Scrittori italiani contemporanei

Giusy Gallucci

Ha pubblicato il libro

Giusy Gallucci, L'oasi del risveglio, ed. Montedit, 1997, pp. 128, Lit. 14.500. ISBN 88-86957-01-7

 

Ecco l'inizio del libro

In un simpatico corridoio, luminoso e arredato con semplicità, una donna siede su uno sgabello come fosse in attesa É inserisce una cassetta in un radioregistratore. Una voce femminile narra quanto segue É
 
Mi chiamo Susi, ho dieci anni e frequento la quinta elementare.
Anche oggi è venuto "quel bambino" nella mia aula per salutare la cugina Antonella: credo che sia una scusa É perché mi guarda continuamente.
Giulio, ormai viene tutti i giorni durante la ricreazione; fa mille smorfie ed è molto simpatico; io lo chiamo il jolly perché imita perfettamente alcune persone e anche molti animali, ci fa divertire durante i pochi minuti che riesce a sottrarsi alla sorveglianza del suo maestro che puntualmente, alla fine della ricreazione, lo viene a riprendere: c'è la solita ramanzina ma ormai lo stesso maestro si è arreso a quel bambino così simpaticamente indisciplinato.
 
Non riesco a spiegarmi una cosa: quando le lezioni sono terminate, non si sa come, "noi due" ci troviamo puntualmente insieme a scendere le scale che portano al cortile; non ci parliamo, perché la favella di Giulio scompare quando si trova vicino a me quasi a contatto di gomito, ma fuori dal cancello c'è il solito sguardo d'intesa: ci rivediamo domani!
Il cuore mi batte forte quando vado via.
 
Oggi mi sono accorta che Giulio deve essere un bambino molto curioso perché mi ha seguito fino a casa; io ho fatto finta di niente É
La sorpresa. Nella mia cartella ho trovato un cioccolatino: sono sicura di sapere chi è stato a metterlo lì. Giulio, da quel giorno, mi segue sempre da lontano senza farsi scorgere e aspetta fino a quando mi vede entrare in casa.
Oggi è stato l'ultimo giorno di scuola. Nelle prime ore di lezioni Antonella mi ha rimproverato di guardare con occhi dolci il cugino e mi ha chiamato civetta. Durante la ricreazione io sono rimasta in bagno e al rientro in aula la mia compagna Anna mi ha riferito che Giulio ha notato la mia assenza ma non ha chiesto informazioni alle altre bambine né ad Antonella; è rimasto poco ed è rientrato in classe.
 
All'uscita, Giulio è stato tra i primi a correre verso il cancello; ha guardato i suoi compagni uscire É poi gli altri É ha aspettato la V B; Antonella lo ha salutato e gli ha fatto cenno di raggiungerla per fare la strada insieme fino a casa. Io, da dietro la finestra, ho visto i due allontanarsi.
 
È estate; sto giocando nel cortile di casa con un'amica, Rita, mentre le nostre madri stanno chiacchierando. Si avvicina il postino e chiede della signorina Susi. Mia madre si fa avanti ma l'uomo, con un malizioso sorriso, le dice di dover consegnare la corrispondenza personalmente nelle mani della signorina.
Io guardo la cartolina e mi sento venire meno per l'emozione: è di Giulio e reca la scritta "Nelle proprie mani" e poi "Tanti saluti da un tuo caro amico". Sento su di me gli occhi dei presenti che mi scrutano e il loro sorriso ironico mi infastidisce perciò salgo nella mia camera e chiudo a chiave la porta. Guardo, giro e rigiro la cartolina; sono felicissima, la metto sul cuore e la tengo stretta.
 
Un giorno, mentre sto asciugando i capelli al sole sulla terrazza, sento fastidioso e insistente il campanello di una bicicletta che va avanti e indietro sulla strada. Arriva di corsa mia sorella per avvisarmi che Giulio sta cercando inutilmente di attirare la mia attenzione. Scendo subito nel cortile É aspetto con ansia É e finalmente Giulio ripassa. Ci guardiamo e il mio cuore batte forte. Giulio si avvicina alla ringhiera con la bicicletta. Sul manubrio ha due spadine giocattolo, ognuna con la propria foderina: ne estrae una e me la dona.
Allungo la mano per prendere l'oggetto e sfioro le sue dita, l'emozione è così forte che la spadina mi cade; la raccolgo subito ma quando mi giro verso di lui non c'è più.
Ogni giorno Giulio passa davanti alla mia casa: ha detto che a lui basta vedermi! Quando però ci sono, in terrazza o in cortile, mia madre o mia sorella lui nasconde la bicicletta, fa il giro del gruppo di case e si trova così dalla parte posteriore; io sono lì che aspetto sul balcone. Ci guardiamo e ci salutiamo con la mano: non possiamo parlarci perché la distanza è troppa, ma noi siamo contenti lo stesso.
 
Quando iniziamo a frequentare la prima media, io scelgo il francese come lingua straniera mentre Giulio l'inglese che già conosce bene; per questo motivo non siamo nella stessa sezione. Quando ci troviamo fuori dalla scuola scambiamo poche parole ma da lontano ci guardiamo intensamente; quasi sempre sono io che alla fine abbasso lo sguardo, perché mi sento il viso arrossato e un po' É confusa. La scuola media si trova in un paese vicino al nostro perciò ci spostiamo ogni giorno con l'autobus; anche quando siamo sul mezzo di trasporto noi due ci troviamo sempre vicini, abbiamo però quasi il terrore di sentirci.
Vorrei tanto toccargli la mano, forse anche lui desidera stringere la mia, ma fino ad ora non abbiamo avuto il coraggio di farlo.
 
Oggi scrivo sul diario É
Caro Giulio, perché gli adulti non danno importanza ai sentimenti dei ragazzi? Oh Giulio, non posso pensarti di giorno altrimenti mia madre se ne accorge e mi sgrida; dice che ho lo sguardo assente e che è peccato pensare così tanto ad un ragazzo, alla mia età. Ma di notte nessuno me lo proibisce, vero? Ti penso così forte che quasi ti sento qui, vicino a me.
Perché desidero sempre incontrarti, parlarti, guardarti?
La mia amica dice che quando una ragazza sta troppo vicino ad un ragazzo il suo É diventa grande; chissà se questo succede anche a te quando mi sei accanto. A me piacerebbe molto se tu mi facessi toccare É io sono curiosa di vederti nudo perché non riesco ad immaginare come sei. Ho sempre così vergogna di te, chissà se troverò mai il coraggio di dirti che mi piaci.
Quando indosso qualcosa di nuovo non mi importa se mi guardano gli altri, ma se mi osservi tu io sono tutta felice, come mai?
Quante cose strane mi provochi! Ed io? Chissà quale effetto ti faccio! Magari un giorno me lo dirai É
È un pomeriggio d'inverno; viene a trovarmi Rita che abita vicino a casa mia e sottovoce mi dice che Giulio le ha riferito di volermi parlare. Mia madre mi lascia uscire con Rita per una passeggiata e mi dà i soldi per comprare il pane. Con il cuore che batte all'impazzata per l'emozione salgo in camera per indossare il cappottino nuovo.
Rita mi aspetta più lontano mentre Giulio mi si avvicina: mi chiede di partecipare ad una festa a casa sua! Io sono entusiasta per l'invito ma sono anche sicura che mia madre non accetterà mai che io vi partecipi e glielo dico; mentre parlo, soprappensiero, comincio a strappare pian pianino il pezzo di carta che mi trovo fra le mani e pur guardandolo non mi accorgo che sto riducendo in tante parti la banconota.
 
Quando ritorno da Rita, non so più la commissione che devo fare per la mamma; lei me lo ricorda ma naturalmente non trovo più i soldi.
Una volta a casa invento una bugia e dico che li ho persi, così mi prendo una bella sgridata; mia madre mi rimprovera di avere la testa fra le nuvole perché a undici anni ho già il fidanzatino, invece di pensare che alla mia età le bambine devono solo studiare.
 
A cena mangio poco e una volta a letto non riesco ad addormentarmi; quando ci riesco, sogno Giulio, nel pomeriggio della festa, che ha fra le braccia altre ragazze É Il mio riposo non è stato tale!
 
Oggi scrivo sul diario É
Caro Giulio, devo raccontarti una cosa molto importante: lo sai che oggi sono diventata grande? La mamma mi ha raccontato che quando avrei visto delle macchie di sangue nelle mutandine sarei diventata signorina: bene, da oggi lo sono! Le mie compagne mi hanno detto che durante "questi" giorni non dobbiamo rimanere molto vicine ai ragazzi altrimenti poi aspettiamo un bambino É che cose complicate! tu ci credi? Quante cose avrei voglia di chiederti se solo trovassi il coraggio!
Ascolta, tu sei già signorino?É e come lo sei diventato? Ma perché quest'argomento è così segreto?
 
È il mese di giugno, sono perciò gli ultimi giorni di scuola; si formano sempre molti gruppi di ragazzi alla fermata dell'autobus: io e Giulio non facciamo mai parte dello stesso gruppo; alcuni ragazzi cominciano a ridacchiare e a dire che loro sanno come siamo fatte noi donne É Un gelo improvviso cade su noi ragazze; subito dopo però due che stanno con me si riprendono e ribattono che anche loro conoscono com'è fatto il corpo dell'uomo perché l'hanno visto su alcuni giornali!
Io e Giulio abbiamo la testa china ma ci guardiamo di sottecchi, mentre il battibecco fra i due gruppi continua É
 
«A me piacciono le tettine delle ragazze!»
«Io preferisco quelle belle grosse!»
«Perché non avete mai visto la rosettaÉ»
«Uhm É beato chi si trova un mandolino così!»
Una ragazza si fa coraggio e gridaÉ
«A noi invece non piace come siete fatti voi, neanche un po': siete ridicoli!»
Di nuovo il mio sguardo e quello di Giulio si incrocia mentre sento la voce di Gino, un ragazzo bruno grande e grosso, che diceÉ
«Ma noi siamo uomini, siamo forti, non importa il resto! Il nostro compito è insegnarvi a baciare É a fare altre cose!»
«Sei uno sporcaccione e un villano! Gli risponde una mia amica. Io preferisco allontanarmiÉ
«Adesso basta!» è la voce familiare di Giulio.
«Dai, non dirmi che non piacerebbe anche a te vedere una topinaÉ lo sai di quale sto parlandoÉ immagina che musichetta!» dice Gino.
Io mi mordo il labbro. Intanto Giulio e Gino si azzuffano. Salva tutto l'autobus che arriva in quel momento. Durante il tragitto non riesco ad alzare lo sguardo; quando alla fine lo faccio mi accorgo che Giulio ha il labbro gonfio.
 
Oggi scrivo sul diarioÉ
 

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agggiornato il 3 marzo 1998