LA PIÚ GRANDE
ANTOLOGIA VIRTUALE
DELLA POESIA ITALIANA
Poeti contemporanei affermati, emergenti ed esordienti
Marco Galli
- Mezzodì
- Scarpe confluiscono da qua da là
- nell'assolata piazza,
- si intrecciano, afone, si avvolgono,
- quali di un'Idra dissennate spire,
- non si ricercano, non si scorgono,
- scarpe prive di occhi per leggere nei cuori.
- Ma, nello stesso istante, nell'angolo,
- lesto raccoglie i suoi versi il poeta
- e già l'orecchio tende
- alle attutite note di romanza.
- Ed al viaggio riappresta il suo alato calzare.
- Brera
- La luce rotola fresca, fra i chiari fiori,
- nel tempo che, fra i nostri affanni sospeso,
- precede il dolce, velato, sonno del Sole;
- svaniti sono i tremori, i tuoni, le angosce.
- I tavolini nei viottoli ricercano
- il significato smarrito del mondo e poi
- volgono il guardo a una trasognata bellezza,
- da incastonare eterna su pallida tela.
- Fresca, e chiara, la luce ancor rotola
- sui ciottoli, e poi si ferma, e mi avvolge,
- impalpabile, indefinibile colgo
- sul ciglio l'insostenibile felicità.
- Novecento
- Pensoso percorro le perimetrali
- calli di un fuggente terso sentimento,
- un pedone da ferma mano sospinto
- sul limitar ignoto della scacchiera.
- E lì, il piede or smarrito abdicante
- nel procelloso vuoto del rimembrare,
- indietro mi volgo, implorante e incerto,
- e gran menzognera temo la promessa.
- Tu nera Regina ammaliante a mezz'aria
- altro non pari se non gran mesto addio
- ai giorni del mio lieto animo compagni,
- ai romanticanti passi nella notte.
- Nebbioso Novecento, adultera prole
- del vagheggiante mare dello spirito,
- orfano mi lasci ora alle colonne
- mitiche, in faccia a Scilla nudo e inerme.
- Notturno
- Mille e mille volte tornai a perdermi
- nel vasto mare della poesia diffusa,
- sotto la suadente cupola gremita,
- sordo al vociare garrulo del mondo.
- Caduco l'autunno e brumoso riempiva
- di fragile malinconia il viver mio.
- E lì, nel sogno ovattato di un notturno
- creava l'inconscia memoria un acquerello
- morbido, confuso, languidamente
- rimirante da quel vetro annebbiato
- l'oppiaceo risaccare del vecchio mare,
- fra i bianchi alberi della rimembranza.
- Eos
- Una piccola ombra, impalpabile.
- Così si rende al suolo la foglia del cortile.
- Cigola lenta la carriola, le spente
- foglie traghettando al di là del muro.
- Poi giunse la notte
- di cobalto,
- poi giunse la notte
- e sorrise.
- E nell'ora di Ecate
- il vento notturno, diafana Selene,
- spazzò lontano con impetuoso vigore
- le nostre bieche meschinità,
- il decadente male,
- il tetro grigiore che paralizza insensibili.
- Eos dita rosate mi ritrovò supino
- nel sacro quadrato a rimirar dei ed eroi.
- San Zulian
- Solo restava un uomo, nero
- lunarmente sospeso fra le calli.
- Sospeso restava, solo,
- fra le nere ali del tabarro.
- Mirava assorto, illuminato
- dalla diafanica luce dell'astro,
- da sdrucciolo pontile un punto,
- sdrucito, nella laguna.
- Sopra lui tremava flebile
- una ruggente fiammella,
- una poesia.
- Pare lo starnuto umido della laguna
- il lento sciabordar della gondola.
- E pallido il mattino ritrovò,
- fra le dita rosate di Eos
- sulla guancia della laguna,
- solo un nero mantello,
- adagiato,
- come Eros sul bianco
- volto di Psiche estasiato,
- ove i piedi affrettati mai
- scostano la polvere.
- I Numi
- Fresca e luminosa è la notte,
- e un filo di vento la vivifica.
- Falangi di occhi come cerchi di luce
- i Numi dell'uomo mi osservano.
- Cosa aspettate, dunque,
- un cenno, un sacrificio?
- Fatua è la via dell'uomo
- senza il verbo delle radici,
- dei Numi. E il cacciator Orione
- traversa il cielo con ampi passi.
- Fruscia fra i frutteti spogli
- fremente un vento, e falciforme
- fende l'astro dei poeti il buio.
- Un cono d'epifanico chiarore.
- Si disegna vivida, lucida
- al pensiero,
- struggente i precordia
- la Poesia.
- La sabbia
- Scivola la sabbia lenta fra le dita scarne,
- impalpabile, inappelabile,
- scivola la sabbia e si deposita,
- sulle pareti esangui
- di questa nostra malinconia,
- si deposita, laconica,
- e invecchia,
- sorda al proprio greve
- decadimento.
- Poi un refolo vortica, e solleva, e smuove,
- e la sabbia breve sui fogli smunti
- carezza un tocco i lievi versicoli.
- Sant'Ambrogio
- La basilica del Santo sommersa
- dalla grigiosità della pioggia,
- come i miei pensieri offuscati
- dalla nebulosità del mondo.
- Gemono le pietre,
- gemono le ossa
- nell'umidità stridente.
- Fra i visi afoni acromi
- di quest'era sordida.
- Sotto le artrotiche unghie
- ricurve, avvinghiate
- a una vile materialità.
- La pioggia annega sul cupo ciglio
- dei marciapiedi il dolce sogno.
- "Dove ti neghi ora alla mia cerca,
- solare Arcadia?
- Dove ti celi, delicata Psiche?
- Così profonde e di sale cosparse
- dunque le ferite infertevi
- dalla bieca acidità del Tempo?"
- Un tocco, soffocato, di campana
- suggella grave la tombale risposta.
- Gli Eroi
- Morirono i più bei nobili eroi lontani
- Dalle lor mogli, sole, nella plana di Ilio.
- Svanì con glorioso cozzo quell' aurea stirpe
- E il mondo, fu sterile di barbari preda.
- S'aggira chino fra sassi ed arbusti il Poeta
- E li smuove, in doloroso mesto rispetto.
- Ricerca nella funesta plana ormai spenta
- Un gesto, un pensiero di quel tempo disperso.
- Il cimitero dei poeti
- Mi ridesto, morto, sulla faccia della Luna,
- e d'intorno solo pace e tranquillità.
- Ed accanto scorgo i cari visi dei poeti
- estinti a Lerici e Missolungi.
- E lietamente, con pallida
- amante lunare giaccio,
- finalmente, lievemente.
- Una nave lontana dispersa silente:
- la Terra meschina perversa crudele.
- L'eclisse
- Risalì un brivido,
- lungo la linea della schiena.
- Il vibrante palcoscenico
- spense le luci.
- La nave veleggiante
- per l'angoscioso mare
- restò, sospesa,
- un infinito momento,
- nell'eclisse del raziocinio.
- Secoli di razionalismo
- tarpante i luminosi sensi
- dell'uomo, e l'istinto,
- svanirono, un solo momento.
- Bolle di sapone
- Forse siamo solamente
- fragili, inconsapevoli
- bolle di sapone,
- iridescenti,
- fluttuanti in un sogno.
- Forse domani all'alba
- ci solleverà il vento,
- e stolti ci crederemo
- dei, e invincibili.
- Ed alla fine,
- su una spina di rovo,
- come misera rondine
- ci estinguerà.
- L'albatro
- E questo vasto spazio a me d'intorno
- a me pare calmo ed immenso mare
- con le sue isole, lagune, porti,
- tenui acquerelli piano sovrapposti
- di differenti campate d'azzurro,
- dal tenue, al dolce, e calmo al buio.
- Ancora il miro da questo ponte,
- da questo solido punto il vagheggio.
- E ancor rendo la volontà cosciente
- al volo, e il bianco albatro or sono.
- Per leggere l'opera 1° classificata Concorso Letterario Angela Starace 2000 sez. poesia
Per leggere la prefazione del libro "L'albatro - canti"
Per leggere alcune poesie tratte dal libro "L'albatro - canti"
Per leggere la poesia inserita nell'antologia Il Club degli autori 1999-2000
Per leggere la poesia 10° classificata al concorso Club Poeti 2000 sez.poesia
Per leggere la poesia inserita nell'antologia Poeti dell'Adda 1999
Per leggere la poesia inserita nell'antologia del premio letterario Città di Monza 1999
Per leggere l'opera inserita nell'Antologia del Premio Letterario Francesco Moro Sartirana Lomellina 2000
Per leggere la poesia inserita nell'antologia del Premio Il giro d'Italia delle Poesie in Cornice 2000
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