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               Il
               miracolo vero Da
               molti anni Marcella era costretta sulla sedia a
               rotelle da una paralisi dei muscoli delle gambe, lei
               che aveva corso sulle piste degli stadi, bella,
               elastica, più veloce dei colombi che allo sparo
               dello starter partivano in volo davanti a
               lei.Ora
               Marcella era un fiore stroncato nel rigoglio d'una
               primavera gremita di sogni proprio sulla soglia d'una
               vita che sembrava promettergli gioia e
               salute.Per
               lei pregava Ruben, un ragazzo che l'aveva amata nei
               giorni della bellezza spensierata, delle vittorie,
               delle medaglie e ancora profondamente l'amava e molto
               pregava Consuelo, una giovane suora
               filippina.Pregavano
               con la disperante speranza che si abbatteva su di
               loro, ogni giorno senza che mai ci fosse il segno che
               la preghiera fosse in parte ascoltata."Perché
               è così difficile mantenere la passione
               per Dio? - chiedeva Ruben a Consuelo - molte volte mi
               sembra che Dio sia morto. E allora dov'è Dio
               nella vita, dov'è visibile, perché non
               muove un dito per Marcella? Eppure ho pregato tanto,
               suora Consuelo, da anni!"Passò
               ancora del tempo e Ruben continuò a pregare e
               ad offrire azioni buone per la guarigione di Marcella,
               ma pure talvolta a imprecare: "Dove sei, Dio, nella
               mia vita, nella vita di Marcella?"Viaggio
               molto, più per allontanarsi da una condizione
               che non sapeva accettare che per vedere e conoscere
               paesi nuovi. Volle assaporare il miele delle contrade
               esotiche; il fascino sontuoso dell'Oriente gli apparve
               un paesaggio intenso dell'anima prima ancora che un
               luogo. In India si mescolò ai formicai umani di
               Bombay e di Calcutta, si immerse nello splendore dei
               templi e nel rito mistico delle abluzioni nel Gange a
               Benares. Ma toccò con mano anche la desolata
               rassegnazione dei miseri, una condizione di vita
               minima che mai prima aveva conosciuto.Una
               notte, lontano dalle megalopoli sostò sotto un
               cielo che brulicava di stelle e lì
               respirò il fondo della spiritualità
               indiana. Guardò l'universo, anzi lo seppe
               immaginare oltre quello che la sua vista poteva
               percepire e gli apparve una macchia nerastra che
               oltrepassava continuamente il suo bordo e dentro
               questa, che poteva essere una nube o una palude, un
               rigurgito insostenibile di pianeti, soli, nubi
               stellari, schiume di galassie che formavano firmamenti
               sperduti.A
               quello sgomento seppe allora associare solamente la
               consapevolezza del dolore infinito che tutto quello
               poteva significare per l'uomo della Terra e non era la
               presenza alla mente di un dolore particolare come il
               suo per la malattia di Marcella, non il ricordo di
               eventi storici atroci, era piuttosto la
               capacità terribile di conoscere visceralmente
               il senso puro del mistero più grande che abbai
               esistenza nell'universo, quello del
               dolore.Scrisse
               a Consuelo che aveva provato il nirvana, ma un nirvana
               alla rovescia.Cristiano
               qual era, ripensando molte volte a quella notte,
               s'avvide che la sua religione sapeva come nessun'altra
               dissodare questa landa immensa di dolore; respirare
               quell'alito amaro e capovolgerlo non in un nirvana
               spersonalizzante ma in un impegno personale di
               carità.Tornò
               alla opulenta e scettica sua Europa per impegnarsi in
               opere alacri di volontariato e riprese a sperare per
               Marcella e s'accorse che una minima grazia già
               avveniva: quella che lui ci credesse e che lei
               accettasse la sua speranza.Marcella
               intanto si faceva più bella nei tratti del
               viso, bella di quel fascino disteso e radioso che
               hanno coloro che vivono paralizzati. Un dono gli
               appariva, un "compenso" come lo chiamava quando si
               sentiva povero di spirito.Un
               giorno Marcella gli chiese se volesse accompagnarla a
               Lourdes."Là
               potresti vivere il mistero del dolore dei poveracci di
               tutto il mondo, tu che lo hai conosciuto quella volta
               in India; sei maturo per un'esperienza del genere,
               particolarissima. Non andarci però per chiedere
               a tutti i costi il miracolo, non devi portarti nella
               valigia questa esigenza. Non avrai da esigere
               nulla".A
               Lourdes, nella marea di malati, di sofferenti, di
               paralitici, Ruben scorse la carrozzella di una giovane
               malata che veniva assistita da una deforme mongoloide
               vestita con la divisa dell'Unitalsi.Rimase
               folgorato alla vista di quell'esistenza condannata
               dalla natura matrigna che era capace di uscire dalla
               sua cornice di pochezza e di strazio per donare quel
               poco che aveva a un'altra esistenza più
               negletta e dolorante.Comprese
               che cosa mai fosse la carità, quella che come
               volontario aveva imparato a chiamare soltanto
               solidarietà e in quell'istante che si dilatava
               capì che le sue cure, le premure per Marcella,
               le sue preghiere e le opere che lui credeva "buone"
               erano a quel confronto solo una parvenza.Si
               sentì svuotato e rimase rigido come se una
               paralisi interiore lo avesse
               avvinghiato...Nella
               lunga fila di barelle e carrozzine schierate davanti
               al Santuario Marcella gli faceva segno, strani segni,
               balbettando mezze parole, frasi strozzate
               dall'emozione: "Sento le gambe, Ruben! Ruben hai
               capito? Posso quasi distenderle... Le muovo, le
               muovo!" "Perché,
               Consuelo, sono passati anni da quando Marcella si
               paralizzò? Se Dio l'aveva destinata alla
               guarigione completa perché ha atteso poi
               tanto?""Bisognava
               che Egli attendesse qualcosa, o meglio qualcuno,
               Ruben"."Qualcuno?
               Chi mai, Consuelo?""Nulla
               avviene per caso al mondo - riprese Consuelo - ricordi
               Ruben quando mi raccontasti di quei pioppi che vedevi
               muoversi nel vento del meriggio? Ciascuno, mi dicevi,
               sembrava accordare il suo piegarsi al piegarsi degli
               altri. Mi raccontasti che nel loro movimento lento e
               uniforme ti sembrava ci fosse l'armonia di una danza
               ben coordinata; E quel faggio gigantesco, mi dicevi,
               che diffondeva attorno i suoi rami? Ti era chiaro che
               ogni ramo, ogni foglia anzi partecipava al moto degli
               altri rami e che anzi tutto il bosco era pervaso da un
               unico movimento concorde.Tutto
               s'accorda al tutto, Ruben."E
               Ruben che aveva ascoltato in profondo silenzio: "Tu
               parli per metafore, sorella, così mentre mi
               rispondi sembri allontanarti dalla risposta che mi
               punge dentro."Sul
               volto bruno e composto della suora spiccavano occhi
               luminosi nei quali avresti potuto cogliere lampi di
               viva intelligenza; ella abbassò per qualche
               istante lo sguardo verso le mani che teneva congiunte
               in grembo come per dare più forza e misura al
               suo pensiero; poi disse: "È vero, fratello, che
               ho parlato per segni e metafore, ma la parabola, il
               segno sanno indicare assai apertamente quelle cose che
               la logica, la ragione, la scienza spiegano e
               lungamente dimostrano, ma poi lasciano
               freddi.C'è
               una sottile e forse poco visibile intesa fra le cose -
               continuava con la misura di chi vuole indurre a
               riflettere - e nulla accade come cosa sé
               stante, come un caso isolato che come tale non avrebbe
               senso. Il mondo è pieno di senso -
               scandì con un tono leggermente più forte
               - lo sa chi ti parla perché lo ha scoperto
               nella sua sofferta esperienza di missionaria. Questo
               legame universale che ci ostiniamo a negare da una
               trama, un ordito alla nostra esistenza; ci sembra di
               consumare la vita percorrendo soltanto il nostro
               sentiero e invece tanti sentieri si intrecciano, ma
               l'ordito ci appare confuso come il rovescio di un
               tappeto; ma quanto ordinato e ben disegnato
               apparirebbe se lo guardassimo dal verso giusto".
               Alzò il viso e guardò Ruben diritto
               negli occhi: "Dio attendeva non perché Marcella
               soffrisse necessariamente, ma perché attendeva
               te e nell'attesa Egli soffriva. Attendeva quando
               smettesti di pregare, quando ti desti a una vita poco
               morale, quando viaggiasti. Attese quella tua notte in
               India e ascoltò le parole dei bramini e dei
               santoni coi quali ti intrattenevi e quelle parole
               stavano preparando quello che poi ti sarebbe
               accaduto.Nessun
               miracolo, fratello, avviene senza un altro
               miracolo.Tra
               quello donato a Marcella e quello donato a te, il
               più bello, ti sembrerà strano che io lo
               dica, ma lo dico con fede consapevole, Ruben, è
               quello tuo!Miracolo,
               suggestione, scoperta di forze nascoste che
               possediamo? Sai, anche io spesso me lo chiedo.
               Comunque non è facile catturare le energie
               dell'amore che dallo Spirito si effondono nel cosmo.
               Questo fuoco vivo tu lo hai catturato, è
               passato in te e da te e da me a Marcella. Vedi?
               È come se voi aveste scoperto per la prima
               volta il fuoco".E
               lo diceva con un tono di sicurezza discreta e
               tranquilla, come fosse cosa di poco momento, senza che
               il suo sguardo si esaltasse. |