlo.
- Finì
di attraversare il prato e s'avvicinò al
bordo dell'infinito precipizio. Era pomeriggio
inoltrato. Il cielo limpidissimo era solcato da
poche bianche nuvole.
- Gettò
lo sguardo giù in basso, al cielo oltre
l'Orlo. L'azzurro della volta sopra di lui sfumava
gradualmente in un celeste sempre più scuro
ed intenso. Laggiù in fondo, sotto il loro
piatto mondo, il cielo aveva il colore meraviglioso
e terrificante che si può vedere solamente
durante qualche eclissi totale, e le sfumate nuvole
di passaggio mostravano i toni cremisi di un
tramonto.
- Se
quel mondo per Kail era sempre andato stretto,
tutto ciò che vi poteva essere oltre gli era
sempre parso l'esatto contrario. Ma ora quel cielo
sembrava così immenso da fargli temere che
lui non sarebbe stato niente di più di un
altro granello di polvere. Tutto ciò che
era, che era stato, per quanto già
insignificante, sarebbe stato ridotto ad una
nullità.
- No.
Lui non cercava questo...
- Si
voltò a guardare quell'altro ragazzo, seduto
sotto un vecchio olmo che cresceva, orgoglioso e
solitario, a pochi metri dall'Orlo. Il suo volto
rivelava il rassegnato dolore di chi, malgrado il
proprio desiderio, non aveva avuto, e non
avrà mai il coraggio di spiccare quel
definitivo salto.
- Quando
questo s'accorse di Kail si voltò a
guardarlo con aria sorpresa. Lunghi ed ansiosi
secondi passarono senza che nessuno dei due
distogliesse lo sguardo, nei quali entrambi
compresero che erano venuti lì per lo stesso
motivo, così come ugualmente non ce
l'avrebbero mai fatta.
- Ed
infatti Vincent non c'era riuscito. Era stato
placcato inesorabilmente da quella parte dentro di
lui che si poteva definire "istinto di
sopravivenza", anche se a lui, in quel momento ed
in quel luogo, non sembrava altro che un vile
terrore.
- Eppure
probabilmente non era niente di tutto ciò.
Forse si trattava solo di una burla da parte di un
dio maldestro che, assieme alle gioie più
grandi, gli aveva fatto dono della privazione
più profonda che un ragazzo della sua
età potesse mai provare.
- "Ci
vediamo sull'altro lato del Mondo."
- Con
tali parole, irrazionalmente scritte su di un
bigliettino lasciato appeso al frigorifero,
affianco alla lista della spesa, quella privazione
era divenuta reale, oltre ogni peggiore
aspettativa.
- Ayleen...
Ed ora quel ragazzino lì poco distante.
Aveva gli stessi occhi di lei, i medesimi capelli
color sabbia, esile in ugual modo, e per giunta
pareva esser lì per lo stesso
motivo.
- Perché
diamine quel dio ce l'aveva così apertamente
contro di lui?
- Kail
però se ne fregò di cosa poteva
pensare l'altro di lui, se la sua presenza fosse
sgradita o cos'altro. L'espressività di
Vincent era una finestra aperta sui suoi pensieri,
ma per il ragazzino i pregiudizi di chiunque non
erano altro che un ostacolo da saltare di
slancio.
- Si
avvicinò a Vincent con fare deciso,
nullificando il desiderio dell'altro che gli
restasse distante.
- -
Dammi una mano! - Gli disse semplicemente, senza
neppure chiederlo. - Ho bisogno che tu mi tenga la
mano. Voglio sporgermi oltre l'Orlo. -
- Incapace,
da quando avrebbe compreso che non ce l'avrebbe
fatta a buttarsi, di decidere che cosa fare di
sé sia lungo che a breve termine, in Vincent
non rimase più alcuna volontà di
resistenza. Così, dopo solo un attimo
d'indecisione, non gli restò altro da fare
che obbedire al ragazzino.
- Sorridendogli
per essere riuscito a superare un primo ostacolo
fra loro due, Kail gli prese la mano e, puntando i
piedi sul bordo duro e argilloso dell'Orlo, si
protese oltre il confine di quel mondo.
- Vincent,
pur non trovando alcuna difficoltà nel
reggere il lieve peso di quell'esile ragazzino, si
rese conto di avere una gran paura solo nel
trovarsi così prossimo al pericolo di cadere
giù. Non riusciva proprio a comprendere il
desiderio, o l'incoscienza, dell'altro.
- -
Perché fai questo? -
- -
Per rompere la bolla di vetro. - Gli rispose
l'altro.
- -
Cosa? -
- -
Tutta la gente di quest'assurdo mondo vive fingendo
che non esista nulla oltre l'Orlo, anzi, come se
l'Orlo stesso non esistesse affatto. Hanno
racchiuso il mondo in un'immaginaria bolla di
vetro, come quelle con la finta neve dentro. Hai
presente? -
- -
E quindi oltre cosa c'è? Cosa vedi?
-
- -
Quel che vedo è sempre quel blu, talmente
intenso da far male agli occhi. Nient'altro, anche
perché in fondo sono ancora dentro. Sono
ancora aggrappato all'Orlo. -
- -
E che differenza farebbe mai? -
- -
Il volo... e gli angeli... -
- Ora
che Kail aveva trovato una mano, che l'aveva
accompagnato oltre a dove lui non avrebbe mai avuto
il coraggio di andare da solo, pur non essendo
quella di sua madre, aveva trovato la forza di dar
fiducia proprio a lei, a quelle sue ultime
parole...
- Vincent,
ancora confuso dall'incomprensibile risposta che
gli aveva rifilato, sentì le dita del
ragazzino aprirsi lentamente, una dopo l'altra, nel
desiderio di abbandonare la presa.
- La
mano iniziò a scivolargli.
- Nel
suo cuore la paura venne sostituita dal
risentimento. Non gli andava proprio né di
essere usato né di essere preso in
giro.
- Rischiando
oltre a quanto il suo coraggio gli avrebbe mai
concesso, con l'altra mano afferrò il polso
di Kail e con uno strattone lo tirò
indietro.
- Non
seppe se fu solo una sua immaginazione, ma per un
attimo ebbe come la sensazione che il terreno sotto
i suoi piedi avesse iniziato a cedere... Per
fortuna finirono entrambi distesi sull'erba sotto
il vecchio olmo.
- Rendendosi
conto del pericolo corso Vincent strisciò
frettolosamente indietro fino ad appoggiare la
schiena all'albero.
- -
'Fanculo! - Rantolò con voce spezzata verso
Kail, che se ne stava disteso dov'era caduto, con
gli occhi sbarrati a fissare il cielo tra le
fronde.
- -
Vaffanculo! - Ripeté con più
convinzione. - Credi veramente di andartene via
così lasciandomi senza alcuna spiegazione?
Il volo? gli Angeli? Cosa credi che abbia capito io
dei tuoi discorsi strampalati?! -
- Ma
era veramente ciò che lo aveva fatto
arrabbiare a quel modo? Il restare inutilmente
senza alcuna risposta? Il rimanere rinchiuso nella
bolla di vetro dolorosamente ignorante di tutto il
resto? Oppure perché quel ragazzino aveva,
seppur per un attimo, ritrovato quel coraggio che
lui aveva invece perduto
miserabilmente?
- -
Sono state le ultime parole di mia madre. -
Affermò Kail dopo un poco che se ne stava in
silenzio, senza rialzarsi da dov'era.
- Le
ultime parole... pensò Vincent, colpito da
un'infelice analogia. Lui si trovava lì
proprio a causa delle ultime parole di
Ayleen.
- -
Mi disse che sarebbero andati a fare un giro oltre
l'Orlo del Mondo. I non capii cosa volesse
veramente intendere, così le chiesi come...
- Kail, ripensando ora a com'era ingenuo, non
sapeva se disprezzarsi o rimpiangersi. - Lei disse
che avrebbero volato, così li immaginai
prendere un aereo. Mi disse che era l'unico modo
per incontrare ancora una volta gli angeli,
cioè coloro che non c'erano più...
-
- Era
per questo che quel ragazzino era lì, si
chiese Vincent, per rincontrare i suoi
genitori?
- "Ci
vediamo sull'altro lato del Mondo."
- Allora
era forse la stessa cosa per cui era giunto
lì anche lui? Per andare a riunirsi,
ritardatari, a coloro che avevano scelto di fuggire
da quel mondo...
- -
Come si chiamava? - Gli chiese Kail
inaspettatamente.
- -
Chi? -
- -
Il tuo angelo. Anche tu sei qui perché
qualcuno si è buttato prima di te, non
è così? -
- Vincent
rimase sinceramente colpito dalla maturità
con cui il ragazzino glielo aveva chiesto, quasi
fosse giunto già da tempo a quelle
conclusioni alle quali lui stava arrivando solo
ora.
- -
Si chiamava Ayleen. - Alla fine decise che poteva
anche raccontargli tutto, poiché
inaspettatamente non riusciva più a ritenere
Kail un'inopportuna presenza estranea.
- -
Un nome di ragazza... - Constatò l'altro,
alzandosi a sedere sull'erba. - Deve essere stato
bello avere una fidanzata, anche se poi ha
preferito l'Orlo del Mondo a te... allo stesso modo
dei miei genitori... -
- Vincent
comprese cosa voleva dire, capi chiaramente che
anche quel ragazzino aveva finito per perdere le
uniche persone a cui voleva bene perché
queste avevano preferito andarsene piuttosto che
restare con lui.
- Però
su un altro aspetto si sbagliava.
- -
Non è proprio come dici tu. Ayleen non ha
preferito l'Orlo a me, ma a questo mondo. Non mi ha
escluso dalla sua scelta. -
- Kail
si voltò a guardarlo, visibilmente sorpreso,
come fosse conscio di stare per udire parole il cui
significato sarebbe stato fondamentale.
- -
Ci vediamo sull'altro lato del mondo. Queste sono
state le sue ultime parole, anche se affidate ad un
insignificante pezzo di carta. - Ormai Vincent
aveva capito che era inutile continuare a tacere, a
fuggire da quello che purtroppo era già
accaduto.
- -
Sebbene tutti quanti, tutto il mondo, fosse contro
il nostro amore, a noi non importava niente
finché eravamo assieme. Per questo ce ne
andammo, ci lasciammo alle spalle tutto quanto,
casa, parenti, amici, tutti coloro che ci
accusavano... - Il ragazzo si raccolse come
impaurito e nascose il volto fra le braccia
incrociate. - Ma ora capisco che c'eravamo
solamente illusi. Nessun luogo di questo mondo era
abbastanza distante, poiché la nostra colpa
ci avrebbe seguito ovunque noi ci saremmo
nascosti... -
- Kail
comprese che ci doveva essere qualcos'altro dietro
alle parole di Vincent, qualcosa di semplice ed
irrevocabile, ma che un ragazzino come lui forse
non poteva ancora comprendere.
- -
Una colpa? -
- Il
volto di Vincent si contrasse allora in una smorfia
di dolore, come se quelle parole, che ora lottavano
per uscire, gli bruciassero dentro come lame
arroventate.
- Un
inatteso soffio di vento lo spinse alle spalle,
anch'esso diretto oltre l'Orlo. Sembrava quasi che
quel mondo avesse per un attimo aperto le sue porte
verso l'esterno, come se la verità arrivasse
sempre con aria di tempesta.
- -
Ayleen era mia sorella. -
- ...Sorella...
- -
Era tua sorella... - Ripeté Kail, mentre la
sua mente arrancava per raggiungere il significato
di quell'affermazione.
- In
fondo lui era ancora un ragazzino e non aveva
ancora conosciuto come potesse essere il vero
amore, ma comprese come poteva aver reagito la
gente che li conosceva, solamente perché era
stato insegnato loro che ciò era male, era
peccato...
- Pregiudizi.
- Lui
li aveva sempre detestati. Aveva sempre preferito
vivere cercando di essere superiore ad essi. Se
quello che era nato, nonostante tutto, fra Vincent
ed Ayleen era vero amore come poteva chiunque altro
permettersi di giudicare?
- Una
ribelle rabbia sembrò allora salirgli dalla
bocca dello stomaco.
- -
Ma non avevi detto che non aveva nessuna importanza
se anche tutto il modo fosse stato contro di voi?
Che contava solo che voi foste assieme? Se avete
avuto la forza di lasciarvi indietro tutto quanto,
come ha potuto allora questa colpa risultare
più forte dei vostri sentimenti? -
L'intensità delle emozioni che stavano ora
sorgendo in Kail sembravano travolgere il suo
autocontrollo come fosse stato niente di più
di una fragile maschera.
- -
Non lo so! - Scattò esasperato il ragazzo. -
Ma alla fine lei ha deciso di fuggire... da questa
vita... lasciandomi indietro... -
- -
Non ci credo! - Gridò allora Kail, quasi in
lacrime, stupendo perfino Vincent. - Non può
essere così! Non lo accetterò mai!
-
- -
Perché? -
- -
Perché... se è così, se
perfino un sentimento tanto forte da superare i
pregiudizi di questa società ha finito per
non farcela... che speranza ci può essere
ancora in questo mondo? -
- Vincent
comprese, ed allora l'amarezza di Kail fu anche la
sua.
- -
Forse è proprio così... - Disse con
un filo di voce. - Forse il nostro amore non era
così forte. Forse abbiamo sbagliato tutto
dall'inizio. Avevano ragione gli altri... e lei
alla fine deve averlo capito... Era colpa nostra...
-
- Ma
Kail non se la sentiva di accettarlo. C'era
qualcosa che gli diceva che Vincent si sbagliava.
Forse era solo la sua ostinazione a rifiutare che
le cose stessero così, ma aveva come
l'impressione che doveva averlo già capito
prima, grazie a qualcos'altro...
- "Ci
vediamo sull'altro lato del Mondo."
- ...Grazie
ad un insignificante pezzo di carta!
- -
No. Non è così. Non capisci il tuo
errore? Ripensa a ciò che ti lasciò
scritto, a quel biglietto... Lei non è
venuta fin qui per suicidarsi, proprio come non lo
siamo venuti noi. Il suo era solo il desiderio di
trovare un altro luogo, un "altrove" dove la vostra
colpa non potesse seguirvi. -
- Detto
questo si alzò e si avvicinò al
bordo, in quell'azzurro irreale, con sguardo serio,
finalmente consapevole della sua indefinibile
immensità, senza averne paura.
- -
Così come i miei genitori, anche se non ho
ancora capito il perché, e tutti coloro che
decidono di saltare da qui. C'è qualcosa di
fondamentalmente sbagliato in questo mondo che
spinge tutta questa gente a cercarne un altro.
-
- Le
parole di Kail si fecero strada nell'anima di
Vincent come se fossero state le sue, come le
avesse finalmente ritrovate dopo averle miseramente
perdute.
- Si
alzò ed andò ad affiancarsi al
ragazzino, anche lui ormai privo di quel terrore
che gli aveva finora impedito di avvicinarsi troppo
al baratro. Aveva compreso, o meglio, lo aveva
sempre saputo, solo che si era stupidamente fatto
chiudere gli occhi dalle sue paure.
- -
È la bolla di vetro che è sbagliata.
È l'Orlo stesso. Come può esistere un
confine ad un mondo dove vivono persone capaci di
immaginare molto di più? Come possono
esistere limitazioni, pregiudizi, norme sociali che
limitino la vita della gente quando la gente stessa
vuole essere più viva? -
- Kail
ci pensò sopra un poco, sentendo che
qualcosa andava rischiarandosi in lui. Dentro tutta
quella follia un barlume di ragione cominciava a
farsi notare, come una stella lontana oltre
l'Orlo...
- -
Avevo un criceto in gabbia una volta. -
Esordì improvvisamente. - Lui in fondo stava
bene là dentro, ma solo perché era
stupido. Se fosse stato intelligente non credi che
avrebbe desiderato vedere il mondo fuori della
gabbia? -
- Vincent
fu quasi divertito dall'esempio infantile di Kail,
ma in fondo centrava il senso più di
qualsiasi altro discorso.
- Credo
che avrebbe dato la vita per poter uscire almeno
una volta da quel luogo... Se fosse stato
abbastanza intelligente. -
- Era
forse lì la spiegazione di tutto quanto?
Possibile che vi fossero arrivati così?
Possibile che il mondo, le loro vite e ciò
che dovevano farne si riducesse tutto in termini
così semplici?
- -
E alla fine cosa ne è stato di quel criceto?
- Chiese al ragazzino.
- -
È invecchiato ed è morto là
dentro. - Rispose questo mestamente.
- -
E noi dovremmo invecchiare e morire qua dentro, in
una gabbia senza sbarre, dove basterebbe fare un
passo in avanti per uscire? ...La tua bolla di
vetro guarda che non è fatta d'altro che
della nostra stessa ignoranza. Non dovrebbe
fregarcene proprio niente dei pregiudizi e della
stupidità degli altri. Solo noi stessi
possiamo rompere un vetro che non esiste...
semplicemente aprendo gli occhi. -
- Ed
i loro occhi ora erano aperti ed osservavano senza
paura quel cielo talmente azzurro da fare male
all'anima. Quell'"altrove" pieno di sogni, di
aspettative, di nuove possibilità. Forse
anche di nuove paure, andava bene lo stesso. Ed era
lì, un solo passo davanti a
loro.
- Così
Kail strinse la mano a Vincent. La mano di un
amico, di un fratello, di qualcosa forse di ancora
più importante.
- Non
dissero altro, non essendovene più alcun
bisogno. Non si guardarono neppure, perché i
loro occhi ormai erano già
distanti.
- Presero
assieme una breve rincorsa e saltarono,
così, in un istante che si dilatò
all'infinito, poiché il tempo apparteneva al
mondo... e loro ormai ne erano fuori...
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