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- IL
FIGLIO DI NESSUNO
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- "Non
ho un padre, non ho una madre, non ho zii, cugini,
nonni, non ho parente alcuno, sono il figlio di
nessuno".
- Così
si presentò sul palcoscenico del dopolavoro
ferroviario, Trovatello Diotallevi, un ragazzo poco
più che ventenne, con la vocazione per il
teatro. Aveva chiesto di partecipare al festival del
"binario morto", che si svolgeva in un'unica serata,
nel corso della quale si esibivano dilettanti in
genere o aspiranti attori, cantanti, musicisti,
comici, umoristi, cabarettisti, ecc..
- Trovatello
non sapeva cosa recitare perché nessuno aveva
mai scritto un pezzo per lui, né egli si era
sentito mai in grado di farlo, per cui decise di
improvvisare qualcosa e di parlare di se
stesso.
- Il
suo modo di presentarsi aveva suscitato una certa
curiosità nella platea, perché non era
apparso chiaro se scherzasse o se facesse sul
serio.
- "Mi
chiamo, o meglio, mi chiamano Trovatello,
perché così hanno deciso coloro che mi
hanno... trovato. Mia madre, certamente un po'
distratta, mi aveva, diciamo così,
dimenticato... sugli scalini di una chiesa e poi,
quando è ritornata, povera donna, non mi ci ha
più trovato.
- Se
non ve l'avessi detto io che sono figlio di nessuno,
mica lo avreste capito dal nome che io porto, vero?
Non è facile. Trovatello... è come un
marchio di garanzia, di origine controllata. Me lo
hanno imposto, certamente con amore, quando hanno
deciso di battezzarmi e non me lo sono più
potuto levare di dosso. Me lo porto sempre appresso
come un biglietto da visita, da esibire mio malgrado.
Anzi, per paura che il solo nome potesse lasciare
qualcuno ancora nel dubbio, ci hanno aggiunto un
cognome dal significato inequivocabile:
Diotallevi".
- "Certamente,
avranno pensato: se non hai un padre, non hai una
madre, chi si potrà prendere cura di te?
Dio-ti-allevi, tanto a Lui non costa niente, Lui
è in cielo, in terra ed in ogni luogo e se ti
alleva Lui non sei di peso nemmeno alla
società. Perché, giustamente, la
società reclama i suoi diritti, ha le sue
esigenze, vuole sapere tutto dei suoi componenti,
vita, morte e miracoli: chi è tuo padre, chi
è tua madre, chi era tuo nonno e il tuo
bisnonno e solo dopo ti ammette nel suo consesso,
nella comunità".
- "Io,
figlio di nessuno, sono venuto a far parte di questo
vostro mondo come un clandestino, indesiderato; sono
anch'io insomma un extra-comunitario.
Extra-comunitario universale, del mondo intero, per
cui, se volessero adottare nei miei confronti un
provvedimento di espulsione, mi dovrebbero mandare
diritto all'altro mondo e restituirmi al mittente.
Tanto se mi deve allevare Dio, forse è meglio
che lo faccia in casa sua e non su questo
mondo.
- Io
sono fortunato: non ho colpe da scontare, né
debiti da pagare per conto di mio padre; sono nato
come un fungo, io non ho un passato - e questo
è un bene perché me lo posso inventare
come piace a me - ma ho, purtroppo, un presente, che
sarebbe meglio forse non avere.
- Io
non so cosa vuol dire essere rimproverato o essere
lodato; io sono un uomo libero, nessuno mi ha mai
detto: questa sera, per punizione, vai a letto senza
cena. Non ce n'è mai stato bisogno,
semplicemente perché non ho mai avuto un letto
e senza cena ci sono sempre rimasto, normalmente e non
per punizione. Io sono un uomo libero. Se sto bene o
se sto male sono solo fatti miei...: non interessa a
nessuno. Io sono stato sempre libero; libero di non
mangiare, libero di camminare scalzo, libero di
sentire freddo, libero di dormire per terra, all'aria
aperta, senza che nessuno mi rompesse mai le scatole
con le sue raccomandazioni o con i suoi amorevoli
consigli.
- Io
sono un extra-comunitario ecologico: vado sempre a
piedi, nudi, per non consumare la pavimentazione, non
mangio, quindi non inquino, non ho l'automobile, non
ho il telefonino, non fumo, non bevo, campo d'aria
riciclata; io respiro quella che gli altri scartano
dopo averla utilizzata. Per me non vale il motto:
«a ciascuno il suo», io non sono un
«ciascuno», io sono il figlio di
nessuno".
- "A
me nessuno ha mai raccomandato di mettere la maglia
pesante, forse perciò non ne ho mai indossata
una né leggera né pesante. Nessuno mi ha
mai rimboccato le coperte. Che fastidio... quelle
coperte strette, rimboccate, che non ti lasciano
rigirare come vorresti nel tuo letto. Io sono stato,
invece, sempre libero di rigirarmi... sul mio cartone
preferito. La buona notte me la sono sempre data da
solo, il bacio in fronte no, quello non mi è
mai riuscito di darmelo.
- Una
volta, quando frequentavo la terza media, una
insegnante supplente, avendo notato che durante la
lezione di matematica mi distraevo e davo noia ai miei
compagni, mi disse: «Diotallevi, io ho
necessità di parlare con i tuoi
genitori».
- Anch'io
avrei necessità di parlare un po' con loro,
risposi.
- «Non
fare lo spiritoso», ribatté l'insegnante,
«perché se no, ti faccio sospendere dal
preside e domani dovrai venire necessariamente
accompagnato dai tuoi genitori».
- Magari,
aggiunsi io, se le riuscisse non mi parrebbe
vero.
- «Smettila»,
urlò a quel punto la supplente, «non ti
permettere di rispondermi così, non sono mica
tua madre io».
- E
chi lo sa? No, volevo dire: chi lo può
escludere, replicai io, facendola andare su tutte le
furie.
- Queste
sono situazioni divertenti, che possono capitare solo
a me, sono privilegi naturali, che vorrebbe avere
ognuno ma che spettano solamente a me perché
sono figlio di nessuno.
- Dice,
ma tu sei stato allevato con il latte materno o con il
latte artificiale? Perché? Cos'è il
latte? Chi l'ha mai visto. Chiedetelo a Lui...
Dio-ti-allevi!
- Una
volta in ospedale, dove sono stato ricoverato
d'urgenza, perché da una settimana non mangiavo
e mi ero svenuto sul marciapiede di una piazza, appena
mi sono ripreso mi hanno domandato: «Hai mica
mangiato qualcosa che ti ha fatto
male?»
- Magari,
pensai, ma non ebbi la forza di
rispondere.
- «Ha
mangiato troppo», sentenziò il dottore del
pronto soccorso e, rivolgendosi all'infermiere, disse:
«fagli una bella lavanda gastrica, così si
ripulisce un po' lo stomaco, la colpa è
sicuramente della madre che lo ha fatto mangiare
troppo. Ah! Le mamme... ti ingozzano questi figlioli e
poi ecco il risultato».
- «Sei
nato con parto eutocico o distocico? Naturale o
cesareo?»
- Dottore,
dissi io con un filo di voce, io non so bene nemmeno
se sono veramente nato, altro che
parto...!
- «Prendigli
le generalità», ordinò il
dottore.
- «Come
ti chiami?», chiese l'infermiere. Diotallevi,
risposi.
- «Di...?,
di o fu?» domandò
l'infermiere.
- Chi,
fu?, dissi io.
- «Tuo
padre, è morto o è ancora vivo?»,
incalzò l'infermiere.
- E
chi lo può sapere, aggiunsi io, non ci ho mai
fatto caso e poi per me non fa alcuna
differenza.
- «E
la madre?» intervenne il dottore, «tua madre
come si chiama?»
- Boh,
risposi io.
- «Infermiere,
metta a verbale, a domanda risponde: mi è
ignota».
- Se
è mignotta non lo so, non l'ho mai conosciuta,
replicai io, comunque faccia lei, dottore.
- «Scrivi:
figlio di nessuno», tagliò corto il
sanitario.
- «Altri
parenti?», domandò
l'infermiere.
- Fratelli,
tanti ma sconosciuti, risposi io.
- «A
diciassette anni conobbi una ragazzina, bellina e mi
fidanzai con lei. Non ero più solo, finalmente.
Un giorno mi disse: «ti faccio conoscere i miei
genitori, poi tu mi farai conoscere i
tuoi».
- «Cosa
fa tuo padre?», mi domandò il mio futuro
suocero.
- «Cosa
fa tua madre?», chiese la mia futura
suocera.
- Non
sapendo cosa rispondere dissi: se avete la pazienza di
aspettare vado a domandarglielo e, appena li
avrò trovati, torno subito.
- Sono
sempre lì, in attesa del mio
ritorno.
- Non
ho un padre, non ho una madre, non ho zii, cugini,
nonni, non ho parente alcuno, sono il figlio di
nessuno.
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