- Le
poesie di Nazym Hikmet lette per
voi:
-
- Tratte da:
Lettere dal
carcere a Munever
-
- 1942
-
- Il più
bello dei mari
- è
quello che non navigammo.
- Il più
bello dei nostri figli
- non è
ancora cresciuto.
- I più
belli dei nostri giorni
- non li
abbiamo ancora vissuti.
- E
quello
- che vorrei
dirti di più bello
- non te l'ho
ancora detto.
-
-
- 1943
-
- Amo in
te
- l'avventura
della nave che va verso il polo
- amo in
te
- l'audacia dei
giocatori delle grandi scoperte
- amo in te le
cose lontane
- amo in te
l'impossibile
- entro nei
tuoi occhi come in un bosco
- pieno di
sole
- e sudato
affamato infuriato
- ho la
passione del cacciatore
- per mordere
nella tua carne.
- amo in te
l'impossibile
- ma non la
disperazione.
-
-
-
- 1944
-
- Se per i
buoni uffici del signor Nuri
spedizioniere
- la mia
città, la mia Istanbul mi
mandasse
- un cassone di
cipresso, un cassone di sposa
- se io
l'aprissi facendo risuonare
- la serratura
di metallo: dccinnn ...
- due rotoli di
tela finissima
- due paia di
camicie
- dei
fazzoletti bianchi ricamati
d'argento
- dei fiori di
lavanda nei sacchetti di seta
- e
tu
- e se tu
uscissi da lì
- ti farei
sedere sull'orlo del letto
- ti metterei
sotto i piedi la mia pelle di lupo
- con la testa
chinata e le mani giunte starei davanti a
te
- ti guarderei,
gioia, ti guarderei stupito
- come sei
bella, Dio mio, come sei bella
- l'aria e
l'acqua d'Istanbul nel tuo sorriso
- la
voluttà della mia città nel tuo
sguardo
- o mia
sultana, o mia signora, se tu lo
permettessi
- e se il tuo
schiavo Nazim Hikmet l'osasse
- sarebbe come
se respirasse e baciasse
- Istanbul
sulla tua guancia
- ma sta'
attenta
- sta' attenta
a non dirmi "avvicinati"
- mi sembra che
se la tua mano toccasse la mia
- cadrei morto
sul pavimento.
-
-
-
- 1944
-
- Sei la mia
schiavitù sei la mia libertà
- sei la mia
carne che brucia
- come la nuda
carne delle notti d' estate
- sei la mia
patria
- tu, coi
riflessi verdi dei tuoi occhi
- tu, alta e
vittoriosa
- sei la mia
nostalgia
- di saperti
inaccessibile
- nel momento
stesso
- in cui ti
afferro.
-
-
-
- 1974
-
- Il vento cala
e se ne va
- Lo stesso
vento non agita
- Due volte lo
stesso ramo
- Di
ciliegio
- Gli uccelli
cantano nell'albero
- Ali che
voglion volare
- La porta
è chiusa
- Bisogna
forzarla
- Bisogna
vederti, amor mio,
- sia bella
come te, la vita
- sia amica
amata come te
-
- so che ancora
non è finito
- il banchetto
della miseria
- ma
finirà...
-
-
-
- 1948
-
- I giorni son
sempre più brevi
- le piogge
cominceranno.
- La mia porta,
spalancata, ti ha atteso.
- Perché
hai tardato tanto?
-
- Sul mio
tavolo, dei peperoni verdi, del sale, del pane.
- Il vino che
avevo conservato nella brocca
- l'ho bevuto a
metà, da solo, aspettando.
- Perché
hai tardato tanto?
-
- Ma ecco sui
rami, maturi, profondi
- dei frutti
carichi di miele.
- Stavano per
cadere senz'essere colti
- se tu avessi
tardato ancora un poco.
-
-
-
- 1948
-
- In questa
notte d'autunno
- sono pieno
delle tue parole
- parole eterne
come il tempo
- come la
materia
- parole
pesanti come la mano
- scintillanti
come le stelle.
- Dalla tua
testa alla tua carne
- dal tuo cuore
- mi sono
giunte le tue parole
- le tue parole
cariche di te
- le tue
parole, madre
- le tue
parole, amore
- le tue
parole, amica.
- Erano tristi,
amare
- era allegre,
piene di speranza
- erano
coraggiose, eroiche
- le tue parole
- erano
uomini.
-
-
-
- 1948
-
- I tuoi occhi
i tuoi occhi i tuoi occhi
- che tu venga
all'ospedale o in prigione
- nei tuoi
occhi porti sempre il sole.
-
- I tuoi occhi
i tuoi occhi i tuoi occhi
- questa fine
di maggio, dalle parti d'Antalya,
- sono
così, le spighe, di primo
mattino;
-
- i tuoi occhi
i tuoi occhi i tuoi occhi
- quante volte
hanno pianto davanti a me
- son rimasti
tutti nudi, i tuoi occhi,
- nudi e
immensi come gli occhi di un bimbo
- ma non un
giorno ha perso il loro sole;
-
- i tuoi occhi
i tuoi occhi i tuoi occhi
- che
s'illanguidiscono un poco, i tuoi occhi
- gioiosi,
immensamente intelligenti, perfetti:
- allora
saprò far echeggiare il mondo
- del mio
amore.
-
- I tuoi occhi
i tuoi occhi i tuoi occhi
- così
sono d'autunno i castagneti di Bursa
- le foglie
dopo la pioggia
- e in ogni
stagione e ad ogni ora, Istanbul.
-
- I tuoi occhi
i tuoi occhi i tuoi occhi
- verrà
giorno, mia rosa, verrà giorno
- che gli
uomini si guarderanno l'un l'altro
- fraternamente
- con i tuoi
occhi, amor mio,
- si
guarderanno con i tuoi occhi.
-
-
-
- 1948
-
- Anima mia
- chiudi gli
occhi
- piano piano
- e come
s'affonda nell'acqua
- immergiti nel
sonno
- nuda e
vestita di bianco
- il più
bello dei sogni
- ti
accoglierà
-
- anima mia
- chiudi gli
occhi
- piano piano
- abbandonati
come nell'arco delle mie braccia
- nel tuo sonno
non dimenticarmi
- chiudi gli
occhi pian piano
- i tuoi occhi
marroni
- dove brucia
una fiamma verde
- anima mia.
-
-
-
- 1949
-
- Sei la mia
schiavitù sei la mia
libertà
- sei la mia
carne che brucia
- come la nuda
carne delle notti d'estate
- sei la mia
patria
- tu, coi
riflessi verdi dei tuoi occhi
- tu, alta e
vittoriosa
- sei la mia
nostalgia
- di saperti
inaccessibile
- nel momento
stesso
- in cui ti
afferro.
-
-
-
- Tratte da
In
esilio
-
- ARRIVEDERCI
FRATELLO MARE
-
- Varna,
1951
-
- Ed ecco ce ne
andiamo come siamo venuti
- arrivederci
fratello mare
- mi porto un
po' della tua ghiaia
- un po' del
tuo sale azzurro
- un po' della
tua infinità
- e un pochino
della tua luce
- e della tua
infelicità.
- Ci hai saputo
dir molte cose
- sul tuo
destino di mare
- eccoci con un
po' più di speranza
- eccoci con un
po' più di saggezza
- e ce ne
andiamo come siamo venuti
- arrivederci
fratello mare.
-
-
-
- NON È UN
CUORE
-
- Varna,
1952
-
- Non è
un cuore, perdio, è un sandalo di pelle
di bufalo
- che cammina,
incessantemente, cammina
- senza
lacerarsi
- va
avanti
- su sentieri
pietrosi.
- Una barca
passa davanti a Varna
- "Ohilà,
figli d'argento del Mar Nero!"
- una barca
scivola verso il Bosforo
- Nazim
dolcemente carezza la barca
- e si brucia
le mani
-
-
-
- Mosca,
1958
-
- E muore e
nasce a tutta forza
- albero stella
uomo
- virus
eccetera eccetera
- un tumulto
uno strepito
- speranza
malinconia
- nostalgia
- e nasce e
muore
- a tutto
vapore.
-
-
-
- PRIMA CHE BRUCI
PARIGI
-
- Parigi,
1958
-
- Finchè
ancora tempo, mio amore
- e prima che
bruci Parigi
- finchè
ancora tempo, mio amore
- finchè
il mio cuore è sul suo ramo
- vorrei una
notte di maggio
- una di queste
notti
- sul
lungosenna Voltaire
- baciarti
sulla bocca
- e andando poi
a Notre-Dame
- contempleremmo
il suo rosone
- e a un tratto
serrandoti a me
- di gioia
paura stupore
- piangeresti
silenziosamente
- e le stelle
piangerebbero
- mischiate
alla pioggia fine.
- Finchè
ancora tempo, mio amore
- e prima che
bruci Parigi
- finchè
ancora tempo, mio amore
- finchè
il mio cuore è sul suo ramo
- in questa
notte di maggio sul lungosenna
- sotto i
salici, mia rosa, con te
- sotto i
salici piangenti molli di pioggia
- ti direi due
parole le più ripetute a
Parigi
- le più
ripetute, le più sincere
- scoppierei di
felicità
- fischietterei
una canzone
- e crederemmo
negli uomini.
- In alto, le
case di pietra
- senza incavi
nè gobbe
- appiccicate
- coi loro muri
al chiar di luna
- e le loro
finestre diritte che dormono in
piedi
- e sulla riva
di fronte il Louvre
- illuminato
dai proiettori
- illuminato da
noi due
- il nostro
splendido palazzo
- di
cristallo.
- Finchè
ancora tempo, mio amore
- e prima che
bruci Parigi
- finchè
ancora tempo, mio amore
- finchè
il mio cuore è sul suo ramo
- in questa
notte di maggio, lungo la Senna, nei
depositi
- ci siederemmo
sui barili rossi
- di fronte al
fiume scuro nella notte
- per salutare
la chiatta dalla cabina gialla che
passa
- - verso il
Belgio o verso l'Olanda? -
- davanti alla
cabina una donna
- con un
grembiule bianco
- sorride
dolcemente.
- Finchè
ancora tempo, mio amore
- e prima che
bruci Parigi
- finchè
ancora tempo, mio amore.
-
-
-
- Mosca,
1959
-
- Ti amo come
se mangiassi il pane spruzzandolo di sale
- come se
alzandomi la notte bruciante di febbre
- bevessi
l'acqua con le labbra sul rubinetto
- ti amo come
guardo il pesante sacco della posta
- non so che
cosa contenga e da chi
- pieno di
gioia pieno di sospetto agitato
- ti amo come
se sorvolassi il mare per la prima volta in
aereo
- ti amo come
qualche cosa che si muove in me
- quando il
crepuscolo scende su Istanbul poco a poco
- ti amo come
se dicessi Dio sia lodato son vivo.
-
-
-
- Roma,
1960
-
- Quante donne
belle ci sono al mondo
- quante belle
ragazze
- s'affacciano
sulle terrazze della città
- contemplale
vecchio
- contemplale e
mentre da un canto i tuoi versi
- si fanno
più tersi e lucenti
- dall'altro
- devi
contrattare cercando di tirarla in
lungo
- con la morte
che ti sta accanto.
-
-
-
- Berlino,
1961
-
- Ciò
che ho scritto di noi è tutta una
bugia
- è la
mia nostalgia
- cresciuta sul
ramo inaccessibile
- è la
mia sete
- tirata su dal
pozzo dei miei sogni
- è il
disegno
- tracciato su
un raggio di sole
- ciò
che ho scritto di noi è tutta
verità
- è la
tua grazia
- cesta colma
di frutti rovesciata sull'erba
- è la
tua assenza
- quando
divento l'ultima luce all'ultimo angolo della
via
- è la
mia gelosia
- quando corro
di notte fra i treni con gli occhi
bendati
- è la
mia felicità
- fiume
soleggiato che irrompe sulle dighe
- ciò
che ho scritto di noi è tutta una
bugia
- ciò
che ho scritto di noi è tutta
verità.
-
-
-
- Tratte da Poesie
sulla Morte
-
- Forse la mia
ultima lettera a Mehemet
- 1955
-
- Non vivere su
questa terra
- come un
inquilino
- oppure in
villeggiatura
- nella
natura
- vivi in
questo mondo
- come se fosse
la casa di tuo padre
- credi al
grano al mare alla terra
- ma
soprattutto all'uomo.
- Ama la nuvola
la macchina il libro
- ma
innanzitutto ama l'uomo.
- Senti la
tristezza
- del ramo che
si secca
- del pianeta
che si spegne
- dell'animale
infermo
- ma
innanzitutto la tristezza dell'uomo.
-
-
-
- IL MIO
FUNERALE
-
- Maggio,
1963
-
- Il mio
funerale partirà dal nostro
cortile?
- Come mi
farete scendere giù dal terzo
piano?
- La bara
nell'ascensore non c'entra
- e la scala
è tanto stretta.
- Il cortile
sarà, forse, pieno di sole, di
piccioni
- forse
nevicherà, i bambini giocheranno
strillando
- forse
sull'asfalto bagnato cadrà la
pioggia
- e al solito
ci saranno i bidoni per
l'immondezza.
- Se mi tiran
su nel furgone col viso scoperto, come usa
qui,
- forse mi
cadrà in fronte qualcosa di un piccione,
porta fortuna,
- che ci sia o
no la fanfara, i bambini
accorreranno
- i bambini
sono sempre curiosi dei morti.
- La finestra
della nostra cucina mi seguirà con lo
sguardo
- il nostro
balcone mi accompagnerà col bucato
steso.
- Sono stato
felice in questo cortile, pienamente
felice.
- Vicini miei
del cortile, vi auguro lunga vita, a
tutti.
-
-
-
- Poesie
sciolte
-
- ALLA VITA
-
- 1948
-
- La vita non
è uno scherzo.
- Prendila sul
serio
- Come fa lo
scoiattolo, ad esempio,
- senza
aspettarti nulla
- dal di fuori
o nell'al di là.
- Non avrai
altro da fare che vivere.
-
- La vita non
è uno scherzo.
- Prendila sul
serio
- Ma sul serio
a tal punto
- Che messo
contro un muro, ad esempio, le mani legate,
- o dentro un
laboratorio
- col camice
bianco e grandi occhiali,
- tu muoia
affinché vivano gli uomini
- di cui non
conoscerai la faccia,
- e morrai
sapendo
- che nulla
è più bello, più vero della
vita.
-
- Prendila sul
serio,
- ma sul serio
a tal punto
- che a
settant'anni, ad esempio, pianterai degli ulivi
- non
perché restino ai tuoi figli
- ma
perché non crederai alla morte
- pur
temendola,
- e la vita
sulla bilancia peserà di
più.
-
-
-
- Autobiografia
1962
-
- Sono nato nel
1902
- non sono
più tornato
- nella
città natale
- non amo i
ritorni indietro
- quando avevo
tre anni
- abitavo
Alep
- con mio nonno
pascià
- a 19 anni
studiavo a Mosca
- all'università
comunista
- a 49 ero a
Mosca di nuovo
- ospite del
comitato centrale
- del partito
comunista
- e
dall'età di 14 anni
- faccio il
poeta
- alcuni
conoscon bene le varie specie
- delle piante
altri quelle dei pesci
- io conosco le
separazioni
- alcuni
enumerano a memoria i nomi
- delle stelle
io delle nostalgie
- ho dormito in
prigioni e anche in alberghi di
lusso
- ho sofferto
la fame compreso lo sciopero della
fame
- e non
c'è quasi pietanza
- che non abbia
assaggiata
- quando avevo
trent'anni hanno chiesto
- la mia
impiccagione
- a 48 mi hanno
proposto
- per la
medaglia della Pace
- e me l'hanno
data
- a 36 ho
traversato in sei mesi
- i quattro
metri quadrati
- di
cemento
- della
segregazione cellulare
- a 59 sono
volato
- da Praga
all'Avana
- in diciotto
ore
- ero di
guardia davanti alla bara di Lenin nel
'24
- e il mausoleo
che visito sono i suoi libri
- han provato a
strapparmi dal mio Partito
- e non ci son
riusciti
- e non sono
rimasto schiacciato
- sotto
gl'idoli crollati
- nel 51 con un
giovane compagno
- ho camminato
verso la morte
- nel 52 col
cuore spaccato ho atteso la morte
- per quattro
mesi sdraiato sul dorso
- sono stato
pazzamente geloso delle donne ch'ho
amato
- non ho
invidiato nemmeno Charlot
- ho ingannato
le mie donne
- non ho
sparlato degli amici
- dietro le
loro spalle
- ho bevuto ma
non sono stato un bevitore
- ho sempre
guadagnato il mio pane
- col sudore
della mia fronte
- che
felicità
- mi sono
vergognato per gli altri e ho
mentito
- ho mentito
per non far pena agli altri
- ma ho anche
mentito
- senza nessun
motivo
- ho viaggiato
in treno in areoplano in macchina
- i più
non possono farlo
- sono stato
all'Opera
- i più
non ci vanno non sanno
- nemmeno che
cosa sia
- e dal '21 non
sono entrato
- in certi
luoghi frequentati dai più
- la moschea la
sinagoga la chiesa
- il tempio i
maghi le fattucchiere
- ma mi
è capitato
- di far
leggere la mia sorte
- nei fondi di
caffè
- le mie poesie
sono pubblicate
- in trenta o
quaranta lingue
- ma nella mia
Turchia
- nella mia
lingua turca
- sono
proibite
- il cancro non
l'ho ancora avuto
- non è
necessario che l'abbia
- non
sarò primo ministro
- d'altronde
non ne ho voglia
- anche non ho
fatto la guerra
- non sono
sceso nei ricoveri
- nel mezzo
della notte
- non ho
camminato per le vie
- sotto gli
aerei in picchiata
- ma verso i
sessant'anni mi sono innamorato
- in una parola
compagni
- anche se oggi
a Berlino sono sul punto
- di crepar di
tristezza
- posso dire di
aver vissuto
- da
uomo
- e quanto
vivrò ancora
- e quanto
vedrò ancora
- chi
sa.
-
-
-
- È
L'ALBA
-
- È l
alba. S'illumina il mondo
- come l'acqua
che lascia cadere sul fondo
- le sue
impurità. E sei tu, all' improvviso
- tu, mio
amore, nel chiarore infinito
- di fronte a
me.
-
- Giorno d'
inverno, senza macchia, trasparente
- come vetro.
Addentare la polpa candida e sana
- d' un frutto.
Amarti, mia rosa, somiglia
- all' aspirare
l' aria in un bosco di pini
-
- Chi sa, forse
non ci ameremmo tanto
- se le nostre
anime non si vedessero da lontano
- non saremmo
così vicini, chi sa,
- se la sorte
non ci avesse divisi.
-
- È
così, mio usignolo, tra te e me
- c'è
solo una differenza di grado:
- tu hai le ali
e non puoi volare
- io ho le mani
e non posso pensare.
-
- Finito,
dirà un giorno madre Natura
- finito di
ridere e piangere
- e sarà
ancora la vita immensa
- che non vede
non parla non pensa.
-
- Nazym
Hikmet
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