Autori contemporanei
affermati, emergenti ed esordienti

Serena Pisaneschi
Con questo racconto ha vinto il terzo premio ex aequo al concorso
Fonopoli - Parole in movimento 2003, sezione narrativa

Esistere e credere
 
Dicono che fosse una donna molto bella, dotata di gran fascino e brillante intelligenza, e che, al posto degli occhi, avesse due zaffiri di leggendario splendore, la chiamavano 'la baronessa' per l'altezzosità dei modi e l'eleganza raffinata, mai eccessiva, che sapeva esibire in ogni occasione. Ha fatto girare la testa a molti giovani, ai suoi tempi, e infranto molti cuori rifiutando più proposte di matrimonio, alcune per ripicca ed altre per noia; la corteggiavano in così tanti pretendenti che poteva permettersi di giocare con loro come più le piaceva. Viveva nel quartiere più ricco di tutta la città, la sua famiglia possedeva una casa meravigliosa, immersa nel verde e nella quiete e circondata da decine di metri quadri di natura incontaminata. i loro ricevimenti erano i più belli, sempre sulla bocca di tutti, invidiosi e benpensanti; era un evento parteciparvi, un onore che molti si auguravano, prima o poi. Dicono che avessero almeno tre giardinieri e decine di persone al loro servizio e che cambiassero continuamente l'arredamento di questa o quella stanza; la signora, poi, aveva una passione sfrenata per i gioielli, ne possedeva di mille tipi e dimensioni, sfoggiandone il maggior numero possibile appena le si presentava l'opportunità. Pensandoci bene, tutto quello spazio era un enorme spreco, considerato che veniva occupato solo da quattro persone: padre, madre, figlio e figlia. Il ragazzo era il vanto dei propri genitori, stava diventando un brillantissimo uomo d'affari; in verità, spesso, era lui a consigliare buoni investimenti per mantenere il tenore e lo stile di vita a cui i suoi erano abituati da sempre, suo padre non era mai stato un grande esperto di finanza. La figlia minore, dal canto suo, si limitava a farsi viziare dai regali della madre, sfruttando il più possibile quella popolarità che la rendeva oggetto d'invidia per le coetanee. Eppure, al contrario di quello che si potrebbe pensare, non era affatto una sciocca. Alla scuola privata, alla quale il padre aveva voluto iscriverla più per etichetta che per altro, era una delle studentesse più meritevoli, dimostrando una sagace intelligenza e una naturale predisposizione per le materie letterarie. Dicono che fosse davvero una ragazza di buon cuore e che, una volta passata la fase giovanile delle frivolezze e della superficialità, intendesse occuparsi, seriamente ed a tempo pieno, dei più bisognosi. Continuarono a chiamarla 'la baronessa' ma, col tempo, quel vezzeggiativo mutò d'intenzione, l'eleganza era la solita ma l'altezzosità aveva lasciato il posto alla bontà pura. Erano davvero una bela famiglia, unita ed ammirata da tutti, poi, però, ci fu l'incidente e ogni cosa andò a rotoli. Il padre continuava a sprecare il proprio patrimonio in pessimi affari, riducendo presto sul lastrico quello che restava della propria famiglia, la madre passava le sue giornate a piangere aggrappata al ricordo di un figlio scomparso troppo prematuramente, mentre lei perse completamente la fiducia in tutto ciò che c'era di buono al mondo, rinnegando un Dio che le aveva strappato il cuore dal petto per darlo in pasto alla ferocia del dolore. Tutto cambiò nel giro di pochi mesi, lo splendore di un tempo venne oscurato dall'ombra della miseria e quegli sguardi, che prima ospitavano tanta ammirazione e smisurata gelosia, furono solo capaci di piangere pietà. Questo e quello che dicono coloro che c'erano, fatto sta che le storie, spesso, divengono leggende di generazione in generazione.
Dall'altra parte del marciapiede, una donna stava seduta mendicando qualche spicciolo a chi avesse la decenza di gettarle un'occhiata volutamente distratta, era impossibile stabilire la sua età, per quanti anni avesse ne dimostrava sicuramente di più. La trascuratezza di un aspetto trasandato e sporco la rendeva quasi inavvicinabile, indossava i panni e l'aspetto dell'abitante della strada, di uno dei cittadini di quell'oblio chiamato povertà; un cane le dormiva vicino, era vecchio e stanco ma sembrava ben nutrito. Lei l'accarezzava delicatamente mentre vecchi stracci rattoppati coprivano una magrezza sicuramente insana, i lunghi capelli bianchi, nascosti sotto un manto di polvere, le circondavano il viso con ciuffi disordinati e ribelli; la sporcizia, appiccicata a quel volto spento e rassegnato, mascherava un pallore quasi regale, un candore che, un tempo, forse, aveva costituito una grande attrattiva. Al grigiore di quella figura erano stati risparmiati solo due occhi di un celeste quasi accecante, due stelle, due gioielli di rara bellezza. Erano occhi che, sicuramente, avevano dovuto affrontare dolore e sofferenza, occhi stanchi e affamati di considerazione che non chiedevano altro che un po' di umanità. Avrebbero potuto raccontare mille storie, una per ogni difficoltà che avevano dovuto affrontare, una per ogni lacrima che avevano pianto; erano passati attraverso decadimento e umiliazione, decine d'inverni e incessanti caldi estivi. Si erano chiusi sotto ponti o capanni abbandonati per regalare un riposo breve e meritato, ed erano stati ugualmente allerta durante quello stesso riposo; si diventa la persona più ricca del mondo anche a non possedere niente, se la persona che ti vuole derubare possiede ancora di meno. Una coperta è un tesoro inestimabile così come un paio di scarpe pur strette che siano, per questo aveva scelto come compagno di vita un cane. Lo nutriva sempre e per primo, perché non avesse tanta fame da poterle fare male e perché fosse in forma per difenderla da chiunque si avvicinasse; comprava la sua lealtà con un tozzo di pane e il suo affetto con altro affetto ricambiato, era un amico fedele, l'unico che la guardasse con occhi veri e non velati di compassione. Il loro era un tacito sodalizio, avevano bisogno l'uno dell'altra e così, di comune accordo, continuavano a sopravvivere giorno dopo giorno. 'La baronessa' aveva conosciuto immense ricchezze, fasti e privilegi di ogni tipo, poi aveva perso tutto per l'ingiustizia di una casualità, il dolore era stato l'assassino della sua speranza. Aveva dimenticato fortune e comodità, la sua bellezza era appassita come un fiore che non viene annaffiato mai. L'integrità sola le era rimasta, quella di lei come persona, come individuo; la dignità non può essere sconfitta né dal dolore né dalla povertà. Essere è esistere, non avere. Lei 'era' anche se non possedeva niente, era tutto per il suo cane, era l'esempio da non seguire per molti ed un viaggio a ritroso nel tempo per altri. Era una leggenda per alcuni, un sentito dire, un passato difficilmente accettabile paragonato alla quotidianità di adesso. Lei ERA, punto e basta. Non aveva bisogno di altro per sopravvivere, un posto asciutto dove passare la notte e qualche centesimo per sé e per l'unico amico che avesse il mondo.
 
La donna posò la tazza sul piattino, gustando l'ultimo sorso di tè. Un silenzio dettato dall'incredulità aveva conquistato sia lei che le sue due amiche, aveva appena finito di raccontare loro una storia con la solennità e lo stupore di chi la sa lunga ma che, comunque e sempre, si meraviglia degli eventi appena descritti. Eppure era cresciuta ascoltandola, provando a dare fiducia ad un passato ricco di fatti vissuti dai narratori di quella vicenda. Guardando fuori dalla finestra del bar cercò conforto in una leggenda a cui chiedeva almeno un pizzico di concretezza, volgendo lo sguardo sul marciapiede di fronte si chiese se la sua sete di autenticità non fosse dettata dal bisogno di credere.
 
Passandole davanti per andare alla macchina non poté fare a meno di lanciarle uno sguardo. Si vergognò di averlo fatto appena si rese conto di aver espresso solo pietà e disappunto, in realtà quello che voleva trasmettere era solamente interesse. Ebbe appena il tempo di pentirsi che subito cercò il portafogli nella borsa, è così che fanno quasi tutti: rimediano alla vergogna pagando. Appoggiò, con una punta d'umiltà, alcune banconote vicino al cane che dormiva pacatamente. Una voce gentile e inaspettatamente dolce la ringraziò di cuore e due occhi, che possedevano la luminosità del cielo di giugno, le sorrisero con riconoscenza. La giovane donna rimase stupita, quasi incredula, alla vista di quella brillantezza e sorrise con soddisfazione allontanandosi da quella verità confermata, non aveva osato sperare tanto. Adesso una nuova certezza le risuonava nel petto: credere è semplicemente vedere.
 

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 Ins. 17-01-2004