Scrittori italiani contemporanei Giuseppe Testa Ha pubblicato il libro
- Giuseppe Testa, Sandra, editrice Montedit, 1997,
- pp. 32, Lit. 6.000, ISBN 88-86957-21-1.
PREFAZIONE - C'è un uomo innamorato della sua donna: per lei scrive poesie, a lei dedica un libro. No, non è il capitolo di un romanzo, stavolta è vero. Ebbene sì, esistono ancora uomini che non hanno né paura di amare davvero né di gridarlo ai quattro venti; esistono ancora uomini che traggono dall'amore ispirazioni autentiche per poesie fresche, originali e giocose.
- L'uomo in questione si chiama Giuseppe Testa e non è certo alla sua prima esperienza di poeta: è già stato premiato in diversi concorsi letterari, ha dato alle stampe altre raccolte, organizza e promuove un circolo culturale. Con questa silloge, intitolata e dedicata a "Sandra", sembra abbia voluto però ritagliarsi uno spazio tutto suo, come un gioco, o una vacanza da impegni professionali e riflessioni più impegnative. "Sandra" si configura così come un cofanetto, uno scrigno di pensieri delicati e allegri nati da occasioni minute e quotidiane della sua storia d'amore. Sullo sfondo, dunque, si muove sempre lei, la donna amata, soggetto e oggetto di desiderio evocato, mai descritto direttamente, come un sogno che ha magicamente preso le sembianze della realtà. Un amore dai contorni di favola moderna il cui protagonista-uomo sa bene di vivere nel XX secolo (anzi quasi nel XXI) e di avere accanto una donna che agisce, lavora, viaggia; ma che non per questo rinuncia a ignorare che miracolo sia l'inizio di una storia d'amore, quanto di fantastico vi sia nell'incontrare per caso quell'unica persona (perché certo è solo e soltanto lei) che può tingere di rosa (ma anche di rosso, di azzurro, di tutti i colori dell'arcobaleno) la quotidianità. Così inventa una poesia che è una favola dolce, "Né di terra né di mare", dove troviamo "il bianco signore delle nuvole"; ed è lui, spirito folletto o entità superiore, a indicare all'uomo la strada per la felicità. A indicarla solamente: starà poi all'uomo impegnarsi, mettersi in gioco per far sì che tutto ciò possa diventare realtà. Come dire che l'amore può essere un dono del cielo, ma sta a chi sotto il cielo vive trovarlo, alimentarlo, gioirne o soffrirne. Questa poesia-favola, ideale centro della raccolta, è forse più di un gioco innocente: ci dice che la natura parla molto più di quanto noi la stiamo ad ascoltare; ci suggerisce che la voce del mondo è potente e profonda, e ciascuno di noi può sentirla, se vuole, entrando in tal modo in comunicazione con la parte più segreta e vera di se stesso. Il tema è svolto con toni lievi, da fiaba appunto, con insistiti richiami al mare - elemento denso di significati simbolici in genere ricollegabili alla donna e alla maternità - e soffi di vento che sfumano ancora di più i contorni di un paesaggio irreale, magico.
- I toni si fanno più giocosi quando l'autore si sofferma su episodi di vita in comune: quando, ad esempio, si ritrova a curiosare nella borsa della propria donna, o a lamentarsi per qualche viaggio di lavoro che la porta lontano. Tutto bene, tutto giusto, l'uomo di fine millennio non può più permettersi di mugugnare come i mariti di qualche decennio fa. O magari sì, purché lo faccia con un po' di senso dell'umorismo e senza prendersi troppo sul serio. La gelosia esiste, la nostalgia esiste; inutile esorcizzarle come spauracchi. È forse meglio riconoscerle, accettarle, riderne insieme. E le poesie continuano così, giocate con toni semiseri, mai svenevoli; ai toni corrispondono un linguaggio moderno e spigliato, proprio della lingua parlata, e uno stile veloce, sciolto, fatto di versi brevi che scorrono piacevolmente senza pause e sospensioni che ne interrompano artificialmente il ritmo. Ne emerge il quadro di una storia d'amore piena e felice, intensa, in cui entra a far parte anche un gatto che ogni tanto fa capolino da qualche verso; in cui i battibecchi vengono risolti "danzando su una moneta da cento lire sotto un acquazzone di baci". Felice immagine, questa, che dà un po' la misura dello stile e del linguaggio scelti dal poeta. Il quale dimostra così che parlare d'amore - raccontare un amore normale - senza suscitare l'insopprimibile noia del già visto e già sentito è ancora possibile. Anzi, probabilmente si deve.
- Bianca Cerulli
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