LA PIÚ GRANDE
ANTOLOGIA VIRTUALE
DELLA POESIA ITALIANA
Poeti contemporanei affermati, emergenti ed esordienti
Mariano Saturno Con il cuore in mano e una mano sulla coscienza
- Incuria e dolo
- Sebbene all'incuria e al dolo
- si ribelli la natura all'uomo,
- franandogli addosso
- acqua melma e fango,
- straripa nell'uomo la voglia d'America
- che continua ad infangare
- col suo cinismo e i suoi affari
- cielo terra e mare.
- Se potessi, contrariamente al pittore
- dipingerei ciò che la gente non vuol vedere:
- mari di veleni sotterrati
- sotto montagne di rifiuti e d'affari
- e qua e là una pennellata
- di peste sparsa per la campagna
- con, spersa al pascolo, una mucca pazza.
- O similmente ad un grande Poeta
- direi ciò che i poeti,
- in eremitaggio sull'Aventino,
- non vogliono più dire o celano
- sotto geroglifici lirici astrusi
- lontanandosi anni luce
- dall'uomo, il suo tempo... e la sua voce.
- Cosa rimane
- O nostalgia di zolle rimosse al crepuscolo
- profumate d'infanzia!
- Cosa rimane
- se non di sabbia castelli che non reggono,
- se non di verità travisate granelli che non sfuggono.
- Cosa rimane
- oltre questo immane stupore
- a eventi che continuano a fluire
- come di un fiume lo scorrere delle acque
- che al loro corso asservono
- anche le pietre più dure.
- Dell'alba già son sbiaditi i colori,
- e con essa il fresco frizzante profumo
- nel giorno che sale, più non esala
- dell'adolescenza ahimè ormai sfocata
- i vivaci vividi vapori.
- Tuttora non so cosa rimane
- e nell'illogica pellicola dell'esistenza
- come un rullino di foto già viste
- tutto mi appare.
- Già nel meriggio dall'asfalto salienti
- diafane striature di calura vibranti
- nella vampa della canicola che impone
- miraggi di anelite conche
- nell'animo arso scompone
- oasi sfuggenti, lontanandosi alla vista
- a più a più che in tal punto s'appressa il passo,
- sembra convergano in un'immagine sfumata
- dell'inafferrabile vita.
- Non oso, tuttavia, non pensare
- a cosa rimane nel vespero
- prima di sparire.
- Fantasmi
- Fantasmi
- dagli animi avidi
- di eventi pavidi
- proiettati
- dal barbaglio
- di schermi non inermi
- come abbagli
- nell'allucinato
- nonsenso
- del nulla quotidiano.
- Ombre
- dalle grandi braccia
- che non stralciano
- le orme di schemi
- già tracciati
- dall'incapacità inerte
- di chi non traccia
- tracce proprie
- come una comparsa
- del niente di oggi
- di ieri di domani.
- Illusioni
- dalle grandi ali
- di fatue oniriche visioni
- che si posano
- su brame senza fondo,
- che tentano
- un goffo abbraccio infondato
- del vuoto abissale
- dell'essere che langue,
- come la fiammella
- dell'ultimo cero
- man mano che l'assale
- il più profondo sonno.
- L'ho sentita venire
- Accarezzandomi
- come il manto impalpabile
- della nebbia
- l'ho sentita venire
- col sibilo del vento
- che sussurrava
- note remote
- di versi ingialliti
- alle corde del mio animo
- prima che appassisse.
- L'ho sentita venire
- col gorgoglio di un ruscello
- che facendosi il letto tra i sassi
- mormorava eterni passi
- di poesie antiche
- alle antenne del mio cuore
- prima che ingiallisse.
- L'ho sentita venire
- con il trotto di un treno
- che seguiva
- i binari dell'anima mia
- prima che sparisse
- in una buia galleria.
- Ora a tratti la vedo sparire
- nell'impoeticità della natura
- e nel disincanto dell'uomo sulla luna,
- poi riapparire nel magico
- sornione sorriso
- di un bimbo appena nato.
- Un luccichio di lucciole
- un semaforo incerto
- la poesia
- nella notte nera.
- I corvi volano più in alto
- Per rincorrere i sogni di ieri
- che sulla strada di domani ancora si defilano,
- guardando più dentro che fuori
- la loro sfida tardi ho colto.
- Torvi,
- più in alto dei piccioni,
- volano i corvi.
- Sebbene lì inteso fosse il senno,
- un passo di un vecchio libro affiora:
- "Sovra gli altri come aquila vola".
- Forse allontanandosi dalla riva sfugge,
- che più solo e privo di ripari ti ritrovi.
- I gabbiani pur essendo uccelli di mare,
- quando avvertono il temporale
- invertono la rotta
- e volano verso terra.
- Chissà... se ci avvicini la morte,
- sebbene qualcuno col timore del contagio,
- vi arrivi in un legno di tutt'altro pregio!
- Sublime,
- prima d'imboccare la solitaria rotta
- a senso unico, poter carpire
- perché i corvi volano più in alto
- o perché taluni si sentono più corvi di altri.
- Come si cambia
- Quando partisti
- con la valigia di cartone
- che odorava d'ideali e di sapone,
- una lacrima commossa
- t'inseguì finché sparisti.
- Seguirono valanghe di lettere
- e fiumi di parole sommesse
- di gandiane sommosse
- come favole sconnesse
- di terre straniere.
- Ahi! Quante volte ragionammo assieme
- di laceranti ingiustizie sociali,
- onde alleviar le catene
- di mutanti padroni
- che ci trattavano male.
- Quando ti ho rivisto
- con l'orologio d'oro al polso
- e un'industria di profumi addosso
- son rimasto...
- come gli occhi di un bimbo
- innanzi al prestigiatore.
- Non volermene fratello mio
- ti preferivo con la valigia di cartone
- che odorava di sogni, e di sapone.
- Il colore dell'animo
- O animo informe
- riverbero d'ombra di mare
- di lidi privo e di sponde
- del colore rivela l'arcano
- sollevando di veli il tuo manto
- che alla mente le tinte nasconde
- e al pensiero non svela il mistero.
- Nell'universo delle emozioni indagando
- t'immaginavo come una nuvola bianca,
- che la spola tra loro facendo
- al vento affidasse i suoi moti
- e di commozione alla pioggia i suoi groppi.
- Col tempo sempre più a fondo indagando
- fallace e fatuo qualche colore vi scorsi:
- se tingesse di rosso il viso l'amore
- di che colore lo rispecchierebbe,
- e con esso il pallore,
- su velluti di Veneri nere?
- Avesse il mare un'ombra chissà dove
- e di che tinta la stamperebbe in fondo agli abissi.
- È la nostra incoscienza che impone
- un colore anche laddove
- non sussiste.
- L'animo non ha colore,
- ma solo sfumature di pelle diverse.
- Libertà di...
- Continuo ad inseguirla nel sogno,
- ove altrimenti se di libero
- altro non intravedo
- che un'arbitraria percezione
- di libertà onirica di parola e pensiero.
- Come se del mite
- la mente e lo spirito,
- dallo stesso pensiero occlusi
- di come sopravvivere ai soprusi,
- libertà di accesso non avessero al più umano
- avvicinamento del divario,
- come alle torri di un castello
- dal ponte levatoio alzato.
- O può forse competere
- con chi è libero di affermare
- che non si ragiona col cuore in mano
- o una mano sulla coscienza
- dato che una nazione o un'azienda
- non sono istituti di beneficenza
- e la politica non può andare nel "particulare"?
- Come se fare profitto dovesse essere
- un'associazione a delinquere
- e milioni di disoccupati, sottopagati o emarginati
- fossero solo un particolare.
- In risposta ad una laureanda
- E se è indubbio che col legno, faticosamente,
- crea le forme il falegname
- ed il fresatore dai metalli,
- col ghiaccio le granite il gelataio
- e lo sculture statue dal marmo;
- altrettanto indubbio è, che faticosamente
- il poeta tenta:
- - d'intarsiare le teste di legno
- - fresare gli animi di piombo
- - sciogliere i cuori di ghiaccio
- e polire sentimenti arrugginiti.
- Anche se a volte tace
- onde non appesantire la croce
- il suo verso non asconde
- che il magico quadrato
- non può squadrare dal momento che il lato
- del cedere almeno il superfluo manca
- e dell'altruismo sprangata è la porta.
- Quando della vita
- le lancette segneranno
- pure per te un'ora indefinita
- della sera, allora cara ragazza
- avrai capito spero
- che raramente è ricco
- chi nei miliardi sguazza.
- Saldare dovrà ognuno il conto
- allorquando, nonostante stracolmo,
- il nostro pozzo infinito
- non piangerà sulla miseria dell'animo
- sciabordante di povertà.
- Paradossi moderni
- Anche nel penultimo casolare,
- addirittura accanto al focolare,
- spento hanno le parole.
- Nessun prologo riscalda più.
- Non infiamma più alcun dialogo.
- Della ragione anche l'ultimo bruzzolo
- sembra abbia cessato di ardere.
- Hanno acceso il televisore.
- Esco. Col collo storto
- abbarbicato al cellulare
- scorgo che qualcuno parla da solo.
- Forse delle onde contorte
- inviano dei messaggi distorti
- alla cabina del suo cervello.
- Allora, una volta a casa
- semidistrutto, ho spento tutto
- ho acceso Internet, mi sono disteso sul letto
- e mentre vedevo scorrere
- vorticose immagini oscene
- di qualche povera ragazza dell'Avana
- costretta suo malgrado a fare la puttana
- mi chiedevo se qualcuno, almeno l'amore
- lo facesse ancora come qualche tempo fa
- o se di tradizionale ormai
- fosse rimasta solo la divisione dei beni
- del naturale divorzio,
- mia moglie, distesa accanto,
- mi sussurrava candidamente:
- "Amore, fammi un favore,
- fallo come sempre, realmente,
- io non sono ancora pronta virtualmente".
Per leggere l'opera 4° classificata Concorso Letterario Angela Starace 2000 sez. poesiaPer leggere la prefazione del libro " Con il cuore in mano e una mano sulla coscienza"
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