LA PIÚ GRANDE
ANTOLOGIA VIRTUALE
DELLA POESIA ITALIANA
Poeti contemporanei affermati, emergenti ed esordienti
Poesie tratte dal libro Raggi rossi al tramonto di Luciano Postogna
i raggi rossi al tramonto di porpora
ammantano i flutti, il verde dei prati e
dei boschi, i colli e le altissime cime e le
ansie pacano, di chi, oramai, all'arcana
notte è sospinto...
Luciano Postogna
IMMAGINI - CAMPANE DI PRIMAVERA
- Bronzei rintocchi
- s'avventano nell'aria limpida,
- circostante le alte bifore,
- in invisibile simbiosi
- e scuotono le pietre
- dei casolari appresso.
- Le indifferenti rondini
- proseguono
- negli intrecciati voli
- e nel garrire acuto.
- Guarda il paesano stanco,
- dai campi germoglianti,
- lassù, sulla collina verde,
- l'antica torre campanaria,
- ma i rintocchi a lui
- giungono ormai fievoli
- nell'aria di campagna.
- Campane generose
- foriere quotidiane
- dell'imminente vespro
- e del cessante faticare.
- S'affollano i sentieri
- che dai campi portano
- agli acciottolati ingressi
- delle dimore meste
- e delle rozze stalle.
- Cessa lo scampanio solenne
- nel lento progredire della sera
- che il posto prende
- dei colori e dei brusii
- d'una giornata tiepida
- d'inizio primavera.
- L'ACQUIFERO TRAMONTO
- Incensa la campagna
- l'acquifero tramonto
- e le piante arvensi,
- i boschi e le fungaie;
- imperla, tra muschiati ruderi,
- le ragnatele diafane;
- i frondosi rami onera
- degli schierati olmi,
- al limitar delle copiose vigne
- e dell'erbosa andana.
- Scroscia, dalle nubi colme,
- l'invereconda pioggia
- sui cespi verdi ed aridi fastelli.
- Biondi covoni effumano
- come camini accesi
- del rustico contado.
- Sulla brumosa aia
- poche galline fradice
- beccano, negli acquitrini torbidi,
- dei pantanosi chicchi.
- Lo zaccheroso pelo,
- sotto un corbello vuoto,
- scuote l'incerta arvicola
- che a zampettare stenta
- sull'infida fangaia.
- Sale un fetore fumido
- dalle muggenti stalle
- ed aleggiando copre
- l'odor di pioggia
- e di frumento zuppo.
- Vuoto il barroccio avanza,
- lungo il pervaso borro
- e sul paludoso viale
- lo zoccolio s'ammorza.
- Nitrisce languida la brenna
- che, sgocciolando, il crine scrolla
- ed esausto l'incita il colono
- con la frusta volteggiante:
- ad ogni schiocco il tuono,
- come ritmato, echeggia.
- Là, dove i boschi scemano
- e si perde la campagna,
- un'atmosfera magica
- con rosseggiante piglio incede.
- Mentre agonizza il vespro
- cerulei squarci insidiano
- il procelloso cielo
- e all'orizzonte intrecciano
- voli d'uccelli allegri
- nunzi di stelle e di fulgidi cieli.
- LUNA PARK
- Tra squillanti trombette
- e palloncini fuggiti,
- dalle piccole mani
- di piangenti bambini,
- vivo l'aria festosa,
- che sa di dolcetti e pop corn,
- d'un Luna Park di periferia.
- Due giovani,
- con lucide chiome,
- s'attardano al banco
- del tiro a segno
- per sbirciare il gran seno
- d'una ragazza procace.
- Due sposini abbracciati,
- nell'ammaccato trenino,
- già pregustano i baci
- e le carezze proibite
- entrando nel buio
- d'un tunnel d'amore.
- Due amici tirati
- si sfidano seri
- ad una prova di forza,
- ma prima scolano
- la birra sgasata
- di un'altra lattina.
- Con le gonne rialzate,
- dall'improvvisa folata
- del tappeto soffiante,
- mostrano
- trasparenti slippini
- e cosce grinzose
- due ragazze truccate
- che, gridando, fingono
- pudore e vergogna.
- Nel labirinto di vetro
- mi perdo
- ed ascolto i rumori
- e le note ammorzate
- d'un Luna Park di periferia.
- NEVICATA
- Sui tetti fumidi
- s'adagiano,
- stravaganti e soffici,
- i fiocchi algidi
- e fugaci sfiorano
- i visi attoniti.
- Paciosa è la contrada
- nel silente manto
- e sotto i vuoti portici
- reminiscenze
- e brusii allegri
- s'ammorzano.
- L'agro scolora
- e s'imbianca,
- sull'afillo ramo,
- un abbandonato nido.
- Fitta scende
- sulla pacciamatura
- la neve candida
- e sugli olmi inutili.
- Nei casolari tiepidi
- atmosfere oniriche
- e ceppi alidi
- s'accendono.
- PRIGIONI
- Raggi intensi di luce bianca
- si scagliano sull'asfalto
- dai fari che sembrano
- bagnarsi tra le nubi più basse.
- Abbagliano l'erba
- delle incolte aiole,
- sbiancano il cemento
- degli alti muraglioni
- e prepotenti entrano,
- attraverso le grate,
- a riaccendere speranze vane.
- Aliena la luce tormenta,
- nella notte pesante,
- quelle dimore affollate,
- ove si sprecano incubi
- e copiosi sudori.
- Figure nere, armate,
- si muovono attente
- sui camminamenti
- delle mura blindate
- e talvolta,
- colpite dalle lame lucenti,
- mostrano, brillanti,
- canne e mostrine.
- Profondo il silenzio incombe,
- col suo pesante manto,
- sull'edificio bieco.
- Frettolosi i passanti sgusciano,
- sui marciapiedi opposti
- e sbirciando le alte grate
- non colgono nell'aria
- sogni di libertà impregnanti
- ma il fastidioso muoversi
- dell'affilata luce.
- SOLITARIA ROSA
- Carnicina e solitaria rosa
- tra bassi origani,
- sul tuo lungo stelo
- svetti maestosa
- nella recondita aiola.
- Alla tua corte:
- un tiglio ombroso,
- tulipani chini
- e farfalle, tue ancelle,
- dai colori infiniti.
- Laboriosa
- su te l'ape si posa
- e la tua essenza porta,
- messaggera accorta,
- a tutta la natura.
- Di rugiada imperlata,
- oh mia regina,
- il Sole ti trova
- appena desta
- nella già tiepida mattina.
- Con alito teso
- il giorno t'accarezza,
- t'affresca e ti consola.
- Quando il sole langue
- e l'ultimo bacio ti dona,
- all'imminente sera
- il tuo effluvio delicato affidi
- e lei, con le sue mani ombrose,
- all'aria lo consegna,
- col rosso del tramonto,
- il cinguettio dei passeri calanti
- ed i pensieri vaganti.
- TERRA CARSICA
- Uscito, col fango negli occhi,
- dal profondo abisso,
- celato da un frondoso sommacco,
- là a pochi passi
- dallo stretto sentiero di sassi,
- mi fermai a contemplare,
- nel chiarore sopito
- dall'imminente sera.
- Contemplai solenne quella terra carsica,
- testé uscito dal suo ventre
- e mi trovai forse ricreato nella mente
- da quella fertile Natura.
- L'ammirai come mia madre
- che mi donò la vita:
- carne bianca di pietra
- avvezza alle gelide folate della bora;
- crocchia di nubi bianche
- sul viso solcato e severo;
- maestoso corpo di matrona
- nell'abito verde che ricorda il bosco
- e sulle forti spalle,
- fatto col manto erboso,
- un lungo e frangiato scialle
- ben ricamato coi colori intensi
- della fresca primavera.
- Sdraiata tra i casolari di pietra candida,
- i campi dissodati con fatica,
- i boschi di pini, carpini e querceti
- e lo scorrere ribelle del Rosandra,
- si stinse il viso,
- quella donna rilassata,
- dal rosso morente della sera
- e coi piedi stanchi,
- immersi nel mare di Trieste,
- s'addormentò all'accendersi
- della luna e delle tante stelle.
- UN'ULTIMA FOTO
- Quel corpo rigido
- nella sua muta stagna:
- sudario di colore cupo.
- Quella chiassosa maschera
- con due occhi fissi nell'incredulo.
- Quelle labbra dilaniate
- dall'acqua gelida ed impietosa.
- Fissai quei dettagli spenti
- nel cinico obiettivo d'una macchina:
- immagini d'archivio
- richieste dalla prassi
- e più fredde della morte.
- Gli accarezzai la mano,
- a quell'amico sconosciuto
- e mi fermai sul fondo
- guardando su,
- contro uno smorzato sole
- nell'acqua cristallina,
- quel corpo accompagnato
- lentamente verso il nulla.
- Ritardai a lungo
- l'ultima emersione:
- forse già pensavo
- a quella sposa gravida,
- sulla ghiaiosa riva d'un lago mesto,
- in trepidante attesa
- d'una vita amata
- che ormai non c'era più.
SENTIMENTI - ANIMO INQUIETO
- Sitibondo di pace interiore
- urlo muto di notte
- e m'aggrondo di giorno.
- Debole: all'esasperazione soccombo;
- disperato: non trovo conforto;
- egoista: aleggio tristezza;
- illuso: scivolare mi vedo
- sulla lastra di marmo,
- invece sono carta vetrata
- sopra carta vetrata.
- IL RIFUGIO DELLA TUA VITA
- Ti vedo amore
- col tuo piccolo cappello d'alpino
- e lo zainetto vuoto
- sulle tue tenere spalle:
- ho gli occhi socchiusi
- sul bianco divano
- e si dirada la nebbia
- nella mia mente sopita.
- Ancora rivedo
- il tuo allegro visetto
- e la tua personcina
- su quel lungo sentiero,
- tra prati alpini
- ed orizzonti colmi di vette
- dove, coi tuoi scarponcini,
- quattro passi facevi
- per tenere uno solo dei miei.
- Non un lamento
- dalla tua piccola bocca
- e con le fievoli forze
- guadagnasti il rifugio e la cima
- del Nuvolao.
- Ancora rivedo
- il tuo dolce sorriso,
- sotto il verde cappello,
- per la gioia d'aver seguito papà
- in quell'impresa
- così grande per te.
- Ora sei uomo
- e vorrei figlio mio
- poterti ancora guidare
- sulle impossibili vette
- che la vita t'impone,
- ma non posso
- e non devo più tenerti per mano
- poiché potresti perderla presto
- e trovarti sperduto
- sull'impervio sentiero.
- Non perderti ora
- e cammina da solo
- con lo zaino pesante,
- raggiungi la vetta ti prego,
- raggiungi lassù, ti prego,
- il rifugio della tua vita.
- Non girarti a cercarmi,
- io non ci sarò più.
- IN UN RICCIO SEI CHIUSO
- In un riccio sei chiuso,
- quasi temi le insidie
- da chi t'ha dato la vita.
- Ritorna bambino
- ed ascolta le anime nostre
- che fremono
- e soffrono spesso,
- attonite,
- per l'esteriore durezza
- e la tua solitudine.
- Ritorna bambino
- e piangi a dirotto
- sul pavimento di casa;
- lascia colmi acquitrini
- d'irrisolte risposte
- alla tua esistenza;
- lascia pure fluire,
- nella terra spugnosa
- del nostro giardino,
- i tuoi penosi pensieri
- e le oscure tensioni.
- Apriti, anima mia,
- ed accetta sereno
- il nostro amore infinito.
- Per leggere la prefazione del libro "Raggi rossi al tramonto"
- Per leggere la prefazione del libro "Ali d'Arcangelo"
- Per leggere alcune poesie del libro "Ali d'Arcangelo"
- Per leggere la prefazione del libro "Pensieri nudi"
- Per leggere alcune poesie del libro "Pensieri nudi"
- Per leggere alcune poesie
- Per leggere l'opera inserito nell'antologia del Premio Letterario Francesco Moro Sartirana Lomellina 2000
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