- In
avanti
- Il giorno spigava
ormai la sua ultima luce ed era già la seconda
volta quella, che Will, sopra un muricciolo spalancava
le braccia. Verso l'alto. Cosa? Spalancava le braccia,
sì, verso l'alto, nell'assurda pretesa di
emulare un volo... gabbiano. Primo passo. Secondo
passo. In avanti. Sulla bocca un odore di
castità. Altro passo. Rasente, il mare. -
Guarda lì, ma che fa? È lui, quel
giovane diseredato. È ammattito poveretto. Si
dice che abbia maledetto il padre andando via di casa.
Un vero disonore per quella famiglia- . - Farebbe
meglio a chiedere perdono in ginocchio per ciò
che ha fatto, sebbene, una tale infamia... che Dio ce
ne scansi! - . Le signore Withbull di Vattelappesca
sfrecciarono, con la sviscerata inclemenza dei loro
cappelli, il più lontano possibile da quel
giovinastro. William, si prepara un'altra cena
sublunare. Arcate stelle. Che fai? Ancora un poco
vuole restare a spiare il sole, che non c'è
più. Un altro passo. Le sue gote si
contraggono; è un movimento smorzato quello dei
suoi arti, tesi nella smania di non cadere. Poi
l'ultimo raggio rosso sopra di lui spegne l'equilibrio
in un'impennata all'indietro, e... oop, a stento resta
in piedi. William tace. Pensa. Il mare, uccello
terrestre incantatore quieto e selvaggio è
tutto quel che c'è: suono sapore e
gaudio.
- Quanto tempo era
passato da quel giorno d'inverno che aveva fatto di un
nobile un gioco iridescente, un granello di strada nel
mondo interminabile. L'amico più caro, mortogli
fra le braccia poco tempo prima, gli aveva detto che
capisce tutto troppo in fretta, ha fretta pure
d'andarsene o, se resta, è per dire ad altri.
Salvare è una questione di pelle, diceva pure.
Sono solo i tuoi polpastrelli in corsa verso. Quando
William aveva tentato di salvarlo da un certo signor
Bacillo venuto da Koch, che lo scavò fino a
farne una cartuccia secca, non poté nulla. Un
trafitto ragazzo impotente. Non ne aveva mai saputo
niente la sua famiglia del garrito insostenibile della
libertà. Niente. L'avevano sbattuto in un
collegio, come si adagiano i soldi per un investimento
produttivo. Visto che non voleva saperne di
nobiltà e di buone maniere, si erano allarmati
come se avessero la peste in casa. - Fuori - gli
gridò il padre quel giorno. - Il disonore non
sarai tu a portarlo in questa casa. A questo mondo non
vale niente quello che tu vuoi! - . Cos'è
quella adesso? Gli si è posata sugli occhi
appena una marea, oppure è una lacrima che gli
marezza la solita storia. Violenta al di qua della
cortina. Che prima si fa chiamare e poi batte la
ritirata. Essere soli. Di una solitudine collosa.
Volare, pensa Will, è un albero malato alle
radici. È avere bretelle abbastanza forti per
reggersi le braghe la povertà. Abbastanza
slancio per correre. In avanti. Mani capienti per
prendere, levigate per lasciar passare. Ma come si
fa... a volare? È solo contemplare?
Perché da soli non si può? Will si passa
un braccio sotto il naso e sente che è bello.
Un altro passo ancora e l'equilibrio è
riassettato. Ma senza braccia, ora pendule sui suoi
fianchi. In una mano ha un taccuino e una penna,
logori ed eccitati nell'ebrietà di tutta
quell'aria. Nell'altra la libertà. - Povero
giovane! Sembrava così intelligente, posato!
Che fine orribile, che tremenda disgrazia - . Si
segnò con un gesto fulmineo il parroco che
correva in chiesa insieme a una nobildonna. Will non
ci badò. Ancora un saluto al mare accattone per
sempre. Le sue braccia di nuovo in su, all'altezza
delle spalle, non di più. Di fronte sabbia
cielo brivido e gabbiano. Di qua solo una ruga d'uomo
che si finge un volo come se fosse la cosa più
naturale del mondo.
- Per l'indomani
mattina un treno è quello che ci vuole. Ecco,
adesso è qui. Che vuole fare? È un posto
speciale, una stazione. Will l'ha sempre sentita con
mistica adorazione e attesa. Di qualcosa, di qualcosa.
Che non si sa. È tutto un ciangottio tra
facchini, tacchi di gran signore eccitati sul leggero
predellino. Will se ne sta appoggiato sul ponte di un
treno alla stazione. Sotto di lui acqua,
azzurrità. Un momento... quella cosa
laggiù non sembra affatto una creatura di qui,
ma cos'è? È un bagno ghiacciato o un
incendio reboante negli occhi di Will. È una
corsa contro una coltre di spilli. Lieta corsa. Era
avvolta con semplicità in un guanto d'avorio.
Una giovane. Il collo le cresceva su un merletto, ma
senza affettazione. I suoi occhi albeggiavano da
lontano. Begli occhi. Nessun respiro, Will. Non
ricordava come poteva essere la bellezza, che non
fosse aria, che non fosse mare, volo, ebetudine del
volo, ma donna, occhi, capelli di una donna, anima di
donna. La solita inquieta presenza gli schiumava
dentro un alito di mare. Mentre lei gli passa davanti
il suo volto è un sorriso che tutto spande, che
tutto beve. La segue con lo sguardo mentre un uomo
l'accompagna accanto alle rotaie. Nel via vai generale
chi di qua, chi di là è ben concentrato
sulla propria fretta. Non c'è tempo di
contemplare. La ragazza sta aspettando il suo treno.
Tra viaggiatori e facchini un ladruncolo corre con
tutta l'aria nei polmoni. È inseguito e cerca
la fuga come un invasato. Nella furia ha spinto
inavvedutamente la ragazza Begli occhi sulle rotaie.
È impossibile che arrivi adesso un treno,
adesso che lei è lì, pensa Will. Un
fischio. È lui. Il cuore gli si scarmiglia un
momento in un'acerba crocifissione, stretto
nell'assurdità di quello che tra dieci secondi
o meno potrebbe accadere. Tutta l'anima gli si
raggruma nello stomaco. Infinita l'attesa, bizzarra
ora che tutto scivola divorato dal tempo trucemente
veloce. Non si può più contemplare. Will
prende a correre. A correre. E corre. Come un pazzo.
Un pazzo? Col vento nei capelli? Aria, mare, cielo e
gabbiano ci sono forse, ma non si vedono, mentre Will
è una pallottola sparata da un angolo
invisibile. È a un passo da lei, è su di
lei, con un balzo la spinge in avanti. Ora è
uno che sta salvando. Ma lei non ha tempo di voltarsi
per guardarlo perché lui è stato
strattonato più in là da... un treno! E
che spinta. Può davvero un treno spingere
così avanti, si chiede Will mentre sente un
calore strano, ma amico sulle braccia, come se fosse
stato preso dalle mani guantate del sole. Poi capisce.
Schiude gli occhi pianissimo, con difficoltà,
ma abbastanza per riuscire a scorgere delle prime
piume bianche, senza dolore, nella sua pelle. Braccia,
verso l'alto. Braccia verso l'alto morbide e leggere.
Un soffio nell'aria. E prima sono braccia che volano e
poi testa e piedi e schiena che volano. E sulle punte
delle piume ancora un odore di donna. E poi tutto,
verso il mare, uccello terrestre quieto selvaggio non
più selvaggio, e poi tutto, di nuovo, suono
sapore e gaudio.
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