LA PIÚ GRANDE
ANTOLOGIA VIRTUALE
DELLA POESIA ITALIANA
Poeti contemporanei affermati, emergenti ed esordienti
Poesie tratte dal libro Cibernetica di Oreste Bonvicini editrice Montedit, 2000, Collana Le schegge d'oro (i libri dei premi), pp. 64 - L. 13.000 - Euro 6,71 ISBN 88-8356-031-0
- ATTESE
- Non so se lungi avrò nell'animo
- quest'angoscia che stringe le tempie
- silente ma intensa e accompagna
- i miei giorni maturi
- eppure mai colmi.
- Resterà forse una vita errabonda.
- In nessun luogo vorrei essere e vivere
- e ovunque voglio restare a lungo.
- Attenderò l'avvento del nuovo
- e la coscienza di tanto raggiunta
- darà un attimo di gioia
- a lunghe attese sfuggito
- e il cuore in fremito che pulsa
- afferrando la corda tesa nel vuoto.
- Attesa
- Sarà il sole al primo mattino,
- il canto sbadato della fanciulla,
- il fischio del treno oltre la collina,
- la prece rivolta all'effige
- sacra di mille ex voto
- o la carità di una moneta
- nell'incavo della mano tesa
- dal medico in riva al porto.
- E poi, riscoperti i volti noti
- nei giovani profili di noi che fummo
- come mille voci acute di bambini
- e nei richiami severi dei genitori,
- sarà nostro il desiderio
- di fuggire verso il giorno che nasce,
- dove perdura il tempo, liberi eredi
- di tanti che più nessuna chiama.
- E come d'illustri antichi
- fai tacere la storia dei tuoi anni,
- del tuo mestiere, della tua vita,
- fai silenzio intorno a te,
- spegni le attese,
- che nulla trapeli di questi tempi
- né cronache, né favoleggiar di miti.
- Sola resterà la tua parola scritta,
- come chi amò il silenzio
- eppure non smise di parlare,
- di far volare la penna,
- leggera come il nulla
- in un refolo di vento.
- Riflessi
- Se proprio tu, celato nella stanza
- dietro le tende mosse
- e dal riflesso bianco,
- quel tuo volto tagliato
- mezzo rifratto e mezzo cieco,
- sconosciuto nel profilo
- che l'ombra poco nasconde,
- riguardandoti scoprissi
- l'altra parte, quella buia
- senza nome e senza aspetto
- non essere la tua metà esatta?
- Un'ora al giorno è la dodicesima parte
- della vita cosciente
- (Musil)
- Attendo la notte.
- Può accadere ad un'ora qualunque
- anche un'ora prima dell'alba
- nel cielo stellato
- sotto la luna a falce ridotta
- nel buio che muore.
- Quando attendo la notte
- non c'è ora che sia misura,
- è notte e ritorna in mente
- quel buio che tutto circonda,
- un aspro comando
- a cui non potrò sfuggire.
- Si spegne l'attesa, si spegne
- mentre la notte
- ora m'inghiotte.
- Mardì gras
- Falò nel cortile.
- Hai infranto le piccole fiamme
- quando il vento allunga le ombre,
- labili e arricciate, tremule
- sui nostri corpi davanti al fuoco,
- mentre brucia Carnevale.
- Domani tu sai, le stesse fiamme
- saranno avvinte al dolore che offende
- e costringerà le tue mani
- protese nel vuoto ad implorare perdono.
- Disperso
- Così ha detto il vento stanotte.
- Ha disperso anche le paure
- sottese agli sguardi
- come vele schioccate sugli alberi
- e un battito d'ali, su placide acque.
- Quest'oggi scricchiolano gli abeti
- e le nude fronde dei tigli.
- Questo il mio unico orizzonte;
- In me svela
- la verità che sovrasta la menzogna.
- Breve il tempo che rimane
- Breve il tempo che rimane
- anche accontentandoci
- di quanto sarà domani
- o tra vent'anni o poco più.
- Era ieri o ieri l'altro, io ricordo
- quel viso piccolo e smunto
- e del tuo prendermi per mano,
- era ieri o ieri l'altro o poco più.
- O tra vent'anni dirai - fugge
- questo temo in fretta,
- ci fosse almeno la salute. -
- Tanto o forse potrò aspettare.
- Visioni
- Le parole scemano per non ferire
- il tempo che mantengono in vita.
- - Parlate, parlate a bassa voce -
- io attonito temo il vuoto
- dell'intervallo che l'attesa impone
- e immobile subisco eterna
- come il ritmico fluire del vento.
- E ora vengono, chiedendo il resoconto
- anche dei più lontani eventi,
- remoti e celati negli anfratti
- della memoria mia
- che non vorrei svelare.
- Delft
- Cercava lo sguardo attento
- quanto Bergotte ora conosce
- dietro l'ala di muro gialla,
- in ombra sotto i rossi cupi
- e ripidi tetti, come quinta
- aperta sull'acque del canale,
- fredde nei vapori del mattino.
- Lo stesso sarebbe stato
- osservando i passi inquieti
- di gitanti domenicali
- la prima volta in piazza,
- forse la più bella e strana
- o lungo l'argine di sabbia
- rosa, tra vasi e terrecotte.
- Amico
- Credici, è come se
- ci fossimo lasciati ieri.
- Tue le parole grosse
- e quel fumare nervoso
- stretto tra le guance gonfie.
- Cullavamo i sogni lievi
- che libertà e desideri
- potessero vestire d'avorio
- e di fiori rossi e rosa
- la sabbia sotto il nostro passo.
- Ombre le ultime sere,
- trascorse tra vite credute vere
- e uomini di cui non sappiamo
- tacere o richiamare in vita
- nel nostro vano ricordare.
- Attendo il silenzio.
- Dopo resterà
- il frullo d'ali d'un passero,
- il fruscio di fronde nel vento,
- uno scroscio di pioggia d'agosto.
- Vorrei il silenzio,
- ché solo lo sguardo
- serbasse le emozioni. Le parole
- taciute resteranno in mezzo a noi.
- D'inverno
- Stiamo a lungo davanti alle finestre.
- Né angeli né dannati, attendiamo i riflessi
- sfuggiti nel vuoto che intorno
- richiama il vuoto di dentro
- dove sprofondano l'anima e la mente.
- Ripetiamo false promesse, parole
- che illudono la storia del mondo.
- Siamo mostri terreni, senza coda
- né unghie per aggrapparci al vento.
- Ci sono giorni in cui nulla
- tra noi resta da dire
- eppure tutto s'evolve, succede
- e le ore scandite dal tempo
- sono attese e incise sul corpo
- come il colore svelato dal cielo,
- una voce spezzata dal pianto,
- la treccia prima del sonno recisa,
- il vento sulla piazza deserta,
- il tremolar dei lampioni accesi,
- un fiore che il capo reclina.
- Sarà poi un volo d'uccelli al ritorno
- e il sorgere del sole sul piano
- svelata la luce dopo la bruma
- o la cima inviolata oltre il colle
- e tu, tu che ricordi l'ascesa
- come un miraggio la sera d'estate.
- Si fa e disfà
- la goccia di pianto
- sul filo d'erba
- piegato dal vento
- sul colle lontano
- o sul ramo spogliato
- dell'ultima foglia
- o sul vetro dell'auto
- bagnato di pioggia.
- È come una mano
- che appena ti sfiora,
- ti volti, ma nulla
- nulla e nessuno ti chiama.
- È forse l'angelo alla tua porta?
- Sulla strada
- Alzerò un dito, sul ciglio
- della strada fuggendo, a passo lento.
- Non so quale aspetto inciderà
- il mio volto,
- salendo sull'auto di uno sconosciuto,
- io qui dove sono nato,
- con i nomi delle strade
- e le voci della gente
- ancora in mente.
- Eppure mi sento straniero e basterà
- il fischio delle gomme sull'asfalto
- e la polvere leggera alzata
- dietro al cofano dell'auto.
- Mi costringerò a non ricordare.
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