Scrittori italiani contemporanei Giuseppe Testa Ha pubblicato il libro
- Giuseppe Testa, Il cavallo di ferro, editrice Montedit, 1998,
- pp. 48, Lit. 10.000, ISBN 88-86957-30-0.
A tutti coloro che mi amano - Nota
- "Il cavallo di ferro" (omaggio ad un titolo cinematografico piuttosto famoso quanto antico) è il resoconto di un viaggio. Uno spostamento vero, una scelta che mi ha tenuto lontano da casa per più di tre anni e che ha inciso parecchio sulle decisioni a venire. Non quindi un viaggio letterario, fittizio o iniziatico.
- Non per nulla c'è un'andata ed un ritorno: una prima partenza ed un primo arrivo, una ripartenza ed un riapprodo, per altro non definitivo. Tutti gli eventi descritti hanno un richiamo ad occasioni e stati d'animo gioiti e sofferti, i luoghi e le persone sarebbero (uso il condizionale per non svelare quel minimo mistero che aleggia intorno ad un libretto di poesie) facilmente riconoscibili. L'elemento distintivo del mio viaggio è la mancata crescita, il ricondursi sempre a precedenti esperienze, con la speranza che comunque qualcosa di positivo forse un domani potrà accadere. Come dicevo prima, non un'ascesa, non il trasformarsi da crisalide a farfalla, ma il rinnovellarsi di circoli viziosi. Il mio sogno è ancora vivo, amico lettore, ma continuo a chiedermi: riuscirò infine ad attraversare il "passagatto"?
- L'autore
- Prime luci
- Qualcuno
- attende
- alla stazione,
- avvolgendosi
- fra le pieghe
- del pastrano.
- Il mattino
- germoglia,
- spandendo
- viticci di luce
- biancastra
- fra le rotaie
- fuligginose.
- La nebbia
- si accomiata
- in larghe volute,
- come in un quadro
- decadente.
- E tanti visi
- si scorgono
- dai finestrini.
- Cento lire
- Cento lire,
- dammi
- cento lire.
- Devo partire,
- andare lontano
- da qui.
- Dove
- non so:
- forse domani
- forse il cielo
- forse la rugiada sulle labbra...
- Strade
- Mi piace parlare
- di polvere e strade sterrate,
- di solchi scolpiti dall'acciaio
- e di sbilenchi birocci,
- del gioioso vociare di bimbi in fiera
- e di anziane contadine
- onuste di fasci d'erba,
- di rare balilla
- tossicchianti
- e di velocipedi
- che sfrecciano
- scampanellando.
- Apro gli occhi:
- il sole
- riverbera
- sull'asfalto
- ed i gas di scarico
- mi ammorbano.
- Qualche fantasma
- ondeggia
- e svanisce.
- Leggende
- La prima ora
- dopo il tramonto,
- quando le luci
- incominciano
- ad assottigliarsi
- e la lanterne
- vengono ritirate
- ad una ad una
- nelle catapecchie
- del borgo,
- il monaco grigio
- della Confraternita
- di San Galdino
- esce dalla cella
- e cerca senza posa,
- in ogni dove,
- quella donna
- che l'ha tentato
- alla perdizione.
- «Dove sei,
- mia amata?»
- mormora,
- dimenticando
- ogni notte
- quante albe
- sono trascorse
- da quell'ultima sera
- di angoscia,
- quando Nostro Signore
- accolse
- la sua anima.
- Ma il suo corpo,
- contrappasso del Purgatorio,
- si aggira ancora
- fra le case
- di Pietramozza,
- sussurrando
- ai cerri
- ed alle lucciole
- di Madonna Beatrice.
- Così mi raccontava
- il vetturale
- dagli occhi miti
- ed un brivido
- mi colse obliquo.
- Fortunatamente
- il sole
- era alto
- all'orizzonte.
- Approdo
- L'approdo,
- in buona fine,
- ultima speranza dei naviganti.
- Un fuoco
- e qualche fiammella
- di amicizia.
- Dovrò sudarmi
- pochi maledetti soldi:
- che grande novità!
- Sordo
- sarà il richiamo,
- solo fra soli
- mi assopirò.
- Nebbia
- In silenzio
- (appena appena
- si sente il respiro)
- avanziamo
- nella caligine,
- sorpresi
- anche solo
- dell'esistenza
- di questa malvagia creatura,
- etereo ed intangibile viluppo.
- Chi immaginava
- di incontrarla
- fra le vigne
- ed i tronchi
- dei meli?
- Eppure
- avvolge
- e mozza il fiato
- e ricorda improbabili
- pellicole
- dell'orrore.
- Monte Oliveto
- Scendevano
- lentamente
- i monaci
- dalla collina del Monte Oliveto
- e le greggi di Padre Marziano
- si stringevano appresso,
- sfuggendo
- i primi sospiri di gelo.
- Lontano,
- dalla pianura,
- arrivavano gli Spagnoli
- con i lunghi archibugi,
- maledicendo
- la sorte e la galaverna.
- Il padre dalla barba rada
- li vide
- e chiamò intorno a sé
- i fratelli più poveri di spirito.
- «Ascoltate»
- disse in un soffio
- «questo rumore di gemiti e pianti.
- Non è il vento tra le gaggie,
- non è lo scroscio di piogge ottobrine:
- sono i singhiozzi delle madri
- di questi poveri figli».
- Oziando
- Stiamo attendendo
- il tramonto,
- accoccolati
- sulle panche
- di un'antica osteria.
- Ci guardiamo intorno,
- fiutando
- invano
- segni e rumori
- di lavoro e fatica.
- Ristagna
- ormai
- un ozioso
- silenzio.
- Aromi esotici
- di intingoli e condimenti
- serotini
- affiorano
- nell'aria.
- Scommesse
- e carte
- e dadi
- e qualche
- incancrenito
- giocatore
- di bocce
- nella via.
- Poi verrà
- la notte.
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