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- Il vento
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- Ancora una volta non era riuscito ad
impedire che accadesse.
- Il vento l'aveva colto di sorpresa
svegliandolo con un lugubre ululato.
- Iniziò a stringersi la testa tra le
forti mani, che sentiva fredde e tremanti, e smise
solo quando il dolore, per quella pressione, fu
quasi insopportabile.
- Con angoscia si rese conto che anche questa
volta non ci sarebbe stato niente da fare per
evitare che accadesse.
- Come le altre volte alcuni si sarebbero
sparpagliati sul grande prato, ed altri sarebbero
per sempre spariti volando, sospinti dal vento,
oltre il bianco muro.
- Odiava quel vento che all'improvviso, sempre
di notte, sentiva turbinare nella sua testa con una
forza inaudita. Quando cessava si sentiva debole,
squassato da quella potenza invisibile capace di
strappargli ogni energia.
- Dopo quelle crisi faceva fatica a
riprendersi, a ritrovare la voglia di
ricominciare.
- Anche fisicamente si sentiva come un sacco
vuoto che aveva bisogno d'essere riempito per poter
nuovamente stare in piedi - per non parlare della
sua povera testa.
- Quando il vento cessava aveva l'impressione
che la sua testa si fosse mutata in un leggero
palloncino trattenuto da un lungo esile filo che
doveva, con penosa fatica in un liquido delirio,
raggomitolare, prestando attenzione che il filo non
si spezzasse, per richiamarla a sé e
ricondurla a fare il suo dovere, che consisteva,
come gli avevano insegnato, ad essere ubbidiente,
paziente a comportarsi con calma senza lasciarsi
andare alla disperazione.
- Lui faceva diligentemente tutto quello che
gli era detto di fare. Eseguiva con scrupolosa
pignoleria le disposizioni al punto da ricevere
delle lodi per il suo operato; ma il tutto gli
costava fatica.
- Avrebbe preferito che quel maledetto vento
lo spazzasse via per sempre, per non dover
soffrire, per non ricominciare ogni volta da
capo.
- Non si lamentava quasi mai per un innato
senso di dignità e riservatezza che
dimostrava anche nel dolore.
- Si comportava sempre con grande
signorilità, ed anche questo contribuiva a
renderlo diverso da tutti gli altri ed anche lui,
in verità, si sentiva diverso; questo doveva
ammetterlo.
- Non sopportava tutto quel chiasso, il
petulante vociare, la caotica confusione, quel
lamentoso continuo chiedere.
- Preferiva starsene da solo, appartato, non
gli piaceva condividere con gli altri le sue
sensazioni, i pensieri, le sue miserie.
- Desiderava la pace, si sentiva mentalmente
stanco, assetato di quiete, di quel silenzio
interiore che non riusciva a trovare.
- Era pur vero che a volte viveva dei momenti
d'intesa felicità che lo esaltavano, quando
riusciva a fare cose che erano definite "proibite",
ma per questo veniva di solito
rimproverato.
- In quei brevi momenti di felicità era
come se si spalancassero i cancelli che tenevano
imprigionata la sua mente.
- Tutto sarebbe stato anche sopportabile se
non ci fosse stato quell'odioso vento che
ritornava, di tanto in tanto di sorpresa, nel buio
senza alcun preavviso; quel vento che non aveva la
possibilità di combattere, che gli faceva
odiare la vita.
- Anche quella notte lo sentiva soffiare e
turbinare, senza tregua, nella mente e la sua
angoscia cresceva con il trascorrere dei minuti che
sembravano eterni.
- Ancora una volta sarebbe stato costretto a
dover ricominciare tutto da capo.
- Si alzò, con passo malfermo si
diresse verso la finestra che
spalancò.
- Si aggrappò alle gelide sbarre
dell'inferriata appoggiandovi la fronte
sudata.
- Tratteneva il respiro mentre i suoi occhi
sbarrati frugavano nella notte, ma era troppo buio
per vedere qualcosa.
- Doveva attendere, con l'ansia che montava
come una straziante marea, la livida luce dell'alba
che gli avrebbe palesato la verità.
- Li avrebbe ancora una volta visti
penosamente sparsi sul grande prato.
- Alcuni ancora immaturi, simili a piccoli
feti bagnati, strappati impietosamente anch'essi
dalla sua mente. Tutti da raccogliere, come sempre,
con cura.
- Era angosciato. Sapeva che dopo ogni
tempesta di vento ne avrebbe ritrovati sempre
meno.
- Andavano avanti così rischiava di
rimanere senza, di perderli tutti.
- I primi tempi impiegava anche delle ore per
raccoglierli e stiparli in quel grande sacco che
gli avevano dato.
- Li raccoglieva con gioia, riconoscendoli,
uno ad uno man mano che li prendeva.
- Li guardava soddisfatto e felice d'averli
ritrovati. Li puliva accuratamente prima di
metterli nel sacco.
- L'ultima volta invece erano veramente pochi
quelli che era riuscito a raccogliere.
- L'uomo che gli era accanto, che parlava
lentamente, affermava che era a causa della
stagione, che con il prossimo autunno la sua
raccolta sarebbe stata abbondante come in
passato.
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- "Devi aver pazienza ed attendere il ritorno
dell'autunno che ti consentirà di riempire
nuovamente il tuo sacco".
-
- Cos'era l'autunno non aveva osato chiederlo
all'uomo, vestito di bianco, che cercava di lenire
la sua disperazione.
- No! Lui non poteva aspettare. Doveva
raccogliere subito i pensieri che il vento
strappava dalla sua testa e spargeva sul grande
prato, di fronte alla casa dove era
ospitato.
- Non poteva aspettare, non poteva rischiare
di perderli, di rimanere senza.
- La sua testa, senza i pensieri, sarebbe
diventata leggera con il rischio che volasse via
per sempre, se si fosse rotto quell'esile filo.
Possibile che nessuno riuscisse a capirlo?
- Li doveva raccogliere in quel sacco, che
avrebbe poi portato nella sua stanza, sapendo che
la notte, mentre lui dormiva, loro sarebbero usciti
per ritornare nella sua mente.
- Anche l'altro uomo, vestito di bianco, che
lo accudiva lo sapeva, infatti, quando accadeva,
dopo ogni raccolta, la sera prima di chiudere la
porta della stanza, come premio gli dava una
zolletta di zucchero dallo strano sapore.
- Era sempre lui, l'altro uomo vestito di
bianco, di mattino a fargli vedere il sacco vuoto e
a chiedergli se erano rientrati tutti ai loro
posti, e lui annuiva felice sentendo che erano
lì, e che per la gioia d'essere ritornati a
vivere facevano una gran confusione nella sua
testa.
- Si sarebbero calmati, dopo un po',
riprendendo a tenergli compagnia, prima che quel
nefasto vento, ritornando all'improvviso, li
spazzasse via ancora una volta, allontanandoli da
lui.
- Si staccò dalla finestra, prese il
sacco che teneva vicino al letto, e si avviò
verso la porta della stanza.
- Non ebbe bisogno di chiamare per farsi
aprire. L'uomo vestito di bianco lo guardava dallo
spioncino parlandogli con calma:
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- "Devi attendere almeno che spunti il sole.
Devi avere un po' di pazienza; dopo ti
lascerò uscire sul prato, anche se fa
freddo, a raccogliere tutte le foglie che
vorrai.
- Ora torna a dormire, fai il bravo, ti
chiamerò io".
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- Perché quell'uomo li chiamasse
"foglie" lui non lo capiva, ma non aveva
importanza.
- Era importante invece che fosse lui il primo
ad uscire per raccoglierli, per impedire che gli
altri se ne impadronissero o peggio che
calpestassero i suoi pensieri, che il vento aveva
ancora una volta sparso sul prato.
- Strinse al petto il sacco e si sedette sul
pavimento, accanto alla porta, nella attesa del
sole.
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