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- I conti li facciamo a
casa
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- Arnaldo è stato salariato agricolo
fino al 1992.
- Sin da piccolo tutto il giorno lo trascorre
tra la campagna e la stalla. Conosce tutti li
animali, i loro versi, i loro colori, i loro odori
e le loro abitudini. Arnaldo è figlio e
nipote di salariati. Arnaldo è salariato da
sempre, uno dei pochi esempi rimasti di generazione
di salariati. Da questi ha imparato non solo le
gesta, il lavoro, e assimilato i movimenti, ma ha
anche ereditato quel che si dice "scarpe grosse
cervello fino".
- I movimenti dei contadini sono lenti
rispetto a quelli degli abitanti di città.
Lo sostengono in molti e lui, a suo modo, lo
conferma. Gli abitanti di città corrono
sempre, senza neanche rendersene conto, al punto da
dimenticare dove sono arrivati.
- Arnaldo non ha mai compreso, perché
bisognasse far le cose in fretta; correre, correre
continuamente. - La sera, - dice, arriva sempre,
senza bisogno di correre, arriva da sola; -
"nonostante tutto" -. La notte poi è fatta
per riposare.
- L'intercalare di Arnaldo, quando il suo
discorrere fila liscio, è da sempre quel
"nonostante tutto". È la sua
filosofia.
- "Nonostante tutto" lo usa sovente e anche a
sproposito. Quel "nonostante tutto" poteva
riferirsi al suo padrone, il quale quando insisteva
con "bisogna fare in fretta, bisogna darsi da fare,
perché fra poco viene buio", lui subito, a
bassa voce, lo riprendeva con: - Quando è
sera lo vedono tutti, "nonostante tutto" -. Altre
volte, "nonostante tutto", lo indirizza alla
moglie, la quale quasi tutti i giorni, lo incita a
spicciarsi a mettere a posto gli arnesi da lavoro
perché la minestra sarebbe stata presto in
tavolo, e lui, subito, risponde, sempre a bassa
voce; - la minestra, "nonostante tutto" -. Poi,
ancora, nei confronti degli altri, riferendosi a
chi abita nei grandi paesoni, che negli anni
settanta hanno preteso di chiamarsi anche loro
cittadini e ripete; - sempre paesani rimangono,
"nonostante tutto" -.
- L'unico suo vizio, lo scolarsi, con i pochi
amici rimastigli qualche bottiglia di
vino.
- Vino nero, solo quello nero. - Quello bianco
-, dice con fare scientifico, - fa male al fegato
-, e spiega: - Il vino bianco, il più delle
volte, viene filtrato. Porcheria; ripeteva ad alta
voce. Il vino nero, il barbera per lo più,
lo usa anche per correggere il caffè.
Quest'abitudine l'aveva imparata da suo padre,
dalla madre invece di aggiungerlo nella minestra.
Gli dona, a detta di Arnaldo, quel sapore tutto
antico che è solo dei paesi di campagna e in
particolare delle cascine.
- Arnaldo insieme alla moglie Cesarina vive in
cascina, nella stessa casa di salariato che fu di
suo padre e prima ancora di suo nonno. La
differenza, rispetto a quando ci abitava suo padre,
era il pollaio, che una volta affiancava la casa
del salariato, era stato collegato alla casa
principale e trasformato in un modernissimo bagno
rivestito con piastrelle in ceramica a
fiorellini.
- Tutto questo in barba ai piani regolari e ai
muratori.
- Il lavoro di ristrutturazione infatti
l'aveva svolto con la sue mani, impegnando diverse
domeniche pomeriggio, e a detta della Cesarina,
anche diverse bottiglie di barbera.
- Sua moglie, che almeno a vederla non si
direbbe nemmeno lei ostile al barbera, quando lo
racconta, con quel suo modo bonario e al tempo
stesso divertito, ripete in continuazione che non
avrebbe mai scommesso sul fatto se erano più
numerose le badilate di cemento piuttosto che le
bottiglie di barbera.
- Quando la moglie racconta quest'episodio.
Arnaldo si mette in disparte, quasi a voler
minimizzare l'accaduto, ma allorché la
risata della moglie prende una certa
sonorità aggiunge immediatamente: -
Cesarina, anche tu però con quelle bottiglie
non hai mica scherzato, "nonostante tutto"
-.
- Un'altra differenza che c'è in
cascina è che oggi proprietario è il
figlio del padrone che aveva assunto Arnaldo.
Questi, di nome Carlo, testimone anch'egli di
generazioni di padroni che alla terra devono tutto,
gli aveva rinnovato il contratto di lavoro ben
conoscendo le sue capacità di mungitore
anche se nel frattempo, Arnaldo, aveva raggiunto
l'età per andare in pensione.
- - Questa generazione di proprietari -
racconta la Cesarina, mentre Arnaldo l'ascolta
senza mai interromperla (sempre Arnaldo ascolta in
silenzio la moglie, quando il discorso prende la
piega degli interessi) - ha lasciato cadere le
buone tradizioni, e insieme ad esse sta lasciando
cadere le cascine. Vogliono guadagnare ma non
vogliono spendere. Il bagno ad esempio, quello che
abbiamo messo in ordine, ecco, le spese le abbiamo
sostenute noi. Lui, il padrone, bontà sua,
ci ha dato il permesso di farlo. Il permesso e
basta!, perché di soldi non ne ha sganciati.
Una volta a Natale il nostro vecchio padrone, il
padre di Carlo, ci dava in regalo un'oca che noi
mangiavamo con le verze -.
- - Al ragò ad nadàl - sussurra
con rimpianto Arnaldo, sovrapponendosi alla voce
della moglie. Mentre adesso, il figlio, quando si
avvicina Natale mi dice: - Cesarina vai al
supermercato prendi un'oca, te la pago io
-.
- Cesarina riprendendo il respiro sbotta; -
Ah!, Prima sì che era bello. Ora è
tutto cambiato. Ora è tutto diverso. Non
c'è neanche gusto. Prima sì, invece,
che era bello -.
- Cesarina riprende un'altra volta il respiro
e poi continua; - Entravo nel pollaio del padrone,
sceglievo l'oca più bella e la scannavo. Con
il sangue facevo le frittelle, poi la spennavo e
infine la mettevo sulla stufa a cuocere, non prima
di averci accomodato una verza intera, di quelle
che avevano conosciuto la brina. Il Natale, un
tempo, era un'altra cosa!. Persino la brina era
diversa".
- Cesarina presa dalla foga del racconto
diventa paonazza.
- Arnaldo quasi a giustificarla la interrompe
e guardandomi in faccia mi dice: "Le capita tutte
le volte che si parla di soldi e del rapporto con
il padrone. Loro non si vedono di buon occhio, lei
pensa che lui mi freghi sulla paga".
- "Certo! È proprio così", lo
interrompe Cesarina; - con tutte le ore che lavori
i soldi sono sempre gli stessi. Ogni mese la stessa
paga!. Anche se le ore del mese cambiano la paga
è però sempre la stessa. Sono proprio
convinta che ti sta fregando. Io tutti i mesi
faccio i conti e secondo i miei calcoli non
tornano.
- I conti della casa li teneva Cesarina.
Amministrava lei gli affari della
famiglia.
- Anche quando dieci anni prima si era sposata
la figlia, era stata lei a mettersi d'accordo sia
sul costo del pranzo di matrimonio che su quello
del prete.
- Le mogli dei salariati, qui dalle nostre
parti, tengono stretto il borsellino di casa. A
sentire lei, solo le mogli sanno quanto costa
mandare avanti una famiglia e, aggiungendovi una
certa dose di malignità, anche quanto costa
l'osteria.
- Nel sottolineare questo particolare Cesarina
mi guarda diritta negli occhi e non il capo reclino
verso il marito accenna ad un sorriso.
- Del vizio del marito solo lei poteva
parlare, solo lei aveva diritto di parola, nessun
altro, all'infuori di lei, era autorizzato a
ricordarlo. Altrimenti si arrabbiava e diventava
ostile con chiunque.
- E anche quando, di tanto in tanto, Carlo il
padrone della cascina, non mancava di sottolineare
a Cesarina che il giorno prima aveva visto Arnaldo
all'osteria in compagnia di amici con alcune
bottiglie di vino sul tavolino, Cesarina, che oltre
ai conti che non tornavano trovava Carlo per niente
simpatico, gli rimandava, diritta sulle gambe e con
le braccia appoggiate ai fianchi, un bel; -
"Nonostante tutto" -, caricando quel modo di dire,
di tutta la dignità che può assumere
una risposta che è anche una sfida. Ma poi
quando si trovano da soli a cena e Arnaldo al
momento di aggiungere il vino alla minestra, lei
gli diceva - non è stato abbastanza quello
che ti sei bevuto all'osteria oggi? Il tuo padrone
si prende gioco di te. Non solo ti frega sui conti,
ma va in giro a parlarti dietro le spalle. La
prossima volta che fa lo spiritoso gli dico tutto
quello che ho sul gozzo, compreso che non ti paga
in modo giusto, così la facciamo finita una
volta per sempre -.
- Arnaldo, che era disposto a lasciare
amministrare a Cesarina i conti della casa, che
fosse lei a controllare la paga, e sempre lei a
concordare con altri le spese del matrimonio della
figlia, non era però disposto ad entrare in
conflitto con Carlo. Ci teneva a quel lavoro. Pur
avendo i requisiti per prendere la pensione, aveva
deciso di lavorare ancora per qualche anno. Lui era
fatto così, per lui il lavoro era
importante, e il rischio di perderlo, solo
perché sua moglie aveva intenzione di
questionare con il padrone, non se lo poteva
permettere. Decise quindi di opporsi alla moglie e
disse; - Cesarina, lascia perdere, lo sai che i
padroni vogliono avere l'ultima parola. Loro sono
abituati così. La paga sarà giusta
così. Se lo dice lui sarà
così. Comunque ci parlo io con lui e ci
metteremo d'accordo, tu per ora non dirgli niente
-.
- Il fare deciso di Arnaldo prese in
contropiede Cesarina. Dopo tanti anni che Arnaldo
l'assecondava in ogni sua decisione, questa presa
di posizione del marito fu per lei una
novità, tanto che al momento non le
riuscì di proferire parola.
- Passate tre settimane dal giorno della
discussione e a distanza di due giorni della fine
del mese, era prossimo il momento della riscossione
del mensile. Cesarina durante la cena si rivolse al
marito e gli ricordò ciò che lui le
aveva promesso a proposito dell'atteggiamento del
suo datore di lavoro, Carlo, e se nel frattempo
s'erano accordati.
- - Ne parliamo dopo mangiato - fu la secca
risposta di Arnaldo, - anzi ne parliamo domani,
questa sera niente discussioni d'affari, sono
stanco e poi non capisco perché ti sei
incaponita con questa questione - continuò
tutto d'un fiato Arnaldo, facendosi venire quel
coraggio che gli mancava quando la moglie lo
guardava dritto negli occhi.
- Era evidente che Arnaldo non aveva parlato
con Carlo né dei conti che a detta di
Cesarina non tornavano, né della sua spiata
riguardante l'osteria; inoltre non aveva nessuna
intenzione di farlo neanche in futuro. E per fare
in modo che Cesarina quantomeno soprassedesse nella
sua richiesta preferì assumere un
atteggiamento scontroso sperando che ciò
fosse bastante ad accantonare tutta la
storia.
- Come altre volte era già capitato,
Cesarina appena intuito il vero pensiero del
marito, lanciò un'esclamazione molto diffusa
nella zona; - Arnaldo fa no al furb con mi -. E col
cipiglio che le era tipico di quando si sentiva
prendere in giro gli disse; - Quello lì,
riferendosi a Carlo, continua a fregarti. Tu lavori
ma è lui che guadagna. Ho la prova di quello
che sostengo. L'altro giorno il postino mi ha
consegnato il giornaletto del sindacato dove sono
riportate le paghe dei salariati. Ebbene, vuoi
sapere che cosa ho scoperto? Ho scoperto che in
base alle ore che tu lavori, lui, questo tuo Carlo,
ti paga di meno, puoi vedere con i tuoi occhi.
Toh!, leggi qui!, ho ragione io!. Ho sempre ragione
io quando si tratta di soldi! Se fosse per te...
-.
- Cesarina non completò la frase,
rendendosi conto che la stava sparando grossa, e
che Arnaldo, questa volta, si sarebbe veramente
arrabbiato.
- - I sindacati nel fare i conti non sbagliano
mai -, riprese lei con tono deciso, - ah! Se non si
fossero loro ad aprire gli occhi a quelli come te
-.
- Arnaldo, preso alla sprovvista dalla
novità del giornalino del sindacato
tentò prima di bofonchiare qualche cosa e
dopo, alzando il tono della voce, disse in modo
perentorio: - Va bene, allora prima di parlare con
Carlo andiamo dai sindacati a verificare se davvero
hai ragione, e se sarà come sostieni gli
parlerò e sistemerò i conti -,
aggiungendo a bassa voce - "nonostante tutto"
-.
- La consegna della paga avvenne regolarmente:
a ritirarla, questa volta, ci andò Arnaldo,
era l'occasione per scambiare due parole con Carlo
facendogli tra l'altro presente, che non era il
caso di riportare alla moglie che ogni tanto
all'osteria beve qualche bicchiere di vino in
compagnia. Erano fatti personali e lui non era
autorizzato ad impicciarsene.
- - Non hai ancora capito -, disse Arnaldo a
Carlo; - che mia moglie Cesarina è fatta a
modo suo. È una donna tutta d'un pezzo. Lei
non accetta che altri persino alle cose di "casa
sua". Quando si tratta di cose di famiglia, si
ribella e non guarda in faccia a nessuno
-.
- Carlo, sorpreso dalle parole di Arnaldo,
abbassò gli occhi e gli promise che non
l'avrebbe più fatto, ma gli aggiunse; -
Dillo a Cesarina, ma dille anche che questo deve
valere pure per lei, non deve più andare
nelle botteghe del paese a sparlare di me, dicendo
che non ti pago nel modo giusto -.
- Arnaldo, rosso in viso, annuì, e
rispose che glielo avrebbe detto. Poi a bassa voce
introdusse l'argomento che più gli stava a
cuore; la questione dei conti: - Carlo devo dirti
ancora una cosa, se Cesarina ti chiederà di
verificare i conti della paga non devi preoccuparti
perché l'accordo che abbiamo insieme deciso
al momento della mia riconferma, vale sempre,
"nonostante tutto", e nonostante la Cesarina. Carlo
capendo al volo l'ultima parte del discorso di
Arnaldo non commentò. Certi accordi non si
commentano, si mantengono e basta, pensò tra
sé. Si salutarono con una stretta di mano,
come due vecchi amici.
- Il mercoledì successivo, giorno di
mercato a Pavia, Arnaldo e Cesarina si recarono
alla sede del sindacato per far vedere i
conti.
- Entrarono nell'ufficio, Cesarina con quel
suo modo bonario e divertito, salutò e
chiese subito di fare un "piccolo conteggio"; lei
lo chiamava così, un "piccolo conteggio";
- - voglio verificare se i conti di mio marito
sono a posto - e che non avrebbe portato via molto
tempo. - Vogliamo solo capire chi di noi due ha
ragione, accennando all'indirizzo di Arnaldo -
.
- Al saluto di Cesarina, Vincenzino, l'addetto
alle paghe, per nulla sorpreso della richiesta,
rispose con un sorriso.
- Vincenzino conosceva Cesarina di persona, la
conosceva da lungo tempo. Sapeva che lei ci teneva
ai conti. Lei tutti i mesi gli telefonava per
sapere se le paghe erano cambiate e quella
richiesta era quindi per li scontata. La mattina
era calma. C'era perciò tutto il tempo di
fare questo "piccolo conteggio".
- Vincenzino, dopo essersi informato delle ore
di lavoro di Arnaldo prese il suo "libro della
verità", come lo chiamava lui, e si
apprestò a conteggiare il salario di
Arnaldo.
- Vincenzino fece i conti due volte per essere
sicuro di non sbagliare. Intanto Cesarina non
mancò di raccontare le ultime vicende che le
erano capitate con il padrone di Arnaldo condendole
con qualche pettegolezzo.
- Vincenzino rifece i conti per la terza
volta, dopo aver sentito Cesarina, per l'ennesima
volta dire che se aveva ragione lei, quel Carlo
l'avrebbe sentita reclamare come non mai. Alla fine
del terzo conteggio, alcune smorfie tradivano in
Vincenzino perplessità e dubbi; infine
sentenziò: - Il salario è sbagliato!
Arnaldo, se sono vere le ore che hai detto di fare
-, rivolgendosi però a Cesarina, - Arnaldo,
allora c'è uno sbaglio. Cesarina hai ragione
tu! -.
- Arnaldo scattò all'improvviso e
anticipò la reazione della moglie. - Senti,
Vincenzino, sei proprio sicuro? perché alla
fine del mese, vedi qui sulla busta paga questa
cifra? Ebbene questa cifra significa che mi sgancia
delle lire in aggiunta -.
- Vincenzino, esporto di paghe, e in
particolare esperto di patti tra datori di lavoro e
salariati che spesso nascondevano alle mogli, a
fine mese, alcune migliaia di lire, capi
immediatamente il segreto tra Arnaldo e Carlo e
fece finta di niente.
- Assecondò il discorso di Arnaldo e
spiegò a Cesarina che le cose andavano bene
così.
- Mentre diceva questa bugia strizzò
l'occhio ad Arnaldo e rassicurò Cesarina che
tutto era posto.
- - Non sbaglio quasi mai -, disse Vincenzino;
- questa volta è una di quelle -.
- Cesarina titubante fino all'ultimo, finse di
crederci, poi all'improvviso fece una domanda a
Vincenzino. Una domanda a trabocchetto. Chiese: -
Vincenzino come mai il mese scorso questa cifra era
diversa, mentre le ore di lavoro erano identiche?
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- Vincenzino, non potendo sapere che cosa
fosse successo il mese prima, rispose che bisognava
prima vedere i conti del mese e solo dopo lui
sarebbe stato in grado di rispondere.
- Arnaldo seguiva attentamente il discorso,
rispose lui al posto di Vincenzino, ma nella
risposta si tradì. Scoperto il trucco
divenne chiaro che ogni mese il padrone di Arnaldo
pagava sì tutte le ore di lavoro lavorate da
Arnaldo ma con la differenza che alcune di queste
le pagava direttamente ad Arnaldo e non in busta
paga.
- Cesarina, sentendosi tradita, si
avvicinò al marito e con serietà
disse; - Ho capito adesso come fai a scolarti tutte
quelle bottiglie all'osteria -.
- Non aggiunse altro. Sollevando Vincenzino
dall'imbarazzo in cui si era involontariamente
trovato e scusandosi del disturbo Cesarina
salutò in fretta e prendendo per mano
Arnaldo uscì con lui velocemente
dall'ufficio.
- Mentre uscivano Vincenzino udì
Cesarina che rivolta ad Arnaldo sentenziava: - I
conti li facciamo a casa! -
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