- STELLA
ALPINA
-
- Leonard
era sicuro che sarebbe arrivato in cima, non poteva
avere dubbi. Ad ogni movimento, le mani si
contorcevano negli spasmi dei nervi tesi e il
respiro affannato lo obbligava a prolungare le
soste. Sul ghiaccio duro, che ricopriva le
sporgenze della parete tagliente, era difficile
scegliere il punto esatto su cui raccogliere le
forze per arrampicarsi. Fitte pungenti gli
colpivano le dita e dai guanti di pelle ormai
logori, trasudavano macchie rosse. Il sole
accecante stava precipitando fra le bianche catene
montuose che si ergevano lontane, illuminando una
distesa sconfinata. Era un orizzonte immenso, che
comprendeva tutta la terra, toccando l'infinito.
Alzando la testa, Leonard rivolse i suoi occhi alla
vetta inviolata che sembrava non avvicinarsi mai.
Fermandosi a riposare, lasciò che i suoi
pensieri viaggiassero nello spazio del passato. Al
mondo che era sotto di lui, a migliaia di metri di
distanza.
-
- ***
-
- Non
riusciva a staccarsi dalla mente quel monte, la
più elevata montagna del pianeta. La
conosceva da quando era nato e, dalle origini,
dominava tutto ciò che esisteva: la
città, gli uomini e le loro storie. Forse, a
causa della sua forma appuntita, veniva chiamata
"lancia del diavolo" ma, probabilmente, quel
nome gli era stato attribuito per il timore che
incuteva al solo guardarla. Nessuno era mai
riuscito ad avvicinarsi, tanto imprendibile si
presentava, con i suoi tremila metri di parete
verticale. Scalarla sarebbe stata un'impresa al di
sopra di ogni limite umano, un fatto assolutamente
eccezionale. La decisione arrivò con
naturalezza, un giorno come tanti, come un
appuntamento già stabilito da tempo, cui non
avrebbe mancato per nessun motivo. "Voglio che
tu ritorni." Gli disse Anna con voce flebile,
la mattina prima di partire, cercando di mascherare
le sue emozioni e le lacrime che, sentiva,
sarebbero scese, dopo l'addio. La sua giovane
compagna l'abbracciò e senza dire altro se
n'andò via, lasciando la sensazione che
stesse fuggendo. "Ho paura... ma ti prometto che
ce la farò." Le rispose l'uomo senza
parlare, mentre si allontanava con Amedeo dal
paese, andando incontro al suo destino, convinto
più che mai di arrivare fino alla meta. Nel
punto più alto del mondo.
-
- ***
-
- Le
dita malridotte delle mani tremavano, mentre
Leonard sollevava il peso del suo corpo, più
in alto, centimetro dopo centimetro. Una volta
aggrappato al punto di presa, lo scalatore chiudeva
gli occhi, concentrato nello sforzo di portarsi
avanti, fino alla successiva posizione di
distensione, così da riprendere fiato. Prima
di osservare la roccia nera, sopra la testa, ancora
un poco più sopra.
-
- ***
-
- Era
ancora un ragazzo quando, quel giorno d'estate,
mentre esplorava da solo le rive del torrente che
scendeva dai ghiacciai, scoprì una pozza
profonda dove tuffarsi. L'acqua era gelida.
Abituato a sopportare il freddo, quel pomeriggio
però, non riusciva a trovare il coraggio di
bagnarsi. Si sedette sopra un masso, con i piedi
immersi nel piccolo laghetto azzurro, a osservare
il fondo. Fu in quel momento che si mise a fissare
"la lancia del diavolo" riflessa nel piccolo
specchio limpido. La montagna, nitida e vicina come
mai la vide, ad un tratto gli parlò,
trasportando il suono delle sue parole nell'aria
fresca, sussurrandogli all'orecchio: "Sono qui,
l'ultima cima del mondo non ancora violata. Nessuno
mi ha vinto, dalla notte dei tempi. Solo tu lo
potrai fare. Ti sto aspettando da sempre." Il
ragazzo, impressionato, rimase a bocca aperta per
lo stupore. Indugiò immobile in ascolto,
fissando la vetta di quella montagna maestosa che
percepiva sua amica. Poi, senza pensare, si
tuffò nell'acqua trasparente. Quando emerse,
si ritrovò davanti la maestosità
delle catene innevate che lo circondavano e
lì, a guardarlo, c'era ancora lei, la punta
della "lancia del diavolo". Non disse mai a
nessuno di quello che successe quel pomeriggio e
mai si domandò se era parte di un sogno o se
il sogno era parte di lui. I luoghi e i segni del
proprio cammino appaiano all'improvviso, chiari e
decisivi. Spesso manca il coraggio di capirli e di
immergerci nel loro mistero. Non per Leonard. Da
allora, tutta la sua vita cambiò,
preparandosi con passione alla grande sfida. Con il
tempo, scandito dalla determinazione e
dall'allenamento costante, divenne un grande
scalatore, il migliore. Conobbe la propria forza, i
suoi limiti e soprattutto imparò a fidarsi
dell'istinto. Era sicuro del suo destino e,
altrettanto, era convinto che non esisteva al mondo
alcun alpinista, per quanto esperto, che lo avrebbe
accompagnato su quella parete. Lo comprendeva e,
per questo, non chiese mai a nessuno, nemmeno ad
Amedeo, di affiancarlo nell'impresa, riversandogli
la responsabilità di una scelta che non
poteva essere condivisa. Quella scalata
impossibile, la doveva affrontare in solitario.
-
- ***
-
- Quel
ricordo lontano interruppe i pensieri di Leonard e,
come successe al torrente, rimase in silenzio ad
osservare il cielo, trasportato dalle emozioni. Lui
ora era lì, al centro della sua
volontà. Una sensazione grandiosa lo
pervadeva, facendolo sentire un gigante. Si chiese
da quanti giorni si stava arrampicando su quella
parete verticale, ma aveva perso la cognizione del
tempo. All'inizio, teneva aggiornata la sua
agendina, la notte, prima di cercare di dormire,
legato alla parete dentro al sacco a pelo, nel suo
bivacco agganciato alla roccia. Poi, a causa della
stanchezza, non scrisse più nulla, lasciando
alla memoria i dettagli dei ricordi.
-
- ***
-
- "L'altra
notte ho fatto un sogno. Ti ho visto sulla parete
del diavolo... ma non ricordo altro..." Gli
disse Amedeo. Amedeo, il suo migliore amico. Con
cui aveva condiviso la passione per le scalate.
Insieme, avevano affrontato situazioni al limite
delle possibilità umane. Conoscevano le
proprie risorse e la loro resistenza, sostenendosi
a vicenda nei momenti più difficili. Leonard
fermò l'auto nel piazzale illuminato alle
porte del paese. Da quella posizione si poteva
contemplare l'intera vallata. Le stelle ricoprivano
l'immensità del buio, in quel tardo
pomeriggio di fine inverno. La montagna sembrava un
ponte tra la terra e il cielo, rendendo palpabile
l'immobilità delle illusioni. "Ho deciso.
Sarà per questa primavera." Gli
confidò Leonard, senza guardare in viso
l'amico. "Lo avevo intuito... e il diavolo lo
sa?" Gli chiese Amedeo dopo un lungo silenzio.
"Ci siamo parlati. Sì, lo sa."
Rispose Leonard voltandosi. "Darei la mia
vita..." Sussurrò, osservando la volta
stellata attraverso il vetro appannato. Amedeo
guardò severo il suo compagno d'avventure.
L'aria vaporizzata usciva con sofferenza dalle
narici dell'uomo. Scesero dall'automobile. Una
ventata d'aria fredda scompigliò i lunghi
capelli di Leonard. I due amici rimasero a guardare
la valle, le catene montuose, gli ideali che si
libravano nell'aria e le paure che li riportavano a
terra. Quando si voltarono, incapaci di parlare, si
abbracciarono forte. "Ci riuscirò."
Disse infine Leonard, con voce spezzata.
"Troverò la conclusione del tuo sogno e
la porterò con me fino a valle, fino al
ritorno."
-
- ***
-
- Con
la naturalezza, propria degli esperti rocciatori,
Leonard accostò il chiodo alla rupe e, dopo
pochi colpi decisi di martello, fissò un
altro nodo cui affidare la propria sicurezza. Ad
ogni impatto con la roccia, la mano gli doleva,
facendogli vibrare il corpo. La vetta era
lì, sopra di lui, sembrava così
vicina eppure ancora maledettamente lontana. Fu
proprio allora che, senza alcun preavviso, una
tormenta impetuosa trovò Leonard
impreparato. In un istante, l'impeto del vento
divenne violentissimo. La sua spaventosa
intensità lo scosse come una foglia,
facendolo vibrare e sommergendolo di neve
finissima. Lo spazio si richiuse su se stesso,
così come i colori, che si annullarono,
prima nel bianco e poi nel buio più
opprimente. Un chiodo, incredibilmente, si
staccò di colpo, strappandosi dalla montagna
con un suono sordo, annegato nell'ululato dell'aria
impazzita. Leonard precipitò di qualche
metro andando ad urtare su una piccola sporgenza e
ferendosi ad un ginocchio. Lo zaino di scorta,
legato in fondo alla seconda corda, che era
assicurata al chiodo spezzato, si lasciò
trasportare dal gelido ciclone, come un aquilone in
balia delle correnti. La spinta del vento
strappò anche un secondo chiodo e poi un
terzo. Leonard capì che il peso delle corde
e dello zaino, risucchiati dalla tormenta, legati
in quel momento ai moschettoni della sua sola
imbracatura e non più fissati alla montagna,
lo avrebbero a sua volta strappato dalla roccia.
L'urlo dell'aria divenne insopportabile. Gli
occhiali da roccia erano colpiti con ferocia da
aghi appuntiti mentre la tempesta, infuriando,
diventava solida e si abbatteva con violenza
sull'alpinista colto di sorpresa. Le corde si
contorcevano impazzite tirando sull'ultimo chiodo e
sulle mani di Leonard. L'uomo gridò,
cercando di trattenere il peso che voleva
strapparlo dal suo appiglio. Con una mano era
aggrappato alla roccia, mentre con l'altra tentava
di domare la forza inaudita che si ripercuoteva
sulle corde e che lo univano alla morte. Fu
l'istinto, che lo fece agire. Abbandonò la
presa e, con un gesto rapido quanto preciso,
estrasse il coltello legato con un cordino colorato
alla tasca della giacca. In una frazione di secondo
tagliò le corde di sicurezza che finalmente
volteggiarono libere, prima in basso e poi in alto,
fino a perdersi senza eco. Per salvarsi aveva
reciso ogni possibilità di proseguire.
All'improvviso si sentì come un animale
indifeso alla mercé degli eventi. Senza
corde non poteva più avere nessun aiuto,
nulla su cui contare per salire e tanto meno per
scendere, naufragato in una tormenta che lo
percuoteva senza tregua. Allo strenuo delle forze,
aggrappato alla roccia nera, voleva vivere,
finché avrebbe resistito. Mai si
sentì così legato alla vita e al
terrore di perderla.
-
- ***
-
- "I
chiodi sono leggeri, al titanio, e tengono un
carico enorme." Il negoziante era eccitato,
dall'alto della sua convinzione assoluta di
conoscere le caratteristiche tecniche
dell'attrezzatura che vendeva. "Indubbiamente...
ma è una lega nuova..." Gli rispose
Amedeo dubbioso. "Questo è il massimo che
oggi esiste in fatto di chiodi da roccia..."
Disse con enfasi il venditore. "Va bene
così... Ne prendo 100 di quelli corti e 50
di lunghi." Tagliò corto Leonard,
soppesando il campione che aveva nelle mani. Un
vuoto improvviso lo spaventò facendolo
trasalire. Amedeo se n'accorse. "Che c'è
... Sei sicuro di prenderli?" "Sì,
sì..." Dopo alcuni secondi, Leonard
proseguì. "Non bisogna ascoltare i
presagi, altrimenti si rischia di non andare da
nessuna parte." Amedeo lo guardò e
istintivamente socchiuse gli occhi, quasi per
cercare di capire se, le sensazioni dell'amico,
erano le stesse che lui stava provando.
-
- ***
-
- La
tormenta pareva non finire mai. L'alpinista, ormai
sfinito, sentiva il freddo penetrargli nella pelle
da ogni direzione. Il sudore gli si gelava addosso
facendolo rabbrividire convulsamente. "Non
può essere la fine. Non qui, a così
poco dalla vetta." La sua incredibile forza di
volontà si ribellò, facendo affiorare
l'ultima debole energia rimasta. Leonard,
appiattito sulla parete, cercò di diventare
un unico corpo con la montagna. Si strinse a lei
con le dita, con i piedi, con i denti e con la sua
tenacia. A qualsiasi costo doveva vivere. Quando
riaprì gli occhi, dopo un tempo
interminabile, come in un miracolo, tutto era
cessato. La parete era diventata completamente
bianca, il cielo inspiegabilmente esisteva ancora e
la luce del giorno lo colpiva cercando di
scaldarlo. "Perché mi hai fatto
questo?". Disse piano, con il fiato spezzato,
rivolto alla roccia. La montagna non rispose. Un
lungo silenzio irreale rinchiuse il cielo e tutto
divenne immobile. Leonard tremava vistosamente ma
non si mosse, non riusciva a comandare nessun
muscolo. "È la mia vita che vuoi? Era
solo questo che volevi da me?". Stava
piangendo. Disperate, le lacrime si gelavano al
contatto con il metallo degli occhiali. "Ho
voluto essere qui con tutto me stesso... Ci
credevo... Perché?... Perché?".
L'universo, muto, osservava l'uomo, oramai al
limite della resistenza, incapace di qualsiasi
cosa. Leonard terrorizzato si sentì
sprofondare in uno stato liquido, come se stesse
galleggiando. "L'ebbrezza dell'alta
quota...". Pensò, stordito dalla
confusione, che il panico, ferocemente gli
trasmetteva. "Forse è così che
dovevo morire, ubriaco di montagna... Forse non mi
accorgerò nemmeno di andarmene...". Un
pensiero tremendo lo pervase. Un ultimo volo,
irripetibile, fino alla conclusione della sua
esistenza. Fino ai piedi della montagna. Si sarebbe
disintegrato contro le rocce e, una volta
ritrovato, nessuno avrebbe mai saputo se fosse
riuscito a conquistare il "diavolo". Di
fronte a quell'immagine, i polmoni di Leonard
iniziarono ad accelerare il respiro. Non poteva
rinunciare, non era giusto. Doveva arrivare fino in
fondo, fino alla cima, a conquistare il suo sogno e
lo scopo della sua esistenza. Incapace di muoversi,
caparbiamente tratteneva la sua fragilità.
Senza le corde di sicurezza, con la semplice
imbracatura e le sue sole mani, non aveva
possibilità. "Devo andare avanti,
ancora...". Continuò a ripetersi ma le
sue dita non reagirono. Avrebbe potuto provare a
scendere, ma per quanto? Con le poche cose che gli
rimanevano, tornare era ancora più
pericoloso che salire. Senza dubbio, se fosse
disceso, sarebbe scivolato nelle braccia della
morte. Non c'era più nulla che poteva fare.
Aspettare impotente la fine, restando vivo
più a lungo possibile o salire sino al suo
epilogo. Provò a pregare ma non
riuscì a sentire la sua voce e, Dio, lo
avrebbe solamente guardato mentre precipitava. Si
guardò intorno, osservò la montagna,
il cielo, la neve e si vide disperato e
solo.
-
- ***
-
- La
sera giunse con una rapidità inverosimile.
La luce poco a poco se n'andò, trascinando
sulla parete lunghe ombre minacciose. Leonard
riuscì faticosamente a concentrare tutte le
forze che gli rimanevano e, con un disperato
tentativo, si spostò, raggiungendo un
piccolo incavo della roccia. Saldò il piede
in una fessura e, appoggiando il peso del suo corpo
alle forme della montagna, con uno sforzo sovrumano
conficcò l'ultimo chiodo che gli era
rimasto. Con pochi gesti esperti, si legò
alla presa, appendendosi con l'imbracatura a
quell'ultimo flebile bagliore di speranza. I suoi
muscoli si rilassarono, abbandonandosi allo
sgomento. Sarebbe morto assiderato, in un tutt'uno
con il "diavolo", lassù, in quella
parete maledetta dove nessuno lo avrebbe mai
più ritrovato. La calma irreale della
rassegnazione lo pervase, sostituendosi alla
disperazione. La poca razionalità rimasta lo
trascinò nella consapevolezza che non
avrebbe vissuto ancora per molto. La lotta per la
sopravvivenza contro la tormenta, lo avevano
lasciato senza più risorse. Cercò di
riflettere ma la mente si rifiutò di
concentrarsi, conscia del suo stato. Il buio
lasciò il posto al chiarore della notte,
illuminata da una luna limpidissima. Sembrava
possibile scorgere i sui crateri desolati. Con la
testa reclinata al cielo, Leonard si
abbandonò all'universo, incapace di
ragionare e di reagire. La spossatezza prese infine
il sopravvento sul terrore. Le corde
dell'imbracatura segnavano la carne del suo corpo,
sospeso e legato ad un chiodo al titanio. L'uomo
sapeva che, se si fosse addormentato, non si
sarebbe più risvegliato. Lottò quanto
poté contro lo sfinimento e la paura,
finché i suoi occhi si chiusero pian piano.
Non si arrese ma stava sprofondando nell'ignoto,
senza possibilità di ritorno. Vide le luci
colorate del luna park, giù in città,
dove andava da giovane in bicicletta.
Immaginò ancora il mondo come un'avventura
da giocare. Si tuffò nell'acqua del
torrente, sentendo il freddo pungergli le ossa,
coagulandogli il sangue. Nello stato comatoso,
rivide i visi che riempirono la sua esistenza.
Capì chi era realmente e cosa amava davvero.
Sentì il suo essere come un tutt'uno con il
cosmo, abbracciato e in sintonia con esso. Una pace
assoluta colmò il suo cuore e, Leonard,
comprese che stava morendo.
-
- ***
-
- La
pioggia cadeva tiepida sul suo viso ed era
piacevole lasciarsi bagnare dalle gocce d'acqua.
Avvertì il profumo dei fiori di tè e
istintivamente aprì la bocca per dissetarsi.
Lentamente Leonard emerse dal lago ghiacciato e con
grande fatica riaprì piano gli occhi alla
vita. Davanti a lui c'era Amedeo. L'amico era
intento a riattivargli la circolazione sanguigna e
ad intervalli regolari lo faceva bere. Si
lasciò massaggiare impotente, come i
neonati, in grado solo di guardare i genitori che
li accudiscono. Amedeo incrociò i suoi
occhi, si fermò un istante e, senza dire
nulla, continuò a spostarsi sulla parete
come un ragno appeso alla sua tela. Il sole era
caldissimo e la luce accecante sommergeva qualsiasi
cosa. Leonard guardò l'amico incapace di
distinguere la realtà dal miraggio. Ogni
particolare sfumava in un alone irreale.
Sentì la puntura di un ago, poi richiuse gli
occhi e, questa volta, non sognò. "Il
tempo non ha dimensione... I minuti e gli anni si
confondono, quando conosciamo l'essenza della vita
e tutto è il nulla." Vagheggiò,
quando, poco più tardi, si risvegliò.
I lineamenti di Amedeo ora erano nitidi. La
stanchezza e la tensione erano scolpite sul suo
volto irrigidito. Si guardarono ancora. Nessun
suono di parole colpì l'aria ma l'abbraccio
dei due uomini era l'abbraccio della vita. Leonard
non si stupì, quando si rese conto che era
legato, non più ad un solo chiodo ma diversi
altri punti saldi nella roccia assicuravano i due
uomini alla montagna. Rimasero così, legati
vicini sulla parete a strapiombo. Una forza nuova
s'impossessò dello scalatore. L'uomo chiuse
le mani e, poco alla volta, riprese l'uso delle
dita. Provò a muoversi e si accorse di
farcela. Con difficoltà i suoi muscoli si
contrassero, rimettendosi obbedienti al volere
della mente. Gli occhi di Amedeo erano fissi su
quelli dell'amico e, in silenzio, gli spiegò
senza illusioni la loro disperata situazione.
Leonard si sentiva stordito, immerso in un incubo.
Fissò quell'incosciente del suo compagno di
scalata, disposto a rinunciare alla propria
esistenza pur di salvarlo. Aveva capito che Amedeo
non era riuscito a rimanere fermo ad aspettarlo al
campo base e lo aveva seguito fin dall'inizio,
perché il suo amico sapeva perfettamente,
che nessuno avrebbe mai potuto conquistare quella
vetta maledetta da solo.
-
- ***
-
- Il
tempo si era annullato definitivamente.
Semplicemente, non esisteva più. Erano solo
loro e il "diavolo". Nel silenzio eterno
della montagna Amedeo finalmente riuscì a
parlare, sussurrando piano: "Forza andiamo,
siamo quasi arrivati."
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