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            Monique Sartor è nata
            a Ginevra (CH) il 24/12/1964. Laureata in Lingua e
            Letteratura cinese all'Università di Venezia con
            una tesi sperimentale (indirizzo artistico) e diplomata
            all'Università di Pechino negli Anni Ottanta. Ha
            diretto per vari anni una galleria d'arte contemporanea a
            Milano, e a collaborato con scritti di critica d'arte a
            riviste e giornali. Ha pubblicato la «Memoria
            è futura» (poesia, 1997),
            «Appartenenze alchemiche» (racconti,
            1998), «In corpo di nube» (poesia,
            1999). È stata inclusa nella «Storia della
            letteratura italiana del XX secolo e degli autori
            contemporanei», a cura di Giovanni Nocentini
            (introduzione di Silvio Ramat, Alfredo Luzi, Giorgio
            Luti). Si è affermata in numerosi concorsi
            letterari per la poesia e la prosa, classificandosi prima
            seconda o terza. Al XVII Premio Internazionale Eugenio
            Montale (1999) è stata segnalata dalla Giuria
            nella sezione Inediti italiani (silloge di
            poesie).Ha pubblicato un'opera di
            narrativa «L'immortalità per
            frammenti» (Ed. Laboratorio delle Arti, novembre
            1999) ed una raccolta di poesie «Il soffio e la
            pietra »(Ed. Montedit, Milano) è in corso
            la stampa. Molte sue liriche sono presenti in antologie e
            riviste.  Per
            leggere l'opera 3° classificato Concorso Letterario
            Città di Monza 2000.  Monique Sartor ha vinto il 2° premio del concorso
            Club dei Poeti 1998 con questa poesia Con questo racconto ha vinto il quinto premio del
            concorso Marguerite Yourcenar 1998 sezione
            narrativa  Per leggere la poesia inserita nell'antologia Marguerite
            Yourcenar 1998  Per leggere l'opera 8° classificata Concorso
            Letterario
            Fonopoli
            1999
            sez.
            poesia | 
   
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               In
               volo Piume di rondini,arabeschi d'argentotra ombre di boschi scoscesi.Piume di rondini come gocce di ditae respiri di parole in volo.Piume di rondinicome fiori di pelle schiusa.Fiori di pelle in ascolto:nudità trionfanteda lampi di sangue irrorata. Camminerò a piedi nudisu piume di rondini.In sciamanici sonni visiteròmorti mai sepolti.Che ogni alba mi colpisca in volto,del suo prodigio innamorandomi.Che ogni sonno sia moto nel risveglio.Che ogni luna mi ascoltipiangere pietre sulla pietra. Ringhiosa o sognanteoffrirò ai sonni e alle albela mia lingua d'amore.Sarò dolore che diviene -ritmico assolo di musicali arterieascendente sanguinare di carne d'animetra folte chiome di fiori di pelle. Agli alberi - umani del fiero bosco,alla neve che incanta d'alabastro le
               acquetornerò con piedi leggeri.Muta, la gravità ancorante di mortali
               parole -tra torri di cielo e deserti d'ariain volo di piume partorirà -
               
               
                  di feconda inquietudine, armoniose
                  ascendenze.    Un filo d'erba per occhi
               neri Due funi di luce possenti,raggi di sole spruzzati maestosiin neri occhi di tigre,a corso d'onda estesahanno domato il tempo,destriero al galoppo guidatoin fiumi ribollenti tra braccia di
               marefino all'urtarsi di nubi rosatecontro calde spire di fumi e vapori.Colonne di cielo disciolte in lavae in ghiacciati fragoriche audace aria d'uomo ha destatoa spazzar via da terrasecche foglie ed alberi emaciati.Due funi di luce possenti,le carni esauste e spente(da colonna di cielo ardentein opaco pulviscolo dissolte),schiudono appenadue falde di luce estrema,occhi neri che vedono bene la notteil cavaliere sbalzato e stordito,quarzo murato in pietra su strada,cuore stracciato dagli amiche il tempo ha gettatoa trainarne il canto convulso.Ciglia riverse piovono rughe nel cesto del
               mondo,e la gola affamata più non sa
               direla fame di terra e di cielo cheasseta i fianchi di piccole cose -né querce a radici solenni né
               pini a guglie sovrane, ma il leggero curvare lo sguardodella foglia del salice ad osservare il
               viale,e il vedere fra le pietre a lastreminuscola una crepa,dovea ramo di sole inflessibile s'alza,ostinato smeraldo,un filo d'erba dall'ugola di vento.   Salmo del
               viandante I Si svela rossa la montagna ardentenell'acqua bionda accesa in gocciadi liquido sole sospesa aggrappataa sorgente di ramo radice di pinoe alla fronte verde azzurradisegno di un volto inviolatotra roccia e nube a filo d'erbafino al fiore ascendente Sgranando perle di silenzi a solide vette
               coronaseguendo suoni acerbi frutti di pietre in moto
               inquietegronda fra le dita il succo estremo del picco
               di cielo,scroscianti sue vertebre in curva di
               cascatada alghe di fuoco nutrita Della rossa montagna l'anima viandantestrillo d'aquila nero di falco soffocante la
               golain canto di colomba organza bianca all'aria
               fruscianteè fragile roccia in spoglia di
               nubeè nuvola sfera scintilla di fata e di
               stregatenera e audace carezza ai rocciosi
               conflittida mano sicura in profilo di marmo levigati
               sereni II In solitudine erra lo sguardo
               viandantedell'erba respira il filo dall'odore di pane e
               di vinoe marino è il risveglio dorato dei sensi
               sottilinella mente dal pensiero desertodi incendi assopiti - sangue e fiatoun tempo d'amore, ora fogli di gemme
               sfogliatee monco singhiozzo del fuso spezzatoDevastante uragano d'indomabili
               lacrimesu fianchi esposti di scapole rocciosesbatte il fossile vento della memoriaNera pietra rulla inermi fragori,l'occhio dal dolore esiliatoa strascicare rigagnolo fra scogliStella cadente in bocca di vulcanomacchia il sole d'esploso amoreE fra piedi di neve e dita di ghiaccioin abissale blu d'altitudine amatazattera d'ocra s'incaglia il
               viandante,tenue materia verso nastri di nubie soglie di cime protesa  III Se lo sguardo dalle ali trafittee dalle ossa spezzatein solitario cammino d'amanterespirandomi l'aria ed il vento è
               guaritoSe il viandante che di passo in passoscalando verticali le mie ghiaie
               mobiliin sogno di verità ancora mi
               sfidaSe ad arabeschi di fiori mi disegna il
               voltoin steli calici e corolle di pensierosa
               armonia,socchiusi gli occhi arrossatiormai rame di sole dal buio brunitoallo spicchio di luna in sua bocca vela
               issatae di poli opposti farfalla espertanel navigare il mio silenzio grande,come porte spalanco verdii miei occhi d'immenso Ignoto  IV Rossa la montagna dall'anima d'erbaa filo tesa per lo sguardo viandanteda luce lunare vestita e spogliataè bianca montagna di nera
               trasparenza Del viandante l'anima, giardino dei segreti
               -trasparenza di diamante in chiaroscuro
               infinito 
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