- Le
antologie
dei concorsi de Il Club degli
autori
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-
Antologia
del premio letterario
Città di Melegnano 2004
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- Sommario
- Prefazione
di Benedetto
Di Pietro - Albo
d'oro dell'edizione
2004 -
Antonino Alioto -
Angela Aprile
- Elena Auddino - Alessandro Bacigalupo -
Linda
Bagnoli -
Sergio Baldeschi - Lucia Barletta - Egidio Belotti -
Lisetta Borali - Gastone
Cappelloni -
Claudio Capponi - Antonio Capriotti - Lorian
Carsochie -
Ornella Cattaneo - Maddalena
Colucci -
Cristiano Comelli - Pasquale Corsaro -
Margherita
Costanzini -
Gaetano Cugno - Francesca De Angelis - Mariarita De
Marco - Gianni Fassina - Maria
Rosaria Federico
- Carmine Ferrara - Massimiliano Floriani - Daniela
Formiconi - Emilia Fragomeni - Giuseppe Fumagalli -
Giacomo Fumarola - Amedeo Giordani - Antonio Giraldo -
Franco
Gollini -
Antonio Grandi - Simonetta Gravina - Damiano
Gregnanin -
Annamaria Immesi Smorto - Alessandro Lattarulo -
Elisabetta
Lo Giudice -
Ettore Locatelli - Pamela Lodato - Mariano Luccero -
Marco Magenes - Giuseppa Masilla - Serena
Mazzarello -
Emma Mazzuca - Maria Gabriella Meloni - Giampaolo
Merciai - Gianluca Mollo - Dino
Valentino Moro
- Margherita
Nazzarro Riva
- Luigi Nosenzo - Antonia Oggioni - Daniela Ori -
Giacoma Pace - Angelo
Passera -
Massimo Petruzziello - Maria Teresa Piccardo - Bruno
Piccinini - Aura Piccioni - Marco Piras - Giuseppe
«Beppe» Provenzale - Ermano Raso -
Marcella
Rebora -
Giulia Rinotti - Gianpaolo Ripamonti - Chiara Rolla -
Andrea Ronsivalle - Mauro Rossi -
Samuele
Rossi - Iago
-
Marco Scarponi
- Piero Selmi - Pasquale Silvestro - Giuseppina
Terranova -
Giacomo Tommei - Stefano
Tonelli -
Valeria Tovo - Claudia E. Turco - Marco Usai - Alberto
Vargiu - Luciana
Vasile -
Ivan Vicenzi - Leonardo Vitto - Moreno Zanibellato -
Leonardo Zanin - Elena Zasa
-
-
- Antologia del Premio
Città
di Melegnano 2004 -
formato 14x20,5 - pagg. 96 - Euro 18,00 - ISBN
88-8356-936-9
- Risultati
del Premio Città di Melegnano
2004
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-
-
- Come
avere l'antologia
|
- Prefazione
- Le
tensioni del nostro tempo che continuano ad affliggere
l'umanità vengono esorcizzate dal poeta con
stratagemmi che si connotano a volte in consolazioni
intimiste, a volte in riflessioni filosofiche, e
spesso in esplicite accuse ai potenti del mondo per
non aver messo in cima ai loro impegni di governo il
bene dei popoli e tra questi quello dei più
deboli. Il risultato, lo vediamo tutti i giorni, sono
le guerre le cui cause pertanto non possono essere
ricercate fuori dal comportamento umano ed in
particolare fuori dalle responsabilità di chi
governa.
-
- Le
poesie di questa IX Edizione del Premio
«Città di Melegnano» ci confermano lo
stato di degenza della politica mondiale che, di
riflesso, genera nell'individuo un senso di
precarietà e insoddisfazione, dal momento che,
mancando la sicurezza nell'avvenire, ci si riduce a
vivere alla giornata, incapaci di poter fare progetti
per il futuro. Lo notiamo in Leonardo Zanin che ci
invita a vedere una realtà diversa da
ciò che i "mass media" vogliono mostrarci:
«Ti sembra d'imparare a vedere le cose / con la
luce sempre più opaca / con il filtro delle
parole» («Canto di Guerra»). Da Franco
Gollini ci viene il suggerimento di non dimenticare la
storia minima di ogni paese, specie quando riguarda
fatti luttuosi; la voce è affidata ad una
strada di paese, intitolata ad un ragazzo fucilato
durante l'ultima guerra, che ammonisce di fermare la
mano armata contro chiunque «per dare alle nuove
vie il mite nome / d'un fiore, d'una pianta o d'una
stella» («Diario di una
strada»).
-
- Non
manca qualche poesia ammonitrice rivolta ai giovani
affinché non scambino il sogno con la
realtà «la mia vita cadde / su una siringa
(...) mi rese suo abulico schiavo / annientandomi i
respiri / con la più lacerante delle nenie /
"il tuo mondo sono io / e non cercare nessun
Dio"» (Cristiano Comelli: «L'ennesima
dose»). La solitudine è il tema che
traspare nella maggior parte delle liriche
introspettive «In questa infinità di anime
sole, / siamo deserti irraggiungibili» (Maddalena
Colucci: «Solitudine di noi soli») e
l'incognita di un futuro certo si manifesta nel non
voler vedere oltre l'apparenza delle cose «per me
il mare è solo mare, / la sabbia è
sabbia (...) il sole / illumina e riscalda le cose /
che nemmeno lo sanno / e il tempo scorre /
perché siamo noi a misurarlo» (Pasquale
Corsaro: «Poesia n. 2»). Anche Maria
Gabriella Meloni, che analizza lo stato di disagio
interiore dell'uomo, approda alla conclusione che la
mancanza di certezze ci porta ad una continua lotta
per «esorcizzare la fragilità, / tentare
di sottrarsi / alla condanna della
precarietà»
(«Precarietà»). Non mancano le
liriche d'ispirazione agreste. Tra queste si eleva la
poesia «Cinque Terre» di Giuseppe Fumagalli
che, partendo dalla descrizione ambientale e
pedologica, approda alla conclusione esistenziale di
voler affrontare con ottimismo il futuro «Una
biscia ha perso la pelle sul sentiero, / io ho
rinnovato i pensieri sulle sue orme / lasciandomi
dietro quelli vecchi e stanchi».
-
- Concludendo,
la poesia si rivela ancora l'unico strumento veritiero
d'indagine dell'animo umano e il poeta è il
bastone da rabdomante capace di vibrare al minimo
segnale che può turbare i sentimenti più
profondi ed è incapace sia di opporsi a tali
sollecitazioni sia di mentire a se stesso. Ne consegue
che per il poeta è un imperativo categorico
parlare con sincerità, ma la conseguenza
è di essere inviso a chi usa la menzogna per i
propri interessi.
-
- E
La Fontaine ci ricorda, nella favola del lupo e
l'agnello, che la ragione del più forte
è sempre la migliore. Purtroppo.
-
-
- Benedetto
Di
Pietro
-
- Presidente
di Giuria della Sezione Poesia
del Premio
-
-
-
-
-
|
-
- Angela
Aprile
-
- Un cielo di
fiammelle
-
- Stanno bruciando i
sensi, le mie passioni, i sogni.
- Rotola, dalla vetta
l'anima, a precipizio,
- perché non
trova appiglio, in terra, a dimorare;
- piaga è il
dolore che, le zolle incenerisce.
-
- Nuda, la terra ha
reso di gioie, tutto il mio cuore,
- e del tormento,
lacrime, copiosamente, sgorgano.
- Dense le nubi
avanzano, ad oscurare il giorno,
- e l'alba, per me,
risorge, come una notte nuova;
- che infiamma il
sentimento e brucia, forte, il cuore.
-
- Lingue di fuoco
s'alzano, alte, a incendiare il cielo,
- ed io, mi sento
ardere, come fiaccola all'ara.
- Le mie speranze
muoiono, e i sentimenti spengono,
- la voglia mia di
vivere; fioco lumino acceso.
-
- Gli eventi si
susseguono ad innestar dolore,
- e i semi suoi
producono i crisantemi candidi;
- fiori che il cuore
adornano, a presagir che muore.
-
- Lente, le ore
passano, mentre mi vedo vivere,
- in quello specchio
fragile, che si è incrinato al
gelo;
- e il corpo mio
riflette, con le deformità.
- Pezzi di carne e
anima, maceri e asimmetrici,
- che del dolore
colgono, intenso il suo tormento.
-
- Le fiamme non so
spegnere; d'amor l'ustione ho in petto;
- gli unguenti
più non servono; incendio, in me,
divampa;
- al rogo
conducetemi, perché io spiri,
presto.
- In mezzo a quella
cenere, il mal seppellirò;
- mentre il mio amore
candido, in ciel s'involerà.
-
- Nei pleniluni,
eleva lo sguardo e, intorno, cercami;
- fra tante stelle,
lucciole, la mia risplenderà.
- Un cielo di
fiammelle, l'amore mio alimenta;
- perché
sentimento, unico, spegnersi, mai
potrà.
-
-
-
-
|
- Linda
Bagnoli
-
-
- Mongolfiera
-
- Ho chiamato in
aiuto
- la mongolfiera dai
colori spenti.
- È a lei che
affiderò te
- e quella parte di
me che ti apparteneva.
- A chi
affidare
- ciò che ho
tanto amato
- se non a quella
mongolfiera...
- Non posso
seppellire
- questo macigno
così pesante
- ma anche
così tenero, delicato, fragile
- un tempo
così prezioso.
- Tu,
terra
- con la tua
crudità
- lo abbruttiresti,
lo sciuperesti per sempre.
- Meglio il grande
cesto
- della mongolfiera
dai colori spenti.
- Salirà
- alimentata solo
dalla fiamma dei ricordi
- leggera, verso il
cielo
- in alto, sempre
più in alto...
- Sarà
l'immensità del sole a decidere
- se scaldarla o
bruciarla.
-
-
-
-
- Amori
-
- Non tutti i fiori
più belli
- possono
fiorire
- alla luce di una
sola vita.
- Un fiore appena
dischiuso
- in questa breve
vita
- potrà essere
uno splendido girasole
- in un'altra breve
vita.
- Amati e lascia
scorrere!
-
-
-
-
-
|
-
TORNA
ALL'INDICE
|
- Gastone
Cappelloni
-
-
- Affetto
- comprensione...
- Nel
vocabolario
- del sentimento
tuo
- detesto
- colpevole
calpestato;
- esprimendo
- profondo
rimprovero
- traspare in
me
- voglia
- di tenero
amato.
-
-
-
- Credere,
amare
- perdonare...
- Nel
litigio
- non posso
ingannare
- sommerso
dissapore.
- E si
perde
- il
fantasticare
- nel profondo
tracciato.
-
-
-
- M'appartieni...
- Che
importa
- se
restiamo
- dalla vita,
distanti?
- Vorresti
bussare...
- Spegnendo
collera...
- Confrontare,
potersi.
- Con
apprensione
- Aspetterò
- sfuggita
vicinanza
- confidando
- nel
rallegrato
- credere.
-
-
-
|
- Lorian
Carsochie
-
-
- Acqua
-
- Inchiodato sulla
sedia dell'indifferenza, nell'attesa
- dello scricchiolo
della porta
- nell'attesa del
sogno, nell'attesa
- della
primavera
-
- un filo srotolato
all'infinito, un
- fiume annoiando i
timpani dell'infinità
- la
relatività, riducendo l'estasi tormentata del
Creatore
- allo stampo di un
ululato di cane
-
- quiete d'orologio
arrugginito
- nel petto
frantumato della pietra;
-
- sulla foglia
odorando il nulla
- riposa una
mosca.
-
-
-
- Di
notte
-
- Il velo della notte
veste l'immobilità
- della porta
dimenticata aperta tra
- la mia bocca ed il
cuore
- tuo
-
- la notte-frutto
maturato
- su un ramo mancato
d'albero,
- quando la virgola
s'interpose
- tra due
secondi
- come la
preda
- fra pallottola e la
morte;
-
- la notte-sguardo
profondo, perso
- nel tonfo delle
nostre ricerche
- come un evento
senza memoria
-
-
-
-
-
-
|
-
TORNA
ALL'INDICE
|
-
- Maddalena
Colucci
-
-
- Opera
6^ classificata
-
- Solitudine di
noi soli
-
- In questa
infinità di anime sole,
- siamo
deserti irraggiungibili.
- È
questo il lago fumoso, specchio di noi
stessi
- dove
evaporano come nebbia, i segreti più nascosti
e
- risalgono
la china degli occhi
- velati di
- gioiose
gocce oppure gravi.
- Qui
è il rifugio di ognuno,
- liberi si
vaga in un mondo tutto nostro.
- È
una solitudine di noi soli!
- A volte
è una prigione,
- a volte
ancora è una musa.
- Se appena
entri in questo eremo sommerso,
- si accende
un angolo di sogno.
- Tu Amore
mio
- nel tuo
mistero
- sei per me
come perla preziosa e rara.
- Lo scrigno
s'apre e tutto riempie, tutto
colora,
- tutto
odora:
- vieni a
vedere i miei occhi ora!
-
-
-
-
-
-
|
- Margherita
Costanzini
-
-
- Una
carezza
-
- Non
lasciare
- che il
tepore
- di una
carezza
- troppo in
fretta
- si
disperda.
- Quando
leggera
- ti
sfiora,
- afferrala,
- nascondila fra le
pieghe
- della tua
veste
- un po'
sbiadita
- e sentirai meno
crudi
- i brividi della
sera.
-
-
-
- Falò
-
- Hanno acceso i
fuochi in campagna
- tra i filari
scheletriti,
- piccole cataste
fumiganti
- di stecchi
verdi
- da poco amputati a
meli e susini.
- Il fumo denso si
disperde
- fra le nebbie
esalate dal fiume
- ingrossato dalle
piogge autunnali
- e l'aria
ovattata
- trattiene i
rumori.
- Solo si odono, a
tratti,
- richiami
lontani.
-
-
-
|
-
TORNA
ALL'INDICE
|
-
- Maria
Rosaria Federico
-
-
- Il mare
dentro
-
- Il mare dentro
ondeggia,
- ondeggia con
tenacia,
- come lacrime al
vento,
- graffia, graffia
senza pudore,
- agisce con
veemenza.
-
- Non più
miele sui corpi,
- non più
miele nei pensieri.
-
- Il mare dentro
ondeggia,
- ondeggia con
tenacia;
- il dolce fruscio
placa la sua ira,
- sussurra parole
confortevoli,
- gioca con se stesso
e bizzarro sorride
- dei suoi
scherzi.
-
- Non più
miele sui corpi,
- non più
miele nei pensieri.
-
-
-
- Le mie
lacrime
-
- Chicchi di
sabbia
- rapiti dal
mare
- sono le mie
lacrime,
- pezzi di vetro
trasparente
- e
tagliente,
- parole taciute per
pudore
- e per
timore,
- emozioni
irripetibili,
- ciliegie
acerbe,
- sorrisi
proibiti.
-
- Le mie
lacrime,
- inutili come
inutili speranze,
- dolci
illusioni,
- fiori non
colti...
-
-
-
-
|
- Franco
Gollini
-
-
- Opera 1^
classificata
-
- Diario d'una
strada
-
- Ingenua prigioniera
della nebbia
- m'incolpo della
resa al silenzio
- fiacca pigrizia
d'attimi mancati.
- Porto il nome d'un
ragazzo di ieri
- bucato dal piombo
accanto alla siepe
- in un giorno
d'ottobre senza sole.
- Lingue di fuoco
danzanti di follia,
- e ragnatele di fumo
sul paese,
- stivali di cuoio a
passi ritmati,
- e urla di donne e
bimbi in fuga
- tra pecore belanti
di spavento
- nel mezzo di
cavalli impauriti
- scheletri di case e
vie in ombra.
- Quando cenere
sollevò il vento
- nell'ora greve d'un
tramonto muto
- tacque la vita,
derisa già a morte!
- Oggi, indifferenza
mi calpesta
- e rimango nastro di
periferia
- spettro di bianco
nel verde dei monti.
- Uomo ascolta questa
voce di strada.
- Fai sosta al cippo
intatto dei ricordi,
- eretto alto in cima
alla montagna
- come faro di luce
ai tuoi naufragi.
- Ferma la mano
armata contro i figli,
- le cui voci
verranno dal domani
- per dare alle nuove
vie il mite nome
- d'un fiore, d'una
pianta o d'una stella
-
-
-
-
|
-
TORNA
ALL'INDICE
|
-
- Damiano
Gregnanin
-
-
- La mela
-
- Ha dei punti tutti
intorno
- scalfiti nella sua
pelle
- liscia e chiara a
volte scura
- come arrossata
dalla dolcezza sua pura.
- Aiutò la
scienza con la sua vita finita
- e da lì
venne uccisa ancora prima
- per il piacere
d'ogni palato
- fatta a pezzi
spellata viva
- soffriva in
silenzio addirittura bollita
- sterminata pian
piano
- soffrendo stremata
la vita sua pura
- per un peccato non
commesso
- per cui lei si
pente ancora adesso.
- Che colpa hai te o
mela!
-
-
-
- L'amore
-
- L'affronto a tempo
di cuore
- che batte rosso
come l'alba di un dipinto,
- pennellato
dall'artista estinto.
- Mi rende sofferente
ardito geloso e potente,
- forse anche
malato,
- quando affronto,
l'inesplorato
- con felicità
ed un sorriso.
- Anche se sono gli
stessi
- ammiro paesaggi
diversi,
- baciati dalla
luna
- tra le stelle della
fortuna,
- leggero e felice
m'immergo inebriato
- sentendomi
alcolizzato;
- anzi no
innamorato!
-
-
-
-
-
-
|
- Elisabetta
Lo Giudice
-
-
- Urlo
-
- L'urlo di dolore di
un cuore
- è un
silenzio tombale
- che in pochi son
capaci di ascoltare
-
-
-
- Vita
-
- Strano è il
destino dell'uomo
- Si cresce per
rimpicciolire
- Si vive per
morire
-
-
-
- Novant'anni
-
- Vive del passato,
lo nutre con affetto
- nonostante un cuore
consumato dal tempo
-
- Del passato ascolta
il sussurrare
- e da quel canto si
lascia cullare e poi addormentare
-
- Novant'anni di un
libro aperto
- sfogliato dal vento
avanti e indietro
-
- Sognatori del
futuro, rinchiusi nel presente
- guardiamo a lei
come ad una cosa vecchia e decadente
-
-
-
-
-
|
-
TORNA
ALL'INDICE
|
-
- Serena
Mazzarello
-
- Dopo
Marrakech
-
- Quando il tuo piede
oltrepassa la soglia di un cimitero
cristiano
- subito capisci chi
è l'uomo povero,
- chi è l'uomo
ricco.
-
- Quando lo sguardo
si posa su un cimitero musulmano
- solo la terra mossa
e le pietre puoi scorgere.
- Né uomo
povero, né uomo ricco.
-
- Solo l'anima
è povera,
- solo l'anima
è ricca.
-
- E questo non
è possibile osservarlo in nessun
cimitero
- perché
l'occhio e la mente umana non sono capaci di
comprendere
- la grandezza o la
pochezza di uno spirito.
-
-
-
- Ideale -
reale
-
- Esprimere
ciò che è dentro di me,
- le emozioni, i
pensieri, le speranze,
- i sogni, i dubbi,
le incertezze...
- Una persona che mi
ascolti,
- che ascolti i miei
occhi,
- il mio
cuore,
- la mia
anima.
- Un poeta che
liberi
- ciò che
è dentro l'apparire dell'uomo.
- È
l'essenza,
- lo
spirito
- che deve
elevarsi,
- fino a staccarsi
dal mondo,
- per raggiungere una
vita
- che fluttua nella
grandezza di ideali
- che tali sono
rimasti da sempre.
- L'ideale diventa
reale:
- è questa la
nuova sfida umana.
-
-
-
-
|
- Dino
Valentino Moro
-
-
- (guerra o
pace)
-
- È una fuga
da realtà o fede
- quell'armonico,
melodioso moto
- che, come un volo,
nella vita tocca,
- audace, gli accenti
più elevati
- per ricadere, come
un macigno
- sospeso ad una gru,
nel profondo
- delle viscere di
una palazzina.
- E lo scompiglio che
genera è pari
- solo all'esplosione
di un vulcano.
- Acrostico di un
giorno minore
- che cerca il suo
protrarsi nel nulla.
-
-
-
- È tardi. La
candela ha appagato
- il desiderio di
luce del buio.
- Falena insonne
sulla fiamma muoio.
-
-
-
- L'ombra
dell'ore
- è un
gigante
- che si
allunga
- sulla tua
giornata
- stanca di
trascorrere.
- La visione, la
stessa,
- và e torna
di continuo,
- sta
raggomitolata
- belva nel
grembo.
- È come certe
parole o frasi
- che non vuoi
ascoltare
- per non farti
sedurre,
- per continuare ad
essere un po'
- più
lontano.
-
-
-
|
-
TORNA
ALL'INDICE
|
- Margherita
Nazzarro Riva
-
-
- Il vecchio
sognatore
-
- Contavo gli anni
sulle dita e le stelle furono mai più tanto
luminose.
-
- Ancora vi ho negli
occhi, d'estremo amore il vivere la saggezza solo dei
vecchi.
- Voi! La mia
memoria, il mio paese all'alba già chino sulle
zappe
- Neve fieno nello
scandire di stagioni
- ... E frutti in
dono nelle tasche vuote, schiuma di latte per me la
tazza.
- Quando un martello
odo ancora battere una ranza, nel ricordo che
s'affiora
- Vi vedo uno ad uno,
vecchi contadini di Caprezzo
- Che avete stretta
la mia infanzia tra le braccia come erba del vostro
prato:
- a Voi, giunga acqua
di sorgente voce dei miei semplici
ricordi.
-
- Rubarle zucche per
i giochi in piazza mettere sete alla
paura:
- Hoh! L'ira nella
voce e nel bastone e quel corrermi dietro fuori dal
sentiero - - -
- Al ricordo
ruzzolano ancora della grossa Maria le zucche
tonde
- Giù per i
prati delle "Pezze belle" stretta una mano sempre
m'afferra per le trecce.
-
- In cambio di un
piatto di polenta, a mia madre regalò una penna
azzurra
- Il vecchio
sognatore più misero di noi che avevamo un
sacco di farina gialla.
-
- C'è nel
vento il suo richiamo
- Cuore inquieto che
non dorme,
- Ad ogni passo sullo
zaino
- Batte forte la
gavetta.
- C'è un
fantasma sulla cima
- Può dormire
solo se è a casa.
-
- Cerimoniere il
corvo dalle volte incita alla preghiera
- Sopra gli ori scuri
mistica la notte al canto accenderà lunari
tabernacoli nascosti.
- Domani ancora mani
divine intrecceranno fiori alle colonne
- Domani ancora nella
selva salterà agile cerbiatto il
cuore
- Ma dopo il rosario
delle gazze giovani l'Elfo guardiano ora
chiuderà il portone.
- Oltre non
m'è dato vivere la sera nell'incantato
bosco:
- A strane ali dei
miei piedi, gentile chiedo di ricondurmi a
casa.
-
-
-
|
-
- Angelo
Passera
-
- Il vero
giustiziere
-
- L'amore non
è un gioco,
- è la
vita.
- È il tempo
il nostro padrone
- e vero
giustiziere.
- Un grande amore
nasce nel tempo
- e il tempo stesso
ne modera il fuoco
- e la
scintilla.
- Vive nella stessa
fiamma dell'amore
- una sorta di
stoppino,
- che la
smorzerà
- e ne
limiterà il suo eccesso,
- ma ci
sarà,
- eccome se ci
sarà!
-
-
-
- Ravvivato
-
- Quando il mio animo
è triste
- i miei ricordi lo
ravvivano.
- Sono come le gocce
di rugiada,
- in una serata
umida,
- dopo una calda
giornata.
- Il mio giardino
è di nuovo rigenerato,
- le mie piante hanno
sofferto,
- ma quest'acqua
è vista come la manna dal cielo.
- Rinfrescato e
ravvivato.
-
-
-
- Corrono gli
anni
-
- Corrono gli
anni,
- il tempo migliore
è passato,
- ne passerà
ancora
- e a loro
seguirà
- una triste
solitudine.
- Arriverà la
vecchiaia,
- barcollante sulle
grucce
- e l'angoscia e la
tristezza
- troveranno terreno
fertile
- per
espandersi.
- Appassiranno i
sogni,
- che cadranno come
le foglie gialle dagli alberi.
-
-
-
-
|
-
TORNA
ALL'INDICE
|
-
- Marcella
Rebora
-
-
- Notte
d'estate
-
- Nella mia
mente
- si aprono immensi
spazi,
- imperscrutabili
visioni.
-
- Delicato profumo di
rose selvatiche
- si sparge nell'aria
calda
- portando con
sé promesse d'amore.
-
- Cielo vestito di
blu,
- trapunto di
complici stelle...
- l'ILLUSIONE
È COMPLETA.
-
- Notte. Notte
romantica,
- tu conservi nei
secoli fascino
- per i giovani
innamorati.
-
- Ma per me,
ahimè, c'è solo un piccolo
fuoco
- che lentamente
languisce...
- presto ne
rimarrà solo la cenere.
-
-
-
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- Samuele
Rossi
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- Di un triste
sonno
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- Di un triste sonno,
questi monti cadono
- dalla
notte,
- e lasciano
affondare i loro corpi stanchi
- nel grembo della
terra, loro madre,
- fraterno riposo di
un lontano conforto.
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- Come antichi
vascelli addormentati,
- ormeggiati qui come
dopo un lungo viaggio,
- lasciati da secoli
a dondolare un triste abbandono,
- alla guardia di una
luna distante,
- riposano placidi
come relitti, e fermi, e soli...
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- E se fosse morte
invece, a fermare i loro respiri,
- una morte segreta
sotto il crepuscolo.
- E se non fosse una
dorata stoffa notturna,
- ma un cereo
straccio lontano,
- cosa siamo noi,
qui, in mezzo a tutto questo?
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- Ma si muovono
appena, appena là in fondo,
- mossi dolci come da
un'acqua, reliquia terrena,
- nelle mani di Dio,
dai lineamenti chiari e tenui,
- come quelli di una
bimba, bimba mia, solamente bimba.
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- Mi chiedo
così dove sei, lascito inutile dei miei
pensieri.
- Sei con me, proprio
qui, accanto a me.
- Emergi da tutto,
come l'ombra di una naiade inquieta,
- di una notte
lontana, di un infante chiarore,
- strusciato di
stella, nello stento di un pianto.
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- Sei qui, in queste
lacrime, dentro di me,
- come un cerchio di
luna staccato sull'oceano.
- Affogata in me,
come le masse di questi monti notturni,
- piano scomparsi
lenti, poi dolci scomparsi piano,
- nel sogno da te
disceso, seguito di un sonno eterno.
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- Marco
Scarponi
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- Balbuzie
dell'Indicibile
-
- La verità
è l'attimo che non torna
- che si trascura
come ci si scorda
- dei sogni del cuore
e della fuga
-
- ed è inutile
poi tentare una forma
- come incidere una
definizione nel vuoto
- infinito foglio
costellato di poesie
- balbuzie
dell'indicibile.
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- Fantasmi
fotografati e non venuti
- che ti fanno
urlare
- con la morte
addosso
- IO NON SONO
QUESTO!
- E un'unica
certezza:
- LO
SMARRIMENTO
- come l'inferno tra
le certezze.
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- Le
Mômo*
-
- a Antonin
Artaud
-
- Lo spiazzo è
sgombro, i cancelli chiusi
- Tutti i destini
schedati e felici
- E anime elette a
cadere
- Nelle giuste crepe
del muro:
- Sacro scudo di
ipocrisie ereditarie.
-
- Anche la strada
è una scusa e l'amore
- Un pregiudizio che
non può giustificare
- La rinuncia di
troppi alla vita:
- Un grido bloccato
in fuga dal fegato
- Un angelo caduto
sulle guglie delle istituzioni
- Un uomo appostato
dietro le sbarre degli occhi
- Che nega ogni
contatto con sé.
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- Un'eterna notte si
solleva dalle acque
- Il futuro
avvizzisce in un giardino segreto
- Mentre nuovi
orologi fatalmente giudicano
- I sicari
addormentati attendono il segnale:
- Il cuore un
mandante indeciso.
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- * "Mômo" in
marsigliese significa "pazzo", "Idiota del villaggio",
in spagnolo "maschera" o "mascherata"
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- Giuseppina
Terranova
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- Il silenzio delle
idee
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- Giorni amari
gettano sabbia negli occhi
- e pugni di sale tra
labbra socchiuse.
- Passi stanchi
cercano una voce tra ombre
d'umanità
- ed urla soffocate
da gabbie di silenzio.
- Vivere questo tempo
avaro è camminare al buio,
- chiudere gli occhi
per non vedere
- la ragione offesa,
la libertà incatenata
- alle promesse di
astute sirene.
- Nel mio giardino
raccolgo sogni di vetro
- che infrango contro
il muro della prigione
- costruita dalla mia
civiltà.
- Per tutte le genti
di questo pianeta errante
- volevo giorni di
pace e piccole gioie
- di pane fragrante
ed acqua sorgiva;
- per tutti volevo il
dono di un sorriso,
- il calore di una
stretta di mano.
- Per tutti chiedevo
il privilegio di una dignitosa
povertà
- dove germoglia e
fiorisce l'animo umano.
- Trovo un deserto
assolato dove non mi disseto,
- una chiesa vuota
dove accendo candele perenni
- sull'altare della
ragione.
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|
- Stefano
Tonelli
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-
- Esame di
coscienza
-
- Maestro,
- accolgo triste il
dono
- del mio volgere
terreno
- e la mia anima si
stampa
- in veste
umana.
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- Solitari anni
malinconici e laboriosi
- mi portarono
all'età saggia e seria.
- Ma tanta dottrina,
tanto sapere
- non mi potranno mai
rassegnare
- alla mia aspra
perduta gioventù.
-
- Non avrò mai
dunque pace
- per la mia vita non
vissuta,
- solo letta, sognata
da lontano.
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- Ma il cammino della
mia
- anima prostrata
è ancora lungo,
- vero
Maestro?
-
- Noi sappiamo
entrambi bene
- che le mie
cicatrici sanguineranno
- abbondanti ancora a
lungo,
- che
parteciperò nell'agone della vita
- sempre fuori
concorso.
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- Ho imparato, mio
malgrado,
- a non lamentarmi, a
non sperare più
- (è forse un
bene?)
-
- Navigo a vista,
stanco e sfiatato
- nel mio guscio di
noce per forza d'inerzia,
- nell'oceano di
nebulose stagioni,
- cariche di tempeste
improvvise,
- di lividi bagliori
e di
- cupe, interminabili
bonacce.
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- Luciana
Vasile
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-
- L'incontro
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- Potenti fari
rischiaravano di luce puntiforme
- l'affrescata vuota
suggestiva sala
- del Chiostro dei
Benedettini.
- Alta lontana la
capriata.
- Il resto per
contrasto in penombra
- lasciato
all'intuizione
-
- Io intimamente
racchiusa in quella mano
- che stringevi
commosso nella tua,
- speravo
incautamente non la lasciassi più.
- Lo sguardo annegato
nel tuo.
- Nulla era
ormai
- solo l'anelato
Incontro.
- Attimo o
eternità? Non so.
- Entità
telematica dipinta di magica poesia
- compagnia intensa
di presenza senza corpo
- diventata mano
calda occhi immensi.
- Nuda mi vestivi di
dolcezza.
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- Le parole fino a
quel momento tutto
- non servivano
più.
- Chiusa la bocca. Il
silenzio cantava.
- Concetti
argomentazioni
- precedono seguono
emozioni
- mai coesistono con
esse.
- Il rapimento non
lasciava altro spazio
- tutta l'anima
riempiva.
-
- Ho preso al volo
quel bacio
- spedito con la
mano
- prima che lo
sportello chiudesse il sipario,
- lieve farfalla di
commiato
- l'ho posato sul
cuore
- a memoria di
te.
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