- Colpisci
le stelle
-
- Niente sarebbe
più stato come prima.
- Mai più
avrebbero passeggiato in piena notte per le stradine
del paese addormentato.
- Mai più
sarebbero tornati a casa sfiniti dopo aver ingerito
montagne di patatine ricoperte di maionese e
ketchup.
- Mai più lei
avrebbe sentito bussare alla porta della sua stanza
con tre colpetti, segno che il caffè forte che
lui da sempre le preparava era pronto.
- Mai
più.
- Sedeva in riva al
lago. Le stelle illuminavano la notte e si
riflettevano nell'acqua immobile e scura.
- Sedeva lì,
ma non lo sapeva.
- Fredde lacrime
scorrevano lungo le sue guance pallide ed eteree, ma
non se ne accorgeva. Sedeva lì con i lunghi
capelli sciolti, immobili e scuri.
- Il caldo umido
della notte inzuppava il vestitino di cotone bianco,
ma lei non lo avvertiva.
- Sentiva il gelo
dentro.
- "E' morto". Questo
ripeteva in continuazione da ore.
- Era fuggita da casa
lasciando gli altri al loro dolore, risentita,
infuriata, perché quello non era vero dolore.
Il suo lo era e lo sarebbe stato per sempre, si
sarebbe portata dentro quel gelo per tutta la vita e
per l'eternità. La sua anima avrebbe vagato
piangente per l'eternità.
- Non credeva che
esistesse un luogo in cui le anime si potessero
ritrovare dopo la morte del corpo. Non ci credeva, e
ciò non faceva che aumentare l'angoscia
profonda , senza fine, il tormento insaziabile della
sua anima.
- Nemmeno la morte
l'avrebbe consolata.
- Né vivere
né morire la interessavano
più.
- Immobile ascoltava
in sé la voce di lui. Lo sentiva ridere,
parlare al telefono ed accordarsi per uscire. Lo
sentiva gridare da un lato all'altro della casa
"Prendo la tua macchina! Farò tardi, non
preoccuparti".
- Malediva quella
voce mentre ancora una volta riviveva la
scena.
- Si rivedeva stesa
sul letto, il Walkman nelle orecchie. Ma non
ascoltava. Mandava in continuazione la cassetta avanti
ed indietro, presa da una strana frenesia, da
un'inquietudine data da un presentimento che si
ostinava a negare.
- Sentiva il cuore
accelerare i battiti e le lacrime scivolare sul viso
senza nessun apparente motivo.
- Sentiva il din don
ovattato del campanello suonare.
- Tolse il Walkman
dalle orecchie, ma non lo spense. Ascoltò il
ronzio del nastro che girava. Si alzò e rimase
dritta al centro della stanza senza muovere un solo
muscolo, gli occhi spalancati, le palpebre
cristallizzate, la gola arida. I lunghi capelli
sciolti, immobili e scuri.
- Sentiva voci prima
concitate poi disperate venire dal piano di sotto.
- Sentiva qualcuno
salire a grandi passi le scale ed aprire la porta
della sua stanza.
- Sentiva una voce
incredula dire "E' morto...è
morto".
- Sentiva la stessa
voce mormorare che non era possibile, che sicuramente
si erano sbagliati. Guardava il volto e le labbra da
cui usciva quella voce e vide suo padre, sconvolto,
annientato.
-
- Ma lei sapeva, lo
sapeva che non si erano sbagliati, lo avvertiva nel
suo cuore, nella sua anima, percepiva la morte
scorrere con il suo sangue.
- Restò
immobile con il Walkman tra le mani per un tempo
infinito, dritta in piedi al centro della stanza, la
pelle eterea, quasi trasparente, gli occhi spenti, i
lunghi capelli sciolti, immobili e scuri.
- Poi scese le
scale.
- Sentiva i suoi
genitori, le loro voci lontane ed estranee, le loro
mani che la cercavano.
- Tutto era ovattato,
sfuocato e sbiadito.
- Non seppe mai dire
quanto tempo passò seduta al tavolo della
cucina con le mani appoggiate sulle
ginocchia.
- La casa era invasa
da un continuo via vai di amici, parenti e conoscenti.
Tutti le si avvicinavano, con le lacrime agli occhi
mormoravano parole che lei non udiva. Non sollevava lo
sguardo verso nessuno.
- Fissava la porta
dell'ingresso aperta, come se qualcuno dovesse sempre
entrare...o uscire...
- Si alzò ed
uscì. Forse nessuno se ne accorse.
- Camminò fino
al lago immobile e scuro e lì nel buio si
sedette, il vestitino bianco, i lunghi capelli
sciolti, immobili e scuri.
- Con le orecchie di
qualcun altro udì dei passi e con gli occhi di
qualcun altro vide avvicinarsi un'ombra nella
notte.
- Sedette in silenzio
accanto a lei, la guardò con i suoi occhi neri
e lucidi.
- Lei disse: "Niente
sarà più come prima, né la vita
né la morte...niente ha più importanza
ora".
-
- Lui non rispose,
continuò ad osservarla, bella, eterea,
trasparente con i lunghi capelli sciolti, immobili e
scuri. Improvvisamente si alzò, prese un
sassolino e lo lanciò. I capelli argentei che
riflettevano la luce delle stelle.
- "Colpisci le
stelle" disse.
- Lei udì
quelle parole con le sue orecchie e lo guardò
con i suoi occhi.
- "Le stelle non si
possono colpire...sono irraggiungibili".
- Lui continuò
a fissare il cielo, allora lei si avvicinò e
posò la mano delicata sulla sua
spalla.
- "Nonno..."
- "Colpisci le
stelle, bambina" e le mise un sassolino tra le mani
gelate.
- Rimasero lì
in silenzio, lui fissava il cielo, lei stringeva tra
le mani il sassolino.
- Rimasero lì
a lungo, immobili e vicini.
- Poi lei si
alzò e scagliò verso il cielo il
sassolino. Non lo sentirono ricadere nell'acqua
né videro i cerchi formarsi sulla superficie
del lago.
- Rimasero lì
a lungo, lei con i lunghi capelli sciolti, immobili e
scuri, lui con i capelli argentei e gli occhi
scintillanti.
- Lei con il volto di
suo fratello negli occhi, lui con il volto che
rifletteva il dolore di lei.
- Rimasero lì
e videro spegnersi le stelle, percepirono
l'intensità del buio che li avvolgeva, li
circondava e penetrava il loro essere.
- Il lago era
immobile e sempre più scuro.
-
- Sedeva con il volto
che spiccava candido nel buio, i lunghi capelli
sciolti, immobili e sempre più
scuri.
- Sentì la
voce di suo nonno bucare il buio.
- "Hai colpito le
stelle, si sono spente".
- Rimasero ancora
lì con i vestiti appiccicati ai loro corpi,
vicini, senza toccarsi.
- "Ora devi solo
riaccenderle".
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