Autori contemporanei
affermati, emergenti ed esordientiRacconti di Lori Marchesin Boer
LA STANZA di Lori Marchesin Boer - Era stata un'ottima idea. Ricordando la casa semidiroccata, dispersa in un
- angolo di campagna, le si era presentata la soluzione.Era stato facile affittarla e poco costoso sistemare una stanza che le serviva da cucina e camera, oltre ad un piccolo bagno.
- Era già passato un mese; lo sapeva con precisione; cancellava i giorni dal
- calendario per non perdere di vista la "data". Le giornate trascorrevano
- lente, uguali. Al mattino, guardandosi allo specchio, vedeva un'immagine
- estranea: i capelli scoloriti, gli occhiali dalla montatura pesante la
- facevano apparire più vecchia. Il viso portava gli inequivocaboli segni
- della sofferenza: lunghi, profondi solchi sulla fronte, occhiaie scure,
- pelle arsa.
- Distesa sul letto, girò lo sguardo intorno; percorse le pareti intonacate,
- assalite da minuscoli insetti che, inesorabili, si insinuavano dalle
- finestre, dalle fessure della porta. Era solita seguire i loro movimenti;
- si chiedeva a quale scopo, meta tendessero; poteva trascorrere ore
- osservandoli: un modo per liberare la mente dai detriti della paura. Il
- dibattersi di quelle macchioline nere costituiva la sua principale attività: attività di rimozione del rimorso.
- Sparire nel nulla significava provocare sofferenza; eppure, fosse rimasta,
- ci sarebbe stato più dolore: come sopportare il suo disfacimento riflesso
- in occhi compassionevoli e sorrisi forzati?
- "Bella mossa", pensò rassegnata. Un ragno aveva catturato due mosche; il
- loro dibattersi cessò presto: crudele; la legge della natura.
- Si alzò con cautela; aprendo la porta, fu quasi infastidita dal tepore dei
- raggi autunnali. La sedia a dondolo era là, pronta, all'ombra di un unico
- arbusto sopravvissuto alla desolazione del luogo. Il dondolio la fece
- cadere nel torpore, poi, subdolo come sempre, lo sentì arrivare: quel
- dolore indefinito che partiva dal petto e, in pochi secondi, sferrava
- attacchi a tutto il corpo. Si irrigidì per non gridare; doveva svuotare la
- mente, ignorare quei compressori che la stritolavano.
- Si concentrò sui fili d'erba calpestati e secchi, sugli operai a poche
- centinaia di metri intenti a costruire una nuova torre al progresso. Quegli
- uomini si erano incuriositi per la sua presenza. Molti giorni prima,
- due di loro si erano avvicinati con una scusa; la vista di una "matura"
- malandata aveva demolito il loro interesse. Ora nessuno veniva a disturbarla.
- Era passato! Il sangue ricominciò a circolare, la nebbia si diradò. Prese il
- libro e lo aprì alla stessa pagina, sempre quella con i versi evidenziati;
- non era dell'umore giusto.C'era una domanda che le bombardava il
- cervello."Quando sarebbe stata pronta?" Quell'isolamento lo aveva cercato e
- voluto, era l'accettazione del non essere, una preparazione all'ignoto.
- " Tre, quattro mesi, signora. Poi dovrà farsi
- ricoverare in ospedale, là riusciranno a lenire il dolore."
- Sembrava non ci fosse scelta, ma lei aveva trovato una via d'uscita. Se non
- si può scegliere di vivere, si può scegliere come morire.
- Quella casa aveva un significato particolare: ore, giorni, i più intensi
- della sua vita vissuti nel vecchio fienile ora sbarrato da tavole.Cancellò
- il pensiero: più doloroso dello sconquasso fisico; tutto appariva vago,
- lontano.
- Cominciarono le piogge. Le mancavano i suoi pomeriggi all'aperto, la sua
- fusione con l'infinito. La stanza si fece angusta; gli insetti minacciosi e
- repellenti. La compressione fisica stava minando la
- sua volontà.
- In una tiepida mattina di novembre, si trascinò sino
- al suo pezzetto di verde, alla sedia umida e scrostata.
- Gli operai la trovarono con un sorriso sereno sulle
- labbra.
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