Autori contemporanei
affermati, emergenti ed esordienti
racconto di Giuseppe Carnabuci
Con questo racconto si è classificatoottavo ex equo al concorso Marguerite Yourcenar 2001 sez. narrativa
- Alla stazione
- E quando ritorni, ti accorgi che senza di te tutto fila uguale col suo ritmo di sempre, che nessuno ha bisogno di te. Come se tu non fossi mai esistito. E non serviresti a niente come non sei valso a niente finora. E c'è anche chi non ti ricorda, chi neanche ti saluta, chi non ti chiede come stai e che fai, come se fossi partito estraneo e fossi tornato per sbaglio solo per aver dimenticato qualche valigia vuota.
- Vorresti arrabbiarti, imprecare, ma non sapresti con chi prendertela, cerchi con disperazione volti noti tra la gente, ma ti accorgi che la folla è anonima qui come a Milano, come a Parigi, come ovunque.
- ...La tua stanza è uguale a come l'avevi lasciata; gli stessi libri allineati nella scansia, con le stesse poesie che leggevi una volta, la stessa tua caricatura appesa alla parete di fronte alla porta; solo che nel tuo letto adesso ci dorme tuo fratello che studia medicina e a cui non importa minimamente delle tue poesie.
- Il tuo registratore è nell'armadio, con le vecchie canzoni incise sul nastro, che ora ti sembreranno avere un suono molto più lontano; nel cassetto, tra le tue fotografie, qualche amico di cui hai perso traccia e qualche ragazza che ora nemmeno si ricorderà di te e sarà sposata a qualcuno. Le lettere che ricevesti dalla tua ragazza strette in un elastico, tra ritagli di giornali ormai ingialliti, dei tuoi quaderni di cui a malapena riesci a capire qualche riga, e ti sembreranno parole astruse e prive di significato. Nella terrazza non ricorderai quanti fiori c'erano quando te ne sei andato...
- ...E tra i tuoi amici qualcuno s'è sposato e avrà figli cui badare e non vale la pena neanche di fargli una telefonata perché sicuramente avrà da fare e ti dirà che è molto occupato, o, nella migliore delle ipotesi, dopo essersi stereotipaticamente congratulato con te per il tuo ritorno, ti chiederà di farti vivo "uno di questi giorni"...
- ...Eppure, quando eri partito per la prima volta da Roma, pensavi che tutto sarebbe rimasto come lo avevi lasciato, e che una città valeva un'altra, né che si sarebbe spezzato irrimediabilmente il filo che ti legava ad una vita impercettibile che ti eri creata con la complicità sottilissima della tua memoria, prigione e quasi monopolio delle tue sensazioni, dei fili sparsi della tua umanità, della tua attenta e sbalordita ingenuità nello scoprire, volta a volta, poco a poco il mondo...
- Sotto la pensilina, i fischi delle locomotive si perdono nella notte fredda e nebbiosa, che sa di campagna.
- ...Il martellio continuo delle rotaie ti ripercuoterà a ritroso il cammino del cuore nel ricordare tutto il tuo passato, ora che stai tornando indietro nel tempo, con la velocità di un elettrotreno. E il già lento ed ora veloce snodarsi della memoria tra gli scompartimenti semivuoti del treno, non terrà conto della velocità del convoglio; né del fatto che tra circa otto ore sarai a Milano per la seconda volta ancora. E il treno, sai bene, completa solo un suo servizio e forse anche tu, dopo, non gliene sarai grato perché non ti renderà niente di quello che hai già perduto...
- ...La stazione è la stessa, quando con gli amici venivi a cercare le straniere che si dipanavano dai treni in arrivo e credevi in sempre più promettenti avventure da mille e una notte. È gremita come quando partisti con la tua valigia di fibra marrone, carica di libri, di calzini e di mutande nuove, con nella testa le ostinate raccomandazioni di tua madre (lavora, cerca di far bastare i soldi, scrivi, rispondi, telefona, torna a trovarci)...
- ...I pensieri scorrono ora fulminei, ora lenti, a seconda delle circostanze che li richiamano. E tuo padre non si vede, aveva detto che sarebbe venuto a salutarti... e mancano al massimo dieci minuti, per fortuna hai già fatto il biglietto...
- ...E tuo padre ancora non si vede, e mancano solo cinque minuti...
- ...E non hai adesso l'insonnia che ti tormentava quando t'accorgevi che il tempo passava e non riuscivi a combinare niente di positivo. E pensavi che ti erano saltati i nervi, e la notte, al buio, ti rigiravi tra le lenzuola sudato come un malato, e fissavi con occhi di cieco il nero delle pareti; morivi dal caldo. Ed accendevi la luce per fumare un'ennesima sigaretta...
- Finalmente, tra tanta gente ignota, un volto antico ed amico: tuo padre.
- E quel suo sorriso buono, stanco:
- "Hai fatto il biglietto?".
- Un cenno del capo.
- "Ti sei fermato solo tre giorni, tre giorni in cinque anni da che sei partito. E almeno hai fatto quello che dovevi fare all'Anagrafe? Quei tuoi certificati?".
- "Sì".
- "E sei andato a trovare i tuoi vecchi amici?".
- "Sì".
- "Quali, in particolare?".
- "Tutti" (...Non è vero, non sei andato da nessuno, sai che sarebbe stato lo stesso, che non avrebbe avuto senso cercare volti nel passato, ma è come se li avessi visti: dentro di te la logica della tua fantasia ha percorso la strada che forse, con meno pigrizia, avresti dovuto percorrere colla persona. Ed insomma è come se lo avessi fatto veramente, quasi che un inconscio senso telepatico avesse per te guidato le tue azioni...)
- "E hai visto Sergio?".
- "No, lui non c'era".
- "Peccato. Eravate tanto amici tu e Sergio...". (...E di chi non si era amici..., ma non dici niente).
- "Cerca di venire un po' più spesso, ci fa piacere, soprattutto per tua madre".
- (...Sai che forse non verrai più a Roma, lo senti quasi dentro di te, come per un oscuro presentimento, ma a che varrebbe farglielo capire? Pensi che sia più opportuno far credere di andartene colla speranza di tornare presto. Ci stai quasi per ripensare, forse è meglio dire la verità. Dire che non hai più motivo ormai di tornare nella tua vecchia città, che dopo appena cinque anni ti sembra di vedere per la prima volta, e dalla quale anche senti di non essere affatto riconosciuto. Stai quasi per parlare...).
- Ma il fischio del capostazione entra nei tuoi pensieri e li cancella tutt'ad un tratto. Sai solo che il treno sta per muoversi e, che tra nove ore, al massimo, sarai in un'altra città.
Classifica Concorso Marguerite Yourcenar 2001 sezione narrativa
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Ins. 30 novembre 2001