-
- I giorni
incominciarono a scorrere come un fiume tranquillo che si
riveste di scaglie splendenti e multicolori nel gioco
continuo di luci ed ombre che si rincorrono da riva a
riva. Lavoravo dall'alba al tramonto e la terra si
riprendeva, incominciava a rispondere alle cura e alla
fatica. Mara cresceva a vista d'occhio e Giada si dava da
fare in casa, aiutava l'Ernesta, faceva il bucato,
imparava a cucinare, accudiva la bimba. Ed era
smagliante.
- Era tanto bella che faceva rimanere a bocca
spalancata i braccianti a giornata, i viandanti che
venivano a chiedere da bere e magari da mangiare, solo
qualcosa, grazie e in cambio raccontavano quello che
avevano sentito dire in giro, nelle città per cui
erano passati. C'era la ricostruzione, ovunque si
ricostruiva quello che era andato perso, ovunque si
commemoravano i caduti, si cercavano i criminali di
guerra, per punirli.
- " I morti non li fa tornare indietro né la
ricostruzione, né una lapide con tanti nomi
sopra... " disse uno un giorno. " Ma tant'é, dopo
la guerra ci si accorge che bisogna piangere le
vittime... io, per me, che sono un ignorante, vorrei che
non ci fosse, la guerra, così non ci sarebbero
vittime da piangere e nomi da scrivere su pezzi di marmo
in piazza, non crede? "
- " Sarebbe troppo semplice. Gli uomini non sono
semplici. "
- " No? Io dico che a non esser semplici sono quelli
che comandono che ci hanno da guadagnare pur qualcosa nel
mandare a morir la gente. Ma io sono un ignorante. " E se
ne andò.
- " Non ha poi mica torto torto... " commentò
l'Ernesta.
- Giada era accanto a lei e scosse la testa scura: "
Non ho mai capito perché ci si deve ammazzare ...
Spero che non ci sia più un'altra guerra. "
- Sollevò Mara dal cesto di vimini e
alzandola in aria, le disse: " Vero? Vero? " Le rispose
un gorgoglio sorridente.
- Aveva il seno sodo e gonfio di latte ben delineato
sotto la camicia di tela che indossava, pareva la dea
della maternità e insieme dell'amore e della
fecondità.
- Distolsi lo sguardo, presi la roncola e mi avviai
al campo a est, sentendo un leggero formicolio su per le
gambe: mi sentii colpevole e perciò lavorai
furiosamente con Felix che scavava buche esattamente dove
non doveva, ma bisognava capirlo, lui era un cane di
città.
- Ricominciarono a parlarmi, dapprima fu solo come
un soffio d'aria che porta con sé sussurri e
respiri, poi divenne un ronzio come di sospiri affrettati
ed infine vennero le parole a rincorrersi nella mente.
- Le voci non gridavano più, chiaccheravano,
calme discutevano fra di loro, ponevano domande,
attendevano risposte. Non avevo risposte da dare ed ebbi
paura, paura di divenir pazzo, di non poter restare, di
dover riprendere il cammino. Forse, pensai, era la mia
punizione. Divennero a un tratto consolatorie,
acquietanti. Le sentivo arrivare da lontano, un tintinnio
fra le foglie e gli arbusti, fatte di materia leggera,
balenanti, mi accompagnavano. Sarebbero rimaste con me
per sempre, pensai, ed era giusto così,
perché io non mi sarei mai perdonato. Non ci avrei
mai neppure provato. Era capitato che perdessi di vista
la linea ondulata che frangia la luce d'ombra, mi ero
lasciato trascinare da una corrente impetuosa e avevo
calpestato la mia giovinezza e la mia forza. Era
capitato. Capita agli uomini in quanto tali di commettere
errori, anche capitali. Avevo preso la mia anima fra le
mani e l'avevo spremuta fino a lasciarla svuotata, ma
adesso la mia ombra era di nuovo strettamente connessa al
mio corpo e, anche se non sarei più stato quello
di prima, pure avrei potuto continuare a vivere: me lo
sarei concesso. Sentendomi colpevole.
- Un pomeriggio, era estate piena, Giada venne nel
campo e aveva con sé Mara. Camminava fra l'erba
con a lunghi passi veloci ed insieme aggraziati, la testa
eretta, le spalle scoperte nel sole. Mi vide ed
agitò la mano, salutando e mi additò alla
piccola. Passando fra l'erba alta, all'improvviso la
terra s'animò. Fu come se cento, mille fiori
sbocciassero in un colpo e si levassero in volo. Giada si
fermò con il viso arrossato dalla sorpresa e
seguì il disperdersi delle farfalle nell'aria:
erano le farfalle rosso brune che nel sole parevano punte
di fiamma, quelle di cui mio padre diceva " Ci sono state
sempre in quel punto fra l'erba alta e ogni anno
ritornano... "
- Anche quell'anno erano tornate e frullavano
intorno al volto di Giada, alle sue braccia fresche, alla
sua gonna rialzata,un lembo nella cinta, come la portava
un tempo l'Ernesta, le assomigliavano, lucenti, tutte
colore, fascino e magia. Guardai Giada che si
allontanava, piena di vita, fiorente di giovinezza e la
desiderai.
- Sul finir dell'estate s'incominciò a parlar
di battesimo. Il nome c'era, mancava il sacramento. Si
poteva fare tutto un giorno qualsiasi, bastava avvertire
Don Fulvio, disse l'Ernesta. Lo sapevamo, vero, aggiunse,
che Mara sarebbe risultata una NN ? Sì,
perché Giada non sapeva chi fosse il padre e, ad
ogni modo, nessuno l'avrebbe riconosciuta come figlia
sua.
- " Che peccato, piccolina! Se lo tirerà
dietro tutta la vita. A scuola, Sul certificato di
matrimonio... "
- " Non è una tragedia. " dissi io.
- " Forse no. Ma la gente ci bada a cose come
questa, sa! " rispose lei.
- Giada taceva, un'ombra le velava lo
sguardo.
- " Insomma, non è la fine del mondo. Le
vogliamo tutti bene, NN o no! " tagliai corto
io.
- " Anch'io sono messa così. " disse Giada e
scosse il capo, liberando una ciocca di capelli scuri.
- Il discorso finì lì. Ma mi
tornò in mente il giorno successivo e quello dopo
ancora. Mi resi conto che non volevo che Mara
incominciasse il suo cammino esposta alla critica o alla
derisione o soltanto alla curiosità di quella
stessa gente che di me poteva dire o pensare quello che
voleva, tanto non mi importava. E il rimedio l'avevo a
portata di mano.
- " La riconosco io, Mara. " dissi quella sera, a
cena, perché avevo ripreso a mangiare a casa, per
godermi la bimba.Le due donne rimasero immobili,
l'Ernesta vicino ai fornelli, Giada con il mestolo in
mano pronta com'era a versar la minestra nei piatti:
sembravano di cera.
- " Èuna buona cosa. " La voce dell'Ernesta
suonò leggermente distorta.
- " Non sei obbligato... " saltò su
Giada.
- " Lo voglio fare. " tagliai corto.
- Fu così che sulla carta divenni legalmente
il padre di Mara. Il vecchio Don Fulvio mi trasse in
disparte, nella canonica che sapeva di umido e di incenso
e mi chiese: " Èfiglia tua? "
- " No. " gli risposi
- " Hai intenzione di sposare la madre? "
- " No. "
- " Si può sapere perché lo fai? "
- " Se non lo faccio, sarebbe come lasciarle un
marchio tutta la vita. "
- " Ma cosa credi che diranno in paese? Riconosci la
bambina, vivi in casa con la madre... che è, bene,
è una bella ragazza, femmina la chiamano, e va
bene che c'é l'Ernesta con voi, ma... "
- " Ma che cosa? Uno deve sempre rispondere alla
gente di quello che fa? Ma non viene in mente a nessuno
che si possa far qualcosa in buona fede? "
- " No, a nessuno. E nessuno ci crederebbe.
"
- " Allora possono andare tutti al diavolo.
"
- Mi guardò, interdetto, ma era anziano e ne
aveva viste e sentite di tutto un po', credo che niente
lo potesse più meravigliare. Forse proprio
perché tanto aveva vissuto fra tante miserie del
corpo e dello spirito, aveva voglia di vedere finalmente
un qualcosa fuor dalle regole, per crederci e sperare in
un miracolo anche se piccolo piccolo. Corrugò la
fronte: " Dovrei dirti che non è questo il modo di
parlare a un prete, che non è il modo di
considerare gli altri... dovrei dirti che il tuo
comportamento dà scandalo, ma manderesti al
diavolo anche me. "
- " Riconosco la bambina per il suo bene, per
tenerla al riparo dalle... "
- " Chiacchere? Quelle che stanno già facendo
tutti? Sei incoerente, te ne rendi conto? " Scosse il
capo che, in bilico sul collo ossuto, sembrò sul
punto di cader giù da un momento
all'altro.
- " Forse. Penso che adesso Mara non può
accorgersi di niente e che quando sarà cresciuta
la gente avrà dimenticato... "
- " Lo spero per lei, ma non ci credo. Però,
se la tua intenzione è questa, davvero questa, fai
bene. Èun'opera buona."
- Non ne sapevo niente di opere buone io: andavo
dove la mia ombra mi portava, fra nebbie e fruscii, con
il gelo che si alternava alla fiamma dentro il
cuore.
- Divenni il padre di Mara.
- L'estate si diluì in autunno, l'autunno
fluì nell'inverno e la neve scese a coprire i
campi e rivestì di bianco la croce sulla tomba
della donna che aveva gli occhi più belli del
mondo. Poi fu primavera ed ancora estate e la piccola
Mara cresceva a vista d'occhio, correva carponi per la
cucina dietro a Felix, si alzava in piedi aggrappata al
mio dito indice, faceva versetti che erano già
parole ed era un'incantatrice nata.
- Fu un'estate torrida, il fiumiciattolo
s'asciugò, le zanzare calarono a tormentare senza
dar requie, tanto che improvvisai una specie di
zanzariera appesa ad una canna robusta per il lettino di
Mara, ma in compenso i campi erano pieni di lucciole che
picchiettavano il buio della notte di mille lumi
scintillanti e saltellanti, stelline cadute dal cielo,
diceva Giada alla bambina.
- Mi piaceva girare nel buio fra quelle luci briose
come se andassi vagabondando sospeso fra terra e cielo e
sempre di sera quando scendeva dalla collina un alito
leggero a far respirare un poco le creature con Felix a
fianco, perché ormai non mi stava più
incollato alla gamba, ma aveva conquistato un po'di
autonomia, camminavo allontanandomi della casa senza una
meta precisa, senza un perché definito, solo per
il gusto di muovermi.
- Nel buio, una sera di quell'estate, sentii due
voci venire da dietro il capanno degli attrezzi ed una
era fuor di dubbio, quella di Giada.
- " Lo so, lo so... puoi fare quello che vuoi... ma
pensaci, cosa ci guadagni? "
- " Non lo sai? Non far finta, lo sai quello che
voglio. "
- " Io... ho la bambina. "
- " E allora ? Non mi interessa tua figlia. "
Sghignazzò. " Deve crescere ancora un bel po'! Non
fare tante storie! "
- " Lasciami perdere, voglio solo star tranquilla,
non faccio niente di male... "
- " Sai come starà bene tua figlia quando le
diranno che sua madre pestava i marciapiedi! Non è
colpa mia se sei tanto bella che non ti si può
dimenticare! Ti ho riconosciuta subito in paese,
nonostante la vecchia e la bambina! "
- " Non mi importa. Mi hai vista, mi hai
riconosciuta, per me sei uno di quelli che mi pagavano
per il mio mestiere, non ti ricordo, non voglio stare a
sentirti... "
- " Mi starai a sentire invece. Se non vuoi che vada
in giro a raccontare la storiella della tua vita, se non
vuoi che l'impari anche il tizio che ti tiene con
sé, ti conviene star qui a farmi compagnia, per
un'oretta, non sarà la fine del mondo, non avrai
dimenticato come si fa, dai! "
- " Se ti dicessi che il tizio con cui vivo sa
già di me? Che l'ha sempre saputo... ? "
- " Non ci crederei! "
- " E faresti male. "
- Ero uscito allo scoperto e gli stavo di fronte.
- " Faresti male, continuai, perché è
vero: l'ho sempre saputo e non mi è mai importato.
"
- Era un uomo di mezza età, alto e molliccio,
il ventre prominente sopra la cinta dei pantaloni di
tela. Si era immobilizzato al mio comparire così
all'improvviso, stupito, ma recuperò subito.
- " Davvero? , ghignò, Buon per te. Sei di
bocca buona. Io per me... "
- " Vattene. "
- " Piano, piano, non si parla così a un
galantuomo. "
- " Vattene. Subito. Questa è la mia terra.
Voglio che te ne vai. Con le buone o con le cattive, la
scelta è tua. A me non importa. "
- Mossi un passo verso di lui e alzai una mano, di
scatto.
- L'uomo fece dietrofront e sparì.
- " Lo racconterà a tutti. " disse
Giada.
- " Lo penso anch'io. " le risposi.
- " Mi dispiace. "
- " Non è stata colpa tua. "
- " In un certo senso sì. "
- " No. Tutti hanno un loro passato, qualunque sia
stato. Che insegna. Voglio dire, se il passato è
importante, importante è anche quello che si
è... , insomma il non continuare a fare gli stessi
errori. "
- " Dio, vorrei che fosse proprio così! Detto
da te sembra facile. "
- " No, non è facile. Per me, almeno. Ci si
prova, ecco tutto. "
- " Era troppo bello per durare, l'ho sempre
pensato! " la voce suonava avvilita, sconfitta.
- La guardai nel buio e gli occhi annegavano
nell'ombra del viso.
- " Ce la farai, a farlo durare. "
- Mi si avvicinò e allungò una mano
calda ed asciutta, me la posò sul braccio e sentii
un brivido correre sotto la pelle, prendermi la gola e
seccarla. Non riusii a trattenere le braccia che la
presero, la strinsero con forza, mentre la bocca, la mia
bocca, cercava la sua. Fu un bacio lungo, pieno di
passione. Non la lasciai. La trattenni contro di me,
accarezzandole i fianchi snelli e forti.
- " Aspettavo da tanto, che lo facessi! "
mormorò lei.
- Allora la feci scivolare a terra e le fui sopra
mentre un mare di lucciole volteggiava intorno ai nostri
due corpi.
- Era tardi, molto tardi quando rientrammo.
L'Ernesta s'era addormentata sulla sedia nel cortile
davanti alla casa. La svegliai. Si alzò, prese la
sedia e fece per rientrare: " Buonanotte. " disse e ci
guardò. Credo che pur semiaddormentata com'era,
comprese che qualcosa era accaduto, perché
dondolò fiaccamente una mano tendendola verso di
me e borbottò: " Era ora! "
- Incominciò in questo modo la storia con
Giada, il suo corpo era luce del sole, il suo ventre
promessa di un futuro, le sue labbra giovinezza e
passione. L'amore per Mara aveva avuto il colore della
luna, argenteo, dolcemente ammaliatore, quello per Giada
aveva il colore della spiga dorata dei campi,
riverberante nel sole. I miei amori.
-
-
- " Te l'avevo dato per certo. Una donna cattiva.
"
- " L'avevi detto, sì. "
- " Non ci volevi credere."
- " Non sono poi affar miei. Neanche tuoi. Lavora,
dai. "
- " Ci si potrebbe stare a discutere. Chi ce la
vuole una puttana in paese? "
- " Cosa ridi, tu, lavora che ne hai da mangiare di
pane per entrare in discorsi di donne! "
- " Io almeno non ce l'ho una moglie che sbraita,
voi sì! E come se sbraitano! Le si sente per tutta
la valle! una puttana in paese! Ma, andate a far tacere
le vostre galline! Ehi, no! Scherzavo! Non si può
più scherzare! La piantate di tirar sassi? E se mi
prendete? "
- " Certo che la mia di moglie brontolava già
prima, - solo perché la vedeva così bella e
diversa... , ma adesso s'è fatta tutta un veleno.
"
- " La mia non vuol che venga a lavorare qui, per
lui... "
- " Vecchie befane. Galline. "
- " Mica ce l'hanno tutto 'sto gran torto.
Chè tu un pensiero non ce lo faresti?"
- " Certo che bella è bella... "
- " Bella? Solo bella? Ma quella è come il
sole... ci pensi a averla sotto? "
- " Sotto, sopra... insomma, sì... che donna!
"
- " Qualcuno è andato a lamentarsi col prete.
Certune dicono poi che han paura per i figli... per la
famiglia"
- " Han paura ... Gridano allo scandalo. "
- " Gran scandalo, alla fine. Ne son capitate ...
tante anche qui... Ve lo ricordate il vecchio Filzi?
Quello è scappato con la serva che se aveva
vent'anni di meno che lui, era poco... "
- " Ma le cose son state tenute ben coperte e quando
son saltate fuori, ormai era tutto finito e se n'è
riso... Io ho riso del Filzi e della serva. Voi
no?"
- " Già, proprio così. "
- " Su, via, il tempo passa e poi c'è la
bimba e poi da ultimo ripeto, non son affari nostri, e
poi anche buona, cattiva, non è che voglia dir
più di tanto... "
- " Sono affari loro, che restano in casa loro.
"
- " Proprio così. Già. "
- Ridono, lavorando nei campi - due ammogliati ed
uno giovane giovane - e sbirciano la casa in distanza,
dove lei, così bella e giovane, fottutamente
puttana, vive. Sbirciano nella distanza solo per darle
un'occhiata. Nell'animo uno sorride, un altro ride, hanno
voglia, uno scuote il capo, disincantato e non è
neppure il più vecchio. Scuote il capo, piegando
la schiena e sogna d'incontrare un amore. Vero.
-
-
- Incominciarono le chiacchere in paese. L'avevamo
previsto, eppure fummo colti quasi di sorpresa quando,
diretta come sempre, l'Ernesta disse che "... si doveva
far qualcosa contro quelle brutte malelingue che
finiranno per bruciare all'inferno."
- " Quello che raccontano è vero. "
- Rimase senza parole, per un momento solo.
- " Non ha importanza! Devono smetterla! "
- Accompagnai Giada alla messa quella domenica.
Quando entrammo in chiesa molte teste si girarono a
guardare e si chinarono a mormorare, gli uomini fissarono
Giada dandosi di gomito, alcuni ammiccarono. Giada
camminò fino a un banco centrale, né troppo
avanti, né troppo indietro, guardando innanzi a
sé, spalle dritte, il bel viso fresco, senza
mostrare alcun timore imbarazzo o vergogna. Mi sedetti
accanto a lei. Mi sembrava di sentire i commenti. Finita
la messa, raggiungemmo don Fulvio nella sacrestia e,
mentre si toglieva i paramenti gli dissi che avevamo
deciso di sposarci.
- " Era ora! " esclamò il sacerdote, proprio
come aveva fatto l'Ernesta, anche se per altra ragione.
- Ma chissà, l'Ernesta aveva l'occhio acuto e
forse vedeva più lontano di molti.
- Quando il nuovo inverno sopraggiunse, eravamo
marito e moglie e Mara era nostra figlia e Giada era di
nuovo gravida. Mi diede due figli maschi, li conoscete
anche voi, forti e sani come li sapeva fare lei.
- Con il tempo e la pazienza le chiacchere si
fermarono, un torrente che a un certo punto trova un mare
di sabbia e viene assorbito. Abbiamo vissuto la nostra
vita insieme qui, fra i campi che erano stato di mio
padre, faticando e maledicendo la grandine e la
siccità, ridendo e scherzando per tutti i niente
che erano tanto per noi... , ma vedete, non abbiamo mai
scordato la mia Mara, sapevamo bene che cosa era stata
nella nostra vita, io la rivedevo nella ragazza che
scampanellava pedalando come una matta, ogni volta che
tornava da scuola.
- Poi il tempo è trascorso, veloce da non
credersi e sono rimasto solo. Solo con i ricordi e il
fruscio delle voci che ancora mi accompagnano verso il
sonno la notte.
- Vorrei che Mara tornasse a stare un po'qui al
paese, con me, vorrei guardarla in viso, prenderle le
mani fra le mie e chiederle: " Sei contenta? " ma sono
sicuro che è contenta, di più, felice. Non
può essere altrimenti. Solo vorrei che fosse lei a
dirmelo. Ma intanto guardo l'ombra saldamente legata al
mio corpo e a volte mi giro di colpo o faccio un passo
avanti in fretta per calpestarla, perché adesso la
mia ombra è dura come il granito, come uno scalino
su cui salire e guardarsi intorno, avanti e indietro e
poi sorridere. "
- Si tolse gli occhiali e pulì le lenti con
mani dalle dita ingrossate, chiazzate dalle macchie brune
dell'età e volse intorno lo sguardo, gli occhi
azzurri che nella luce apparvero di un grigio caldo
sfumato di verde, si posarono su quelli che gli stavano
intorno come in attesa.
- I due giovani che s'erano fatti vicini vicini
l'uno all'altro si scambiarono uno sguardo rapido e la
ragazza sospirò forte, il vecchio con una gamba
sola stropicciò il piede sotto la sedia di
plastica:
- " Già.- disse - Èla vita. E 'sempre
la vita. "
- Allungò una mano e la batté due
volte sulla spalla dell'altro che si rimise gli occhiali
ed annuì confermando.
- Annuirono i muratori ed annuì il barista
che, fra un cliente e l'altro, si faceva sulla porta
dell'osteria, ad ascoltare.
- " Ed è anche ora di andare. " disse il
terzo.
- " Dove? " chiese lo storpio.
- " Io vado a casa. " gli rispose il
compagno.
- " A far che? "
- " Mah!... c'é sempre da fare qualcosa...
"
- " Storie! Non hai niente da fare, solo sentire tua
nuora brontolare... "
- " E allora? Devo star qui fino a sera? "
- " Io, per me ci starei... e mi farei un altro
bicchiere... E tu che cosa dici?"
- Il vecchio guardò in alto, poi posò
lo sguardo azzurro sul compagno:
- " Io? No, per oggi basta. Vado a far due passi
lungo il fiume... voglio muovermi un po', mi piace, mi
sento sempre meglio dopo... e poi, poi torno a casa mia.
" Scosse la testa mentre parlava e incominciò ad
alzarsi.
- Allora si mossero tutti insieme, per poi
dividersi, prendendo ognuno una direzione diversa, mentre
le ombre dei pioppi s'allungavano sull'asfalto della
strada che lenta lenta si snodava in ampie curve fra le
colline, perdendosi in lontananza verso i monti, fra i
pendii dove i campi risaltavano, riquadri di terra scura
nel verde, a formare una scacchiera dove le creature
della terra, della luce e della notte si incontravano, si
riconoscevano, a volte si amavano.
-
-
- Se ne vanno i pensieri, quali- dove chissà,
solo schegge, ma gli occhi azzurri del vecchio, fermo
sulla sponda del fiume, stan fissi al passato, miscuglio
inscindibile d'ombre e d'amore, perché in ultimo
lui sa che ci si nutre d'amore, per amore si sbaglia e a
volte si muore, ma comunque, questo è il punto,
d'amore si vive.
- Si vive.
- Anche da vecchi.
- Anche con la porta che si richiude sul mondo e
poco resta cui allungare il respiro, cui far ritorno. Nel
reale. Ma infiniti sono i ricordi. Infinita è la
memoria. Una tensione che corre e il sangue formicola
nelle vene indurite, un fiume se ne va fra due sponde
verdi d'erbe nuove, fra ronzii di insetti e ali di
farfalle... - con cura disegnate su carta variegata di
mille colori , ritagliate, levate in alto poi - vibranti
ombre sul muro bianco... Quando il nastro della memoria
si districa dalllo scorrere uguale dei giorni piatti,
monotoni, sterili, senza pianto e senza sorriso e lascia
fluire i ricordi, sciolti, con passo di danza, l'occhio
ancora si illumina e tu capisci tanto di quello che
è accaduto e lo insegui questo passato bruciato,
calpestato, frainteso, eppur sempre vivo e rimani
così sospeso- SOSPESO - sul mondo che ti ospita,
che ti ha ferito, che tu hai ferito, cui hai sorriso, che
ti ha sorriso e cammini, un passo dopo l'altro a ritroso
ed è uno spettacolo quello che ti si offre,
fresco, nuovo, luminoso, ammiccante, intrigante, l'orrore
stesso diventa perlaceo e, anche se non sarai mai
consolato, pure ti senti perdonato. Una specie di
riscatto è questo che la memoria opera, senza
nulla chiedere se non pazienza e, perché no,
coraggio- non si voltan le spalle, non si piega il capo
sotto l'ala del braccio ripiegato, non si fugge nella
follia della dimenticanza, ma da finestre spalancate,
figure s'affacciano chiamando e tu le guardi, le
riconosci come quelle di quanti han dato forma e colore e
violenza all'anima, e infine amore.
- AMORE
- Che poi tanti volti ha l'amore e tanti cuori. Lo
san tutti.
- Che l'amore- si specchia -ha occhi grandi e
braccia tese e si ritrova in occhi d'altri in braccia
d'altri. Si stringe amore ad amore in legami d'azzurro
che il quotidiano stinge in grigio come di pietra, eppur
rimane amore. Parla amore all'amore parole attese in
piedi sulla soglia di un giorno di festa che coniuga voli
d'uccelli e lampi estivi, intrecci di parole si perdono
nel buio eppur amore rimane. Amore cerca passione e
stordimento eppur rimane amore all'epoca dei vecchi che
ricordano le carezze della giovinezza.
- Tanti volti ha l'amore, tiepido e trepido uccello
scaldato nel nido da piume materne e tanti cuori pronti a
prendere il volo ad innalzarsi in fremiti rosso sangue in
alto a perforare il tetto delle nubi.
- Lo sanno tutti che a amore amore succede, capita
che magia segua a magia fra le dita di un prestigiatore
alla fiera del paese, che fiori di carta estrae dalla
manica dell'abito logoro e un coniglio tira fuori dal
cilindro liso. perché, lo sanno tutti, non importa
quanto logoro sia l'abito, quanto liso sia il cilindro,
ma solo la perizia importa del prestigiatore, l'arte di
strappare un OHHH di meraviglia di far sgranare gli
occhi, e intravvedere l'ombra di un miracolo. Lo sanno
tutti che di amori ce ne sono tanti e che a volte capita
d'averne in dono più d'uno, di quelli veri, che
sanno di magia. Capita.
- Come guardare in un caleidoscopio.
- Attraverso la lente di un ARCOBALENO.
- Capita, a volte.
- Proprio così.
-
-
- Un uomo, un vecchio,
- un uomo
- sull'orlo del fosso guarda scorrere l'acqua che
presto il caldo assorbirà lasciando solo il senso
d'umido da cui si leveranno, la sera, le zanzare
succhiasangue a nugoli, guarda l'acqua e mormora muovendo
appena le labbra una specie di cantilena che ninnananna
non è, non è preghiera, ma un po'ha
dell'una e dell'altra, perché lui, proprio lui, la
Volpe era stato, la Volpe dei monti, a caccia d'uomini,
denti affilati e pelo arruffato dietro la preda e argini
non aveva mai trovato contro il dolore dell'esser stato
lui quell'uomo, se non le parole mormorate con dolcezza
Mara- Giada - Mara, e Mara - Giada - Mara per una vita
intera avevano danzato nell'azzurro dell'iride, farfalle
nell'aria di primavera, difese sulle quali
- le voci infine,
- quelle voci infine
- s'erano soffermate e pensierose avevano ascoltato
e più non avevano gridato e
- " Mara - Giada - Mara " ripetono ora anch'esse.
- Eco di monte in monte per la valle.
- Eco di cadenze segrete in una nenia appena
sussurrata.
- Rintocco dopo rintocco, il suono della campana
accompagna le memorie scandite nell'aria. Da custodire.
- E pur a terra così com'erano - nude -
contro il muro accecante della mente, lo tenevano per
mano, lo conducevano a lato del fosso, in attesa di una
nuova estate, quando dai bozzoli umide sbocciano farfalle
bianche e nere e rosa, liberate nel volo, così
delicate, come sono le ali sospese a fili invisibili che
i pensieri appena nati portano in alto a smarrirsi
nell'infinito.
- Così, semplicemente.
-
Daniela
Manzini Kuschnig
FINE
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