Testi dei vincitori del concorso
Il Club dei poeti 1998
Sabrina Curto

5° Classificato

Due treni diversi

 
Stava uscendo dalla porta, quando un vocina alle sue spalle la bloccò. "Dove vai?". I piedini nudi sul pavimento, il pigiamino azzurro e gli occhi ancora chiusi: "Dove vai mamma?" incalzò il piccolo.
La donna non poté più evitare di voltarsi completamente verso suo figlio e cercare di spiegare: "La mamma deve partire per un viaggio. Ora tu torni a nanna e quando ti sveglierai,, sarò già rientrata!"
"Vengo con te!", ancora assonnato, il bimbo insisteva a non muoversi.
"Non è un posto per bambini dove vado", la voce della donna manteneva un tono basso, ma non riusciva a nascondere una profonda tristezza. "Ti accompagno al tuo lettino" propose infine spingendo il bimbo verso la sua camera.
Aspettò che il figlioletto saltasse sul letto, gli aggiustò le coperte e lo baciò sulla fronte: "Dormo ora".
"Buona notte" rispose il bambino con una voce addormentata. La donna provò a chiudere delicatamente la porta della stanzetta, ma ancora sentì il bimbo parlare: "Allora torni presto?", "Certo, rispose lei tra la porta e il battente, molto presto". Riprese la borsa che aveva lasciato per terra e chiuse a chiave la porta d'ingresso.
 
Suonarono alla porta. Lui andò ad aprire, con molta calma.
La madre era lì, ben vestita e con una borsa da viaggio in mano.
"Ciao, la salutò, sei tu?"
"Sì, sono io, rispose la madre, posso entrare?". Lui si spostò di lato e la lasciò passare, conosceva la strada. Si fermarono nell'ingresso. La donna posò la borsa in terra: "Ti trovo bene", disse, cercando di avviare la discussione.
"Anche tu stai bene" rispose il figlio.
Si fece silenzio intorno a loro, un silenzio pesante che prese possesso di tutta la casa. Finché non provarono a parlare, contemporaneamente. La madre sorrise, per scusa, e fu il figlio a primeggiare con la sua domanda: "Non avevi detto che saresti tornata presto?". Lo aspettavano entrambi questo momento.
La donna si era preparata discorsi e scuse e giustificazioni, ma non riuscì proprio a dire nulla.
"Sei tornata o devi partire per un altro viaggio?" chiese il ragazzo guardando la sua borsa.
"Devo ripartire, rispose lei, ma non subito."
"Starai via anche questa volta dieci anni?"
La domanda rimbalzò tra le pareti, come una condanna, e rimase nella testa della donna, intrappolata.
"Se vorrai, potremo incontrarci e parlarci."
"Parlare del tuo viaggio?"
"Della mia vita e della tua."
"La mia vita è stata senza di te."
"Ma sei stato con tuo padre"
"Tu invece no."
"Se fossi rimasta, avrei finito per odiare anche te, e questo non lo volevo. Ho preferito lasciarti con lui, che aveva un buon lavoro, questa bella casa, aveva già un'altra madre pronta per amarti. Io non avevo niente da fare. Se ti portavo con me, che vita avevo da offrirti? E chi come padre?"
Il ragazzo non rispose.
Restarono senza guardarsi, uno di fronte all'altro, finché lei non riprese la sua borsa e disse: "La mia vita sarà sempre un viaggio. Non riesce a essere nient'altro".
"Anche la mia vita è stata un viaggio, mamma, anche se io sono rimasto fermo. Vedi, abbiamo viaggiato entrambi. Su due treni diversi."
"Il mio è stato un viaggio d'amore."
"Non riesco a capirlo", il ragazzo adesso stava piangendo.
"Se vorrai, un giorno riuscirai ad accettarlo anche tu."
La madre gli sollevò il mento: "Non continuare ad odiarmi. Quell'odio fa del male anche a te."
Gli diede un bacio sulla guancia e aprì la porta d'ingresso. Prima che si richiudesse, nuovamente, il ragazzo le disse: "Ci proverò, ma non so se ci riuscirò".
"Per me sarebbe sufficiente che tu ci abbia provato".
La porta si chiuse.
Sentii i suoi passi che scendevano per le scale.
 

 

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