Scrittori italiani contemporanei Giusy Gallucci Ha pubblicato il libro
Giusy Gallucci, Esito, ed. Montedit, 1998, pp. 112, Lit. 14.500. ISBN 88-86957-27-0.
- Esito - È un poemetto che descrive i pensieri confusi e turbati di una donna che vuole fare chiarezza nella sua vita. Mette tutto in discussione, senza riserve e, quando ogni cosa è allo scoperto, sente di poter meglio agire. Infatti, al momento giusto, riesce a frenare quanto basta gli istanti di luce che la illuminano e finalmente intuisce la «sua» verità.
- Il primo il più importante e delicato momento d'amore - Solo quando sono riuscita a capire il tormentato rapporto che ho sempre avuto con mia madre, ho cominciato veramente ad esistere... e ho trovato il coraggio di vivere... di respirare più profondamente...
- Appartenendovi - La Madre Terra non ha frontiere; è il ruscello che delinea i contorni d'insieme: è il torrente, è il fiume, è il mare, è l'oceano... è la collina, è la montagna...
- L'aria non ha frontiere, come il vento...
- La Madre Terra soffre, ma non ci accorgiamo dei tanti segnali che ci invia...
- Riusciremo un giorno a capire?
- Ho espresso ciò che ognuno di voi comprenderà
- Esito
- Ogni persona che interviene nella rappresentazione teatrale è la proiezione di una sfaccettatura dell'essere stesso della protagonista.
- In mezzo al palcoscenico c'è una scaletta che scende in platea.
- Sul palco regna il buio più assoluto; l'atmosfera è pesante, irreale. Un fascio di luce illumina, nel centro, una donna: sui 40 anni, vestito nero, sotto bianco, ampio, lungo fino ai piedi.
- L'attrice nel recitare questa prima parte, sceglie tra il pubblico sei o sette persone e li invita sul palco.
- Donna: Io mi esprimerò
- affinché voi possiate capirmi
- tu ballerai, canterai
- e leggerai per me.
- Voi reciterete
- una grande parte
- e mimerete
- per intensificare alcuni passi.
- Loro
- parleranno e scriveranno
- per altri.
- Utilizzeremo
- tutti i modi esistenti
- per esprimerci ed intenderci!
- Collaboriamo...
- Il prossimo canto ci appartiene.
- Insieme, in piccoli gruppi
- lavoreremo per questo esito finale.
- Stacco di musica o flash di luce e le persone si ritirano.
- Donna: Solo quando qualcosa
- ti sfugge dalle mani
- rifletti sul suo valore.
- Per tutto è questione di tempo...
- Per la vita
- è sempre
- irrevocabilmente
- troppo tardi.
- Una musica dolce, penetrante, la distoglie: alza lo sguardo dal pavimento e lo posa, piano, sul pubblico.
- Dall'alto si accendono alternativamente varie luci; la donna le osserva e con le braccia accarezza lo spazio circostante.
- Mentre l'attrice recita «Oh, notte dei tempi» dall'alto calano lentamente alcuni pannelli di garza trasparente in posizione irregolare, in modo da creare per metà palco un ambiente a simbolo di labirinto, quasi a rappresentare l'animo e il nostro essere.
- Donna: Oh, notte dei tempi...
- Tu sei il buio di sempre
- e la sera di milioni di secoli
- perciò
- la vita di ognuno di noi hai conosciuto...
- L'aria fresca mi culla
- mi rende tua amica.
- Notte dei tempi
- dolce, intima serata
- tu, quasi, vuoi comunicare con me
- io, quasi, voglio dirti
- l'immensità del mio animo stasera...
- La donna ha in mano, o attaccate al vestito, delle piume leggere che soffia verso l'alto; esse piano si sollevano verso il soffitto e scompaiono. Subito dopo in registrato un leggero alito di vento.
- La donna le segue con lo sguardo...
- Donna: Provo felicità a guardarti
- piumino che, nell'aria, vagabondo
- erri senza mai sostare...
- è serenità
- perché la mia mente
- per pochi istanti
- è volata con te su nel cielo
- dove batuffoli di ovatta
- grigio-candido e grigio-scuro
- formano un tappeto morbido
- sento che l'eros è già con me
- sul tuo letto di velluto candido
- voglio sfogare
- i miei più indicibili piaceri...
- La donna addita una persona fra il pubblico.
- Insieme a te
- ma ti prego, ancora una volta dimmi
- cosa ti costa accarezzarmi dolcemente
- parlarmi piano piano e dire che mi vuoi
- che desideri sfiorare la mia pelle
- per accorgerti del suo fremito...
- e poi guardare le mie labbra
- che ti supplicano
- che ti vogliono
- e poi ti prendono finalmente
- per saziarti?
- No!... Aspetta...
- Il fascio di luce si allarga verso la parete sinistra dove è situato un mimo immobile che indossa una tuta nera e un lungo drappo bianco che lo circonda.
- La donna è sconvolta... lo scuote...
- Donna: La dolcezza in amore
- è complice dei nostri corpi
- del nostro volere
- volere con dolcezza è ottenere tutto
- tutto e qualcosa di più!
- Voglio essere tua solo in questo modo
- voglio scoprire ogni piccolo piacere
- che gusta il tuo corpo...
- La donna appoggia la testa sul petto del mimo, prende un lembo del drappo, se lo avvolge intorno girando su se stessa, in modo da trovarsi legata ed abbracciata al mimo.
- Essere donna è bello
- se posso tracciare la rotta anche a modo mio
- essere tua, sì
- ma tracciare la rotta anche a modo mio!
- La donna alza lo sguardo verso il volto inespressivo del mimo; si libera del drappo e si allontana.
- Donna: Certo, al di là
- non c'è verità per il nostro io
- non c'è possibilità di riuscire
- non c'è più volontà di tentare...
- È troppo nero il buio
- che ci lascia sognare
- al di là
- una luce più intensa...
- La donna di scatto raggiunge la parte destra del palco; il fascio di luce si allarga in quella direzione. Ci sono un tavolo e due sedie: una di queste è occupata da una donna, molto somigliante alla prima; indossa gli stessi vestiti... il suo viso è impassibile; lo sguardo è fisso sulla prima donna che, agitata, sposta rumorosamente la sedia e prende posto di fronte a lei... sul tavolo c'è una sfera e un mazzo di carte.
- Donna: Allora, Chiro...
- Chiro: Perché sei venuta...
- io ti conosco da sempre
- eppure ti aspettavo...
- La chiromante fa girare la sfera... poi la guarda.
- Donna: Cerca Chiro
- di guardare bene la mia mano
- ti prego Chiro
- non dirmi cose che fanno male
- forza Chiro, dimmi che quest'anno...
- Le due donne si guardano, il viso della seconda è impenetrabile.
- Prova adesso con le carte
- di' qualcosa, cosa vedi?
- Ancora Chiro, cosa dici Chiro?
- non ti sento, no
- non è vero, no
- come sempre ti sbagli
- come fai a dirmi
- che ancora dovrò aspettare?
- Ma quanto ancora?
- Ma perché mai, ma come mai?
- Dai Chiro guarda ancora
- per favore dimmi che...
- Fissami Chiro!
- Forse tu non sai
- cosa significa per me aspettare
- e poi ancora aspettare...
- Ci vediamo Chiro, chissà...
- La donna si alza e raggiunge il centro del palco.
- Sogno o realtà?
- Quel punto può illuminarmi?
- Non ascolti... non approfondisco...
- Resta il punto, spento...
- m'illudo
- non c'è facoltà d'intendere...
- Intanto, in questo mondo di sporcizia morale
- vivo la mia vita
- non come sanatrice...
- Accetto, per afferrare il mio posto
- di generare immondizia...
- mi sento sporca...
- forse sono entrata
- nell'ingranaggio della vita...
- Si siede con aria sfiduciata sul proscenio.
- E già sono stanca, più... più...
- e tu, tristezza
- quando ritrarrai quel tetro velo?
- Sei nata prima
- che io vedessi la luce
- o sei nata allora?
- Comunque sia, con te sono cresciuta
- e la beltà del tempo
- fino adesso, non ho goduto...
- Appena accenno
- a tirare fuori il capo
- un muro mi si para davanti
- non posso abbatterlo
- nemmeno se mi lacero le unghie...
- È notte profonda dentro
- è forte lo scompiglio...
- allora combatto
- contro chi... contro cosa...
- È indietro nel tempo il reo
- non c'è possibilità di riconoscerlo
- non so chi è
- contro chi vado continuamente ad urtare...
- È nella pelle, è nelle ossa, è nel sangue
- quel che io voglio annientare!
- Ma non ci riesco
- e nemmeno ho la libertà di arrendermi...
- Ti chiedo ancora tristezza
- sei cresciuta con me
- dentro di me
- o prima di me?
- Com'è vero
- che l'acqua va giù a valle
- perché non può fare il contrario
- così io sconfitta ancora lotterò
- perché intuisco di non avere scelta...
- Ma contro chi, contro cosa?
- Purtroppo questo ancora non lo so...
- Appare la chiromante con lo scudiscio, preceduta da tre mimi (fiere) che rappresentano le avversità della vita: il senso di esistere perennemente secondo le tradizioni, anche se queste non sono accettate. I mimi circondano la protagonista tentando di graffiarla (mimando), di strapparle la veste mentre lei cerca di difendersi e liberarsi. Le fiere si muovono guidate dai colpi di frusta del domatore (chiromante).
- Il seguente pezzo è recitato con tono alto e sfidante.
- Donna: Ma io voglio vivere
- allora via da me, brutte bestiacce
- via sanguisughe
- avete già preso il meglio!
- Non vi riconosco come punti essenziali
- per la mia realtà
- odio esistere secondo dettami precostituiti...
- Amo sognarla, deciderla,
- sbagliarla la mia vita!
- E invece, non ho visto primavere né i loro fiori
- non ho visto estati
- e la nudità del corpo e dell'anima
- ho sempre vissuto
- tra l'autunno e l'inverno.
- Questo perché avevo voi
- appiccicate come zecche
- maledette usurpatrici
- ma vi distruggerò perché voglio vivere...
- questo dannare giorno dopo giorno
- per cercare di essere me stessa
- senza condizionamenti
- mi ha sfibrata
- ma riuscirò nel mio intento