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               Bianca
               CreaturaHa nell'idea una
               bianca creatura che lentamente evade... la afferra, ma
               è polvere fra i denti, è solo un vento
               orientale e dietro quel viso... un velo pallido di
               sorriso...E così
               Armando si ritrovò, in un giorno come tanti
               della sua vita, in un luogo che aveva visto tante
               volte. Per lavoro, ma non solo per quello, la
               fotografia era l'esternazione del suo pensiero, della
               sua forza interiore.Ma la sensazione
               che niente accade se non nell'istante che si è
               protagonisti dell'emozione che porta, lo accompagnava
               dall'inizio del viaggio, lo faceva vagare, come se
               l'incompletezza lo avvolgesse e per raggiungere la
               pienezza del giorno, dovesse cercare ancora per
               chissà quanti angoli nascosti.Tu, anonima
               apparenza tra le mura di pietra secolare dove la tua
               mente evade in chissà quali dita, in
               chissà quali occhi senza identità,
               labbra di incanto schiuse a un sogno. E danze tra le
               pareti di cristallo antico, ma dov'è quella
               parola che si sente ma che non si conosce, a piedi
               nudi, quei piccoli piedi di prigioniere inconsapevoli,
               tra le musiche etniche. Dalle sue mani nasceva come
               una sorgente quel sorriso, tra i confini di pietra e
               in un istante era la sua figura leggiadra che
               l'avvolgeva e non lui. I suoi fianchi sinuosi in una
               danza lo circondavano con movimenti
               frenetici.E così
               seduto su sedili di pietra di quel paese arabo,
               l'aveva vista attraversare in fretta quella strada
               buia, con in mano e stretta fra le braccia, pareva
               avesse la luna tanto era pallida. Poco più di
               una bambina, come ali che schiuse al sole a un palpito
               di vento si rinchiudono in sé, per stringere al
               tempo quello che agli occhi cela ciò che celato
               si svela, quel velo nascondeva un sorriso, un pianto,
               un assenso di speranza o chissà quali apparenze
               irreali di sé in quella donna.Certo era che si
               stagliava nel pallore candido il suo sguardo, a passi
               lenti, con il viso dietro angoli
               abbandonati.Armando, al
               passaggio di lei tese la sua mano e le afferrò
               il braccio, ma lievemente la sfiorò, quando i
               suoi occhi lo fissarono in uno stupore attonito e per
               lo scorrere di interminabili parentesi vi lesse di
               maree ancora da esistere e tutto quello che era stato,
               che era e che sarebbe stato si fusero con l'animo di
               lei: "Sono qui, parentesi di nuvole appaiono e
               scompaiono; sono sullo sfondo di questo silenzio
               illimitato e chiamo ancora una cacciatrice fragile
               eppure non scomparsa e tu, come se un fantasma
               buttasse via una seta, cammini lungo i muri sui quali
               petali raccolti in un sorriso nascondi, dietro quel
               velo che per sempre eternerà in te questo
               passaggio".Con lo sguardo
               cancellò le distanze e i capelli di lei,
               raccolti in una nera treccia, sparse alla leggera
               brezza che spirava sulla notte. Con le sue, la bella
               araba, sfiorò le labbra di Armando e in quel
               bacio tutta la fragranza di un'essenza orientale si
               attardò in lui. Forse in quel luogo gli anni
               avevano dimenticato di essere anni e come germogli mai
               nati nel gelo, non avevano schiuso il loro scorrere in
               avanti? Forse che quella bianca creatura avvolta dal
               chiarore lunare, era rimasta per secoli, scolpita in
               quel cammino tra lo spazio e il tempo, sospesa tra
               passato e futuro con il viso rivolto a chissà
               quali sogni? Su questi interrogativi si
               risvegliò dal torpore che l'aveva assalito.
               Quanto aveva dormito? Si rese conto di aver sognato un
               sogno talmente reale che la bianca creatura ancora
               aleggiava nei suoi sensi. Il viaggio era lungo e
               Armando fissava la strada. Il cielo era limpido, di un
               colore diafano costellato di nuvole, era solcato di
               tanto in tanto da striature arancio. Era il tramonto.
               Come era silenzioso e desolato quel paesaggio serale.
               Egli si dirigeva da Medina a Dariyah. Come era povera
               l'agricoltura in quegli spazi. Ogni tanto scorgeva
               delle greggi appartenenti a tribù nomadi. Si
               chiese cosa era avvenuto. Il gran caldo gli doveva
               avere offuscato la mente. Chiese subito informazioni
               in lingua araba al conducente e apprese che non
               mancava molto. Pensò alla bianca creatura
               sognata e sorrise tra sé e sé tutto il
               tempo, fino a destinazione. Ancora una volta in quel
               paese dalle mille e una notte, per lui era un lungo
               viaggio di immagini e non lavorare, fotografare gli
               attimi più importanti, frammenti di paesaggi,
               storie di vita da far vivere a chi non era stato in
               quegli orizzonti. Una piccola dimora a Dariyah che
               fungeva da ritrovo per i viaggiatori, lo accolse
               quella notte. Il giorno, all'alba si recò per
               perlustrare il luogo. Camminava senza meta per
               raccogliere istanti di un'esistenza nascosta. Il sole
               era alto, quando voci di giovani mercanti si confusero
               con i profumi delle pietanze tradizionali. Quel
               piccolo mercato si nascondeva all'ombra d'un nugolo di
               case che, nel ritratto d'un Oriente tra il narrato e
               il sentito, cingeva da un luminoso mattino, le
               fragranze dai magici filtri e nell'aria le pesanti
               stoffe imprigionavano le giovani donne del richiamo
               d'antiche vesti, che infondevano in lui, nei volti
               ancora avvinti della notte, il richiamo di lei: "Mio
               signore, una stoffa per vestirmi, una tunica, una
               miscela d'erbe per truccarmi il viso, gioielli
               nascosti tra le apparenze. Il mondo luccica di stelle
               senza quelle perle finte".E quando il mondo
               avanza e quando il mondo scende, il sipario schiuso
               non traspare mai che nelle notti bianche, nessuna
               intonazione scivola oltre quelle strade orientali,
               nessun velo ricopre le illusioni inventate. E come se
               una mano misteriosa lo trascinasse via, si
               voltò, poiché quel pallore lunare che
               aveva raccolto in sogno tutto il suo sentire,
               attraversò quel luminoso mattino e ad un tratto
               la vide attraversare a piccoli passi il buio. E i
               sedili di pietra che incorniciavano la sua memoria,
               dalla luna si lasciavano cullare ancor al passaggio
               della bianca creatura. Come era reale quell'incertezza
               astrale. Come le bianche vesti disegnavano l'esile
               corpo e com'era irreale quella realtà ideale.
               Scomparvero in lui le sfumature del giorno e la sua
               mano tese ad afferrare il braccio della bella araba.
               Ma fu solo un istante. Il giorno combatté la
               sua lunga guerra con la notte e in quella cornice dove
               le linee di terra, mare, cielo si confondono,
               sentì di non poter più amare se non in
               quell'istante. Ma della visione sfumarono i contorni e
               già le voci dei giovani mercanti sprofondarono
               nella luce solare. Si rese conto che per interminabili
               attimi era rimasto a fissare dentro di sé, il
               desiderio d'un ritorno ormai svanito. Riprese a
               osservare quel piccolo mondo carico di storia e a
               cercare un'immagine da portare con sé, quando
               da chissà quale angolo, il canto d'una dolcezza
               infinita, diffondendosi intorno, regalò del
               fascino da non poter nascondere il viso al quale
               apparteneva. Su sedili di pietra, seduta con le mani
               incrociate nel grembo, una giovane donna, dai bei
               capelli d'una notte fonda, imprigionati ancora da una
               luminosità soffusa, attendeva di un'attesa
               lontana. La sua veste pallida lasciava intravedere la
               sua esile corporatura e lo sguardo sorrideva d'una
               fragile età allo stupore di lui. Mai uno
               sguardo s'attardò così infinito, d'un
               sorriso nel suo essere e quando la melodia si spense,
               Armando sentì venire mene la volontà,
               come se Ulisse in lui venisse finalmente ammaliato dal
               cantico delle Sirene. Non poteva credere d'essere
               sveglio, se non quando avvertì di quel suono la
               sua lenta agonia e finalmente svanì per lui,
               l'ultimo respiro. Quale sorgente faceva nascere
               quell'emozione che dissetava tutta la sua
               vitalità? Quel canto aveva risvegliato i
               ricordi d'una speranza nascosta e ora la bella araba
               lo guardava come conoscesse in lui un'attesa ormai
               conclusa. Armando avanzò verso di lei come una
               risposta alle sue domande, ma le parole non avevano
               spessore in quella dimensione. O in quella dimensione
               il silenzio era molto più del detto. Ora, le
               delicate mani, dal grembo si levarono verso di lui
               alludendo a un'occasione di contatto. Lo guardava con
               aria di familiarità. Sorpreso da quella sottile
               allusione, avvertì in sé l'intravedere
               il dubbio e ci fu un attimo in cui le due presenze,
               ancorate allo spazio che le allontanava, riconobbero
               nell'espressione dell'altro parvenze di baci ideali,
               che trapassato il confine tra veglia e risveglio,
               ancora addormentavano il tempo in quel lontano
               sfiorarsi. S'accorsero allora, che immagini riflesse
               come sprofondarsi di specchi l'un nell'altro,
               affondavano gli sguardi l'un con l'altro. La bianca
               creatura riconobbe nell'uomo lo scorrere di
               interminabili parentesi, di maree ancora da esistere e
               fu tutt'uno con lo stupore attonito di lui, che
               riconobbe nella bella araba, la figura leggiadra tra i
               confini di pietra. Tutto il pallore delle più
               pallide notti, attraversò l'animo d'Armando e
               ritornarono insieme in quella strada buia, dove
               finalmente la luna tra le braccia di lei, splendeva
               ancora d'incerto. Com'era immobile il tempo.
               Durò un attimo quell'abbraccio perfetto,
               perché un richiamo ruppe l'incanto:
               "Amira..."La giovane donna
               sussultò risvegliandosi da quel viaggio
               infinito. Un ragazzo la chiamava da una porta
               lontana.Amira si
               levò, ma i suoi occhi ridenti gli rivelarono
               che per sempre sarebbe stata in loro la magia d'un
               amore. Durò un attimo e fu per sempre. Ancora
               sulla porta la giovane si voltò e prima di
               svanire nel vuoto che la inghiottiva, un triste
               sorriso velato d'un nostalgico passato la
               attraversò nello sguardo. Durò un attimo
               e fu per sempre. La porta si richiuse e lei scomparve.
               Fu allora che Armando si rese conto di quale
               realtà lo aveva circondato, perché
               dormendo in sogno e passeggiando in una notte lunare,
               una bianca creatura aveva disegnato il suo desiderio
               d'insperato. Quel nostalgico sorriso, quante storie
               aveva raccontato, aveva intessuto per lui i giochi
               più incredibili, aveva fatto nascere in lui,
               una volta per tutte, la speranza d'un dialogo
               inesauribile. E così la sua sete d'assoluto
               parlò: "Se questo è tutto quello che mi
               dai, bianca creatura, accetta in cambio tutto il mio
               vissuto, non sarai una parvenza, ma nelle tristi
               notti, una sera d'estate fra mille stelle,
               arriverà su noi. Quanto è freddo
               quest'inverno ideale, quanto è fredda questa
               notte solare. Ma arriverà una sera d'estate per
               me e per te. Bianca creatura che lentamente evadi,
               solo un vento orientale dietro quel viso... un velo
               pallido di sorriso. Tu, anonima apparenza, serba per
               me tutta l'essenza di questi istanti fissati nel
               sempre, solo per noi".E quando il mondo
               avanza e quando il mondo scende, il sipario schiuso
               non traspare mai che nelle notti bianche, nessuna
               intonazione scivola oltre quelle strade orientali,
               nessun velo ricopre le illusioni
               inventate.Ma le illusioni a
               volte diventano realtà, sfioriscono
               all'età ma germogliano dentro. Forse che il
               tempo può nascondere al cuore l'apparenza d'un
               sogno nascosto?Non c'è
               età che cancelli la speranza, non c'è
               luogo dove non si incontrino ancora e per sempre, i
               solitari desideri di due amanti di ogni libero
               sogno. |