-
- Il sole illuminava i
tre corpi, arroventava le lamiere della jeep rovesciata
sul fianco sinistro, il muso contro il tronco della
quercia.
- Si sentiva il brusio delle api e lo stormire dei
rami in alto dove l'aria smuoveva le foglie degli alberi.
Formiche scure in fila, a ranghi ordinati e serrati
avanzavano su per il pendio verso il monticello del
formicaio rivestito di aghi bruni, di pino. Odore d'olio
intorno, odore di fumo, odore di corpi, di paura di
rabbia di sangue. Per un attimo la scena rimase
così, ferma, registrata dagli occhi, una
fotografia impressa sulla pellicola della mente,
essenziale nella sua definitiva crudezza.
- Poi noi ci muovemmo. Ci demmo da fare a
raccogliere le armi, a cercare le carte, quelle che il
colonnello doveva avere con sé, quelle per cui
c'eravamo mossi. Avevamo preparato l'agguato con cura, la
Volpe era un maestro in queste cose. E l'agguato era
riuscito. Ma le maledette carte non c'erano. Invece
sì, eccole, se le teneva addosso, un plico,
quattro grandi fogli in cambio di tre vite. Andava bene
così.
- Il Grigio ci fece fretta: " Muovetevi, su, svelti,
andiamo! "
- Eravamo pronti, ci incamminammo su per il fianco
del monte, verso la baracca dei prati alti, guardinghi,
tesi, l'orecchio attento ad ogni rumore, l'occhio fisso a
cogliere un qualsiasi movimento. Niente. Un rantolo. Il
giovane conducente della jeep s'era mosso. Il Grigio
sbuffò, girandosi, ci fece cenno di proseguire.
Sentimmo uno sparo, uno solo ed il Grigio era di nuovo
con noi.
- Salimmo in fila seguendo i sentieri che pochi
conoscevano, che nessuno percorreva, i nostri sentieri
nel folto del bosco che si apriva ad accoglierci e ci
nascondeva richiudendosi alle nostre spalle. A sera,
stanchi e soddisfatti, raggiungemmo il capanno. Era
fatta. Finita. Un'azione rapida, come tante altre,
nessuna perdita. Potevamo riposarci e mangiare e bere.
Non s'era ancora stanchi di quella vita, la molla che ci
spingeva era ancora scattante, agile, piena di forza, la
ruggine sarebbe venuta poi, e se qualcuno provava
nostalgia della casa o di una donna se lo teneva per
sé: c'erano cose più importanti cui
pensare.
- Ci si accartocciava nelle giacche, sui panni
buttati a terra, e si cadeva a dormire e se qualcuno,
prima d'addormentarsi lanciava un'occhiata al cielo di
notte e fissava la luce tremula di una stella conficcata
lassù come un palpito d'ali di farfalla, non lo
raccontava a nessuno.
- Quella sera mi addormentai con negli occhi una
luce lontana, quasi sperduta in un mare di stelle
cadenti. Era agosto.
- La mattina successiva s'era di nuovo in marcia per
i boschi, nell'alba per raggiungere un luogo più
riparato, dove avremmo potuto stare al sicuro ad
aspettare che la caccia che le nostre azioni sempre
scatenava, si placasse, prima di tornare a colpire. A
pomeriggio inoltrato eravamo al Vento Lungo e lì
ci fermammo.
- Il Vento Lungo non era altro che una specie di
grande capanno, un tempo usato di frequente all'epoca
della transumanza, poi, con la guerra abbandonato: era
isolato, nascosto fra speroni di roccia grigia e macchie
di sempreverdi, era ben situato così che da
lì si poteva dominare la valle sottostante e si
controllavano le due vie d'accesso, che poi nulla erano
di più che sentieri. Ci rilassammo. Avevamo
provviste sufficienti ed armi e munizioni, che altro
volevamo? Eravamo vivi, ancora vivi. Avevamo anche da
bere e la prima notte ci demmo dentro, a bere. Tranne gli
uomini di guardia, ovvio. Bevevamo nel buio, c'erano solo
le stelle a trafiggerci con le loro luci e la luna,
grande e tonda come una focaccia,
- " ... no, una frittata... " disse il Lungo e rise.
- " Ve le ricordate le frittate con la cipolla della
Lina? " fece il Rosso
- " Vi ricordate le cosce della Lina? " gli fece il
verso il Gobbo.
- Ridemmo, tutti. Le cosce della Lina erano
leggendarie. Il Lungo rise, poi tacque e si alzò,
allontanandosi a passi lenti.
- " Già, per voi , ragazzi, è facile
riderci su fino a far mattina... " bofonchiò.
Aveva ragione. Per noi era facile, ma a lui la donna era
morta sotto le bombe e se anche non aveva le cosce della
Lina, era uguale, per lui, che gli veniva ancora un
groppo in gola se ci pensava. Il Rosso scosse il capo e
tutti ci zittimmo. A pensare ciascuno ai fatti propri.
Ciascuno ai propri ricordi, o ai propri sogni. Uno nel
buio cacciò una bestemmia e si rigirò sul
fianco. Si sentivano i nostri respiri fra l'odore di
terra e di muschio.
- Ci fu un trapestio: una bestiola, certo. Un altro.
Il Lungo s'appiattì contro una roccia a dieci
metri da noi. Allungammo la mano, e prendemmo le armi. E
le sentinelle? Accidenti a loro? Che facevano? Dormivano?
Sassi smossi lungo il sentiero a nord, qualcuno saliva al
capanno.
- Ci appiattimmo a terra ed accarezzammo le armi.
Eravamo storditi, ma non sbronzi. Il Gobbo strisciava
pian piano sul ventre, piccolo e storto com'era, per
finire dietro il cespuglio che nascondeva il termine del
sentiero.
- Rami smossi, e allora, solo allora, il fischio.
Eravamo già schizzati tutti, in piedi, armi
imbracciate, pistole puntate, mirando alla testa, al
petto del ragazzo che il Gobbo aveva fatto cadere a terra
e adesso gli stava proprio sopra con il braccio alzato a
colpire, immobilizzato dal fischio, giusto in
tempo.
- La Volpe ringhiò: " Qualcuno vada a vedere
che accidenti sta facendo quel pezzo di figlio di buona
donna. " E il Rosso partì a controllare la
sentinella.
- A terra il ragazzo stava immobile e sussurrava: "
Ohé, che vi prende? Sono Tullio, il figlio del
calzolaio, non vedete che son io? "
- " Brutto cretino, cosa volevi? Farti ammazzare?
"
- " Ho fischiato... "
- " Dovevi aspettare ancora un po'a fischiare...
"
- " Dai su, tirati su... "
- " Siete matti... "
- " Basta, adesso basta! - la voce della Volpe
risuonò fra i bisbigli, sembrò altissima,
assordante e ci rendemmo conto di quanto fossimo fuor di
testa-" Che ci sei venuto a fare? "
- " Èper via del paese, sono venuti, li hanno
presi... "
- " Chi è venuto? "
- " Che cosa c'entra il paese?"
- " Zitti! " Questa volta la Volpe gridò. Nel
buio. Mentre in cielo stormivano stelle cadenti.
- Entrammo nel capanno. Facemmo luce, dopo aver
tirato le coperte sulle tre finestre. Il Rosso
entrò trafelato: " Non l'ha visto, non l'ha
sentito, era sveglio... "
- " Sono venuto su per il bosco e solo all'ultimo ho
preso il sentiero... "
- Fissammo il ragazzo: su per il bosco? Come un
capriolo? Perché?
- Era il figlio del calzolaio, poteva avere un
quattordici, quindici anni, era sottile e fragile e
stanchissimo, sporco di terra, le mani e il viso
graffiati, piangeva. Il Lungo gli diede una tazza con del
caffé nero e forte :
- " Dai bevi, poi ci racconti, con calma. " Il Lungo
aveva tirato su due figli e si vedeva.
- Il ragazzo beveva. Lo guardavamo, tutti.
Nervosamente.
- " Allora? " La Volpe era scuro in volto.
- " Verso sera sono entrati in paese due camion,
dopo... dopo che voi avevate finito,... pieni di
soldati... "
- " E allora? "
- " Hanno raccolto un mucchio di persone e ci hanno
lasciato due giorni di tempo per dire i nomi dei
responsabili o dove possono trovarli, o comunque due
giorni a voi per consegnarvi... "
- " Due giorni, e poi? E poi cosa si credono di
fare?"
- " Poi ammazzano i civili del paese." La voce della
Volpe suonò piatta.
- " Hanno detto che li ammazzano tutti, hanno preso
mia madre e mia sorella... "
- " Se ha cinque anni, tua sorella!"
- " L'hanno presa, vi dico, l'hanno presa!"
- " Che si fa? " Il Gobbo si schiarì la voce
" Possiamo tornar giù e cercar di liberarli...
"
- " Sono in troppi. "
- " Non ce la faremo mai. "
- " In paese pensano che potreste unirvi al gruppo
del Negro... "
- " Il gruppo del Negro non ce la può fare a
raggiungere il paese in tempo, neanche se si mettono le
ali ai piedi... "
- " E allora? Dovete far qualcosa! "
- " Calmati adesso. Vai a riposarti. Noi dobbiamo
parlare." Sotto la barba bionda la Volpe era grigio come
cenere lasciata su un focolare spento per
giorni.
- Il Lungo diede una pacca sul dorso magro di Tullio
e gli indicò un angolo con una branda rugginosa.
Il ragazzo si sdraiò.
- " Fuori, andiamo fuori." La Volpe era in piedi, le
dita strette a pugno nei palmi delle mani. Uscimmo.
- " Non lo faranno."
- " Oh, sì che lo faranno! Che vi credete?
Che minaccino, così, al vento? "
- " Per la miseria, ma se ci sono di mezzo donne e
bambini... "
- " Non gliene importa niente."
- " Sono soldati e i soldati fanno la guerra contro
chi è armato come loro. ... "
- " Balle! Fottutissime balle! In guerra ne
succedono di tutte! "
- " Insomma se tiri una bomba da un aereo e quella
cade su un paese, ci vanno di mezzo tutti quanti. Ma
così è diverso... è ... è a
sangue freddo, ecco com'é. "
- " E allora? Ce l'hanno il sangue freddo per fare
una strage. Non vi ricordate quello che è
capitato... e non erano balle! Dicevano che erano balle e
invece, ve lo ricordate quanti ce n'erano in quella buca
che pareva un cratere? "
- " Zitti! " La Volpe era in piedi, come tutti noi,
con le spalle girate al capanno, dritto come un fuso, il
viso levato verso il cielo scuro della notte. Non
distolse lo sguardo mentre pronunciava quell'unica
parola. Tacemmo e lo fissammo: era il nostro capo. Ci
aveva sempre guidato bene, ci aveva salvato la pellaccia
tante volte: lui sapeva quello che si doveva fare, come
si doveva fare, sempre. Anche questa volta.
- " Non possiamo far niente. " disse.
-
- Quella notte la Volpe aveva detto: " Non possiamo
far niente. "
- E una voragine s'era aperta sotto di me e mi aveva
inghiottito nel ventre della terra e mi aveva tenuto ben
stretto per impedirmi di tornare indietro, di annullare
quelle parole, di dire: " Io vado, non so che cosa
farò, come lo farò, ma vado. " Le parole
non s'erano mai fatte spazio , avevano preso a spintoni
le porte del mio cuore, avevano fatto sobbalzare lo
spirito nell'urto, ma erano state ricacciate giù,
reingoiate nel profondo della ragionevolezza, del buon
senso, poiché sapevo che senso non c'era ad andare
a crepare senza speranza di niente, per niente. La
ragione me lo diceva di non fare lo stupido, tanto non
sarebbe servito. Altri morti, magari eroi morti, certo.
Ma non li avremmo salvati. Ascoltai la voce della ragione
e l'eco della paura che vedevo negli occhi degli altri.
Frustrazione si specchiava nel nostro sentirci inutili,
serpeggiava pallida fra le gambe e le braccia, sgusciava
dalle dita, si solidificava nel respiro.
-
- La Volpe ordinò di togliere il campo,
ordinò di disperdersi per la montagna,
ordinò al Lungo di portarsi dietro Tullio. Gli
obbedimmo.
- All'alba il capanno era deserto, il fuoco era solo
un due braci stente sotto la cenere che le soffocava, la
porta del capanno sbatteva e sbattendo cigolava: stava
per scoppiare un temporale. La Volpe era in piedi sul
crinale che il vento sferzava e vide l'alba sorgere e lo
schiarirsi del cielo mentre il temporale urlava fra i
massi ed i rovi, i fulmini s'accendevano in ferite
luminose e brillavano per un attimo fra nuvole al
galoppo. Poi, in breve, tutto si quietò e il sole
comparve a scaldare i monti fradici. Si posò sul
petto della Volpe, gli illuminò il volto, trasse
riflessi biondi dalla barba, gli ferì gli occhi
azzurri dove l'anima si riversava creando immagini di
dolore. Allora la Volpe si riscosse, si tolse l'incerata
nera, la piegò, ci ripensò, la
lasciò cadere a terra, si guardò intorno,
il luogo era deserto, si mise il fucile in spalla, si
strinse il cinturone militare in vita, e si avviò
rapido verso il fondovalle.
-
- Il suo cuore correva avanti a lui. Il Vento Lungo
era già solo un ricordo.
- A volte è molto lunga la strada da
percorrere per ritrovare se stessi, spesso è molto
difficile spiegarsi il perché si è divenuti
quello che mai si sarebbe pensato di diventare,
perché si sono accantonati i sogni, perché
gli ideali sono stati traditi.
- Era giovane allora e si chiedeva perché,
mentre scendeva attraverso il bosco, verso il paese,
lungo il sentiero dei caprioli. Ma non c'era
perché. O se c'era, non lo vedeva.
-
- La Volpe era giovane e forte e aveva solo creduto
di poter aiutare a fermare lo sterminio che avanzava
sulla canna dei fucili, su per i nastri dei
mitragliatori, nelle fosse comuni, credeva che i ragazzi
avessero il diritto di divenir vecchi. Aveva combattuto.
Con fierezza. Di più, con dedizione. Perché
aveva creduto che fosse suo dovere.
- Scivolò sullo strato di foglie fradice sul
suolo, cadde e rotolò per alcuni metri; se ne
stette lungo disteso, la bocca premuta contro la terra,
impastata di terra, ad occhi chiusi, il respiro corto,
cercando di afferrare quel qualcosa cui la mente correva
incontro. La mano strinse uno sterpo rinsecchito,
contorto, imbiancato da uno strato sottile di muffa. Lo
fissò per alcuni minuti come se fosse la cosa
più importante del mondo, o forse la più
preziosa.
- " Uno sterpo, si disse, solo un vecchio sterpo
contorto, lo posso spezzare con lo sputo, " La Volpe rise
dello sterpo mentre, stringendolo nel pugno, si
puntellava con i gomiti e con le ginocchia e si rialzava
lentamente. Una volta in piedi, posò lo sterpo con
delicatezza accanto al tronco di un castagno, lo
guardò rilucere contro il muschio scuro, sembrava
irreale, ed in ultimo anche lui si sentiva così,
uno sterpo.
-
- Ci fu un fruscio alla sua destra, e fu subito in
allarme, imbracciò il fucile e contemporaneamente
si portò dietro il tronco. Un altro fruscio,
vicino, troppo vicino, uno tremito fra le felci alte e
gli arbusti.
- " Vieni, vieni avanti, fammi un po'vedere che
faccia hai. Su! " pensò.
- Il cerbiatto era attento, prudente, ma insieme
fiducioso. Uscì allo scoperto, un corpo agile,
elegante, macchiettato di marrone, occhi enormi, solo due
protuberanze indicavano che presto sarebbero spuntate le
corna.
- Abbassò l'arma e se ne stette fermo, per
non farlo fuggire con il cuore a frastornarlo per lo
spavento, era una bella bestia. Un nome si formò
da solo nella mente, come una bolla di sapone gonfiata
dal fiato attraverso una paglia fragile, un pensiero, un
ricordo gli balenò negli occhi, ma era stato tempo
prima, un ricordo perfetto per un tempo perfetto. Si sa
l'innocenza è perfezione. Lo era stata anche per
lui, una vita prima di allora.
- Si rilassò e rimase fermo nel bosco, sotto
i rami di castagno che ancora grondavano gocce di
temporale, come stupito che tanta grazia e bellezza
ancora potessero esistere. Sentì d'amare quella
bestiola.
- Ignorava che quello sarebbe stato l'altimo guizzo
d'amore che avrebbe provato per tanti giorni e mesi e
anni a venire.
- Se l'avesse saputo, forse sarebbe stato tutto
diverso. Oppure no. Tanta è l'incertezza
accucciata nell'angolo del focolare che tutti circonda e
fa del vivere un'avventura piena di misteri e di luci e
di ombre. Il mondo tondo illuminato dal sole tondo come
un'enorme focaccia dorata si addormenta nell'argento
della luna e pare che il mistero stia tutto lì, in
quel sorgere e tramontare e sorger di nuovo. Ma ci sono
gli uomini e gli uomini pensano e a volte agiscono e
spesso rompono il delicato ingranaggio che regola le luci
e le ombre ed allora quando si giunge al punto, che mai
è punto d'arrivo, ma sempre di partenza, gli
uomini reagiscono, poiché diversi gli uni dagli
altri, in modi diversi e nascono rabbia, amore, odio,
tormento ed inevitabilmente la prima vittima è
l'innocenza: quella del pensiero, della mente, prima
ancora che quella del cuore. La Volpe lo sentiva,
oscuramente certo, ma lo sentiva, questo disagio freddo
che cantava la fine della giovinezza.
- Si sentiva stanco, erano due notti che non
dormiva, forse tre e la tensione gli stringeva lo stomaco
in una morsa di ferro. Aveva anche paura, per sé e
per quello che sarebbe accaduto, che non avrebbe potuto
fermare, ci sarebbe voluto un miracolo, ma sua madre ci
aveva creduto ai miracoli, lei sì. Riprese a
scendere lungo il fianco del monte, mentre il sole
incominciava a scaldare i rami alti degli alberi. C'erano
pochi pini tutti stretti l'uno all'altro, così che
solo le cime che ricevevano luce e calore erano verdi di
aghi, il resto dei tronchi era bruno con rami scheletriti
color della ruggine. C'erano ciliegi selvatici, querce e
castagni e cespugli di felci azzurrine nel vapore che
saliva dall'umido. Sentì il ruscello: bene, era a
buon punto.
- Perché ci andava non lo sapeva. Che cosa
avrebbe fatto neppure. Sentiva la voglia di fare piazza
pulita, una volta per tutte e che fosse finita. Non era
la prima volta. L'aveva già provata quella
sensazione di volerci darci un taglio definitivo,
compiendo qualcosa di atroce, magari crepandoci nel
farlo, ma poi, poi che pace ci sarebbe stata, che quiete
e lui non avrebbe più dovuto lavarsi di dosso quel
sangue tutto uguale al suo, fisioligicamente uguale.
- Si accorse di digrignare i denti.
- " Non ne posso più. " si disse.
- Continuò a scendere a valle, verso il
paese. Dov'era il suo posto, se lo sentiva dentro.
C'erano voci che lo chiamavano.
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