Autori contemporanei
affermati, emergenti ed esordienti
Racconto di
Italo Schirinzi

Con questo racconto si è classificato nono al concorso "Il Club dei Poeti" 2006

 
IL FIGLIO DI NESSUNO
 
 
 
"Non ho un padre, non ho una madre, non ho zii, cugini, nonni, non ho parente alcuno, sono il figlio di nessuno".
Così si presentò sul palcoscenico del dopolavoro ferroviario, Trovatello Diotallevi, un ragazzo poco più che ventenne, con la vocazione per il teatro. Aveva chiesto di partecipare al festival del "binario morto", che si svolgeva in un'unica serata, nel corso della quale si esibivano dilettanti in genere o aspiranti attori, cantanti, musicisti, comici, umoristi, cabarettisti, ecc..
Trovatello non sapeva cosa recitare perché nessuno aveva mai scritto un pezzo per lui, né egli si era sentito mai in grado di farlo, per cui decise di improvvisare qualcosa e di parlare di se stesso.
Il suo modo di presentarsi aveva suscitato una certa curiosità nella platea, perché non era apparso chiaro se scherzasse o se facesse sul serio.
"Mi chiamo, o meglio, mi chiamano Trovatello, perché così hanno deciso coloro che mi hanno... trovato. Mia madre, certamente un po' distratta, mi aveva, diciamo così, dimenticato... sugli scalini di una chiesa e poi, quando è ritornata, povera donna, non mi ci ha più trovato.
Se non ve l'avessi detto io che sono figlio di nessuno, mica lo avreste capito dal nome che io porto, vero? Non è facile. Trovatello... è come un marchio di garanzia, di origine controllata. Me lo hanno imposto, certamente con amore, quando hanno deciso di battezzarmi e non me lo sono più potuto levare di dosso. Me lo porto sempre appresso come un biglietto da visita, da esibire mio malgrado. Anzi, per paura che il solo nome potesse lasciare qualcuno ancora nel dubbio, ci hanno aggiunto un cognome dal significato inequivocabile: Diotallevi".
"Certamente, avranno pensato: se non hai un padre, non hai una madre, chi si potrà prendere cura di te? Dio-ti-allevi, tanto a Lui non costa niente, Lui è in cielo, in terra ed in ogni luogo e se ti alleva Lui non sei di peso nemmeno alla società. Perché, giustamente, la società reclama i suoi diritti, ha le sue esigenze, vuole sapere tutto dei suoi componenti, vita, morte e miracoli: chi è tuo padre, chi è tua madre, chi era tuo nonno e il tuo bisnonno e solo dopo ti ammette nel suo consesso, nella comunità".
"Io, figlio di nessuno, sono venuto a far parte di questo vostro mondo come un clandestino, indesiderato; sono anch'io insomma un extra-comunitario. Extra-comunitario universale, del mondo intero, per cui, se volessero adottare nei miei confronti un provvedimento di espulsione, mi dovrebbero mandare diritto all'altro mondo e restituirmi al mittente. Tanto se mi deve allevare Dio, forse è meglio che lo faccia in casa sua e non su questo mondo.
Io sono fortunato: non ho colpe da scontare, né debiti da pagare per conto di mio padre; sono nato come un fungo, io non ho un passato - e questo è un bene perché me lo posso inventare come piace a me - ma ho, purtroppo, un presente, che sarebbe meglio forse non avere.
Io non so cosa vuol dire essere rimproverato o essere lodato; io sono un uomo libero, nessuno mi ha mai detto: questa sera, per punizione, vai a letto senza cena. Non ce n'è mai stato bisogno, semplicemente perché non ho mai avuto un letto e senza cena ci sono sempre rimasto, normalmente e non per punizione. Io sono un uomo libero. Se sto bene o se sto male sono solo fatti miei...: non interessa a nessuno. Io sono stato sempre libero; libero di non mangiare, libero di camminare scalzo, libero di sentire freddo, libero di dormire per terra, all'aria aperta, senza che nessuno mi rompesse mai le scatole con le sue raccomandazioni o con i suoi amorevoli consigli.
Io sono un extra-comunitario ecologico: vado sempre a piedi, nudi, per non consumare la pavimentazione, non mangio, quindi non inquino, non ho l'automobile, non ho il telefonino, non fumo, non bevo, campo d'aria riciclata; io respiro quella che gli altri scartano dopo averla utilizzata. Per me non vale il motto: «a ciascuno il suo», io non sono un «ciascuno», io sono il figlio di nessuno".
"A me nessuno ha mai raccomandato di mettere la maglia pesante, forse perciò non ne ho mai indossata una né leggera né pesante. Nessuno mi ha mai rimboccato le coperte. Che fastidio... quelle coperte strette, rimboccate, che non ti lasciano rigirare come vorresti nel tuo letto. Io sono stato, invece, sempre libero di rigirarmi... sul mio cartone preferito. La buona notte me la sono sempre data da solo, il bacio in fronte no, quello non mi è mai riuscito di darmelo.
Una volta, quando frequentavo la terza media, una insegnante supplente, avendo notato che durante la lezione di matematica mi distraevo e davo noia ai miei compagni, mi disse: «Diotallevi, io ho necessità di parlare con i tuoi genitori».
Anch'io avrei necessità di parlare un po' con loro, risposi.
«Non fare lo spiritoso», ribatté l'insegnante, «perché se no, ti faccio sospendere dal preside e domani dovrai venire necessariamente accompagnato dai tuoi genitori».
Magari, aggiunsi io, se le riuscisse non mi parrebbe vero.
«Smettila», urlò a quel punto la supplente, «non ti permettere di rispondermi così, non sono mica tua madre io».
E chi lo sa? No, volevo dire: chi lo può escludere, replicai io, facendola andare su tutte le furie.
Queste sono situazioni divertenti, che possono capitare solo a me, sono privilegi naturali, che vorrebbe avere ognuno ma che spettano solamente a me perché sono figlio di nessuno.
Dice, ma tu sei stato allevato con il latte materno o con il latte artificiale? Perché? Cos'è il latte? Chi l'ha mai visto. Chiedetelo a Lui... Dio-ti-allevi!
Una volta in ospedale, dove sono stato ricoverato d'urgenza, perché da una settimana non mangiavo e mi ero svenuto sul marciapiede di una piazza, appena mi sono ripreso mi hanno domandato: «Hai mica mangiato qualcosa che ti ha fatto male?»
Magari, pensai, ma non ebbi la forza di rispondere.
«Ha mangiato troppo», sentenziò il dottore del pronto soccorso e, rivolgendosi all'infermiere, disse: «fagli una bella lavanda gastrica, così si ripulisce un po' lo stomaco, la colpa è sicuramente della madre che lo ha fatto mangiare troppo. Ah! Le mamme... ti ingozzano questi figlioli e poi ecco il risultato».
«Sei nato con parto eutocico o distocico? Naturale o cesareo?»
Dottore, dissi io con un filo di voce, io non so bene nemmeno se sono veramente nato, altro che parto...!
«Prendigli le generalità», ordinò il dottore.
«Come ti chiami?», chiese l'infermiere. Diotallevi, risposi.
«Di...?, di o fu?» domandò l'infermiere.
Chi, fu?, dissi io.
«Tuo padre, è morto o è ancora vivo?», incalzò l'infermiere.
E chi lo può sapere, aggiunsi io, non ci ho mai fatto caso e poi per me non fa alcuna differenza.
«E la madre?» intervenne il dottore, «tua madre come si chiama?»
Boh, risposi io.
«Infermiere, metta a verbale, a domanda risponde: mi è ignota».
Se è mignotta non lo so, non l'ho mai conosciuta, replicai io, comunque faccia lei, dottore.
«Scrivi: figlio di nessuno», tagliò corto il sanitario.
«Altri parenti?», domandò l'infermiere.
Fratelli, tanti ma sconosciuti, risposi io.
«A diciassette anni conobbi una ragazzina, bellina e mi fidanzai con lei. Non ero più solo, finalmente. Un giorno mi disse: «ti faccio conoscere i miei genitori, poi tu mi farai conoscere i tuoi».
«Cosa fa tuo padre?», mi domandò il mio futuro suocero.
«Cosa fa tua madre?», chiese la mia futura suocera.
Non sapendo cosa rispondere dissi: se avete la pazienza di aspettare vado a domandarglielo e, appena li avrò trovati, torno subito.
Sono sempre lì, in attesa del mio ritorno.
Non ho un padre, non ho una madre, non ho zii, cugini, nonni, non ho parente alcuno, sono il figlio di nessuno.

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Ins 18-02-2007