LA PIÚ GRANDE
ANTOLOGIA VIRTUALE
DELLA POESIA ITALIANA
Poeti contemporanei affermati, emergenti ed esordienti
Poesie tratte dal libro Acqua salsa e tarabuso
di
Adriana Scarpa
editrice Montedit, 1998, pp. 48, Lit. 7.500, ISBN 88-86957-68-8
- Raccontare la città
- (a Venezia)
- Voglio spiegarti questa città
- con le voci e i capelli di alga
- col frusciare di tende
- e l'odore di incenso bruciato.
- Piena di echi e ricordi
- ogni svolta si allaga di azzurro
- e l'acqua
- è seta dolcissima. Il vento
- si imperla sui marmi, su bifore
- e cupole ha guizzi di luce.
- E pure la pietra rimane pietra
- in questo congiungersi palpitante
- di acque e di sole.
- Io vivo questa città
- quando di notte sale la marea
- e mi coinvolge caviglie, polsi, viscere.
- Marea pulsante
- mia linfa vitale, seduzione dell'acqua
- che accarezza, sensuale; quietissima
- mi avvolge dentro braccia d'alga.
- Io amo questa città
- mistero impenetrato
- che mi affascina, radice
- che mi avvinghia, stupenda.
- La mia voce su cuspidi e pinnacoli
- è fiotto d'alabastro e di cristallo.
- A notte io anfora-salsedine
- scivolo nel suo abbraccio-laguna
- mi infondo nel rifugio liquefatto
- di un mantello di luna.
- L'isola
- L'isola è perla
- tra valve
- di conchiglia cielomare.
- Lacrima
- scivolata dall'occhio
- di un dio.
- Segue
- il moto dell'onda
- che leviga
- il suo volto virginale.
- A guardarla
- stando a pelo d'acqua
- s'alza e si abbassa
- come seno di fanciulla
- sopra cui alita
- il fiato
- di un vento innamorato.
- Imbarcadero per l'isola
- La luce bianca, tesa
- del cavo d'ormeggio. Dentro fuori
- dall'acqua un canapo gronda verdealga.
- Sulla linea d'orizzonte aerei e gabbiani
- volano bassi
- atterrano in pista, altri sull'onda.
- Guarda Venezia
- là in fondo posata sullo smeraldo.
- Pare che attizzi fumaioli biondi
- con volute di nuvole.
- Qui tutto è sempre sul punto
- di partire, tornare. Non so ancora
- se voglio essere ala, vela,
- pensiero rampicante, ma inseguo
- sentieri di vento e decollo
- nell'aria. Quante
- voci/sirene si alzano dai fondali?
- chi trae scricchiolii musicali
- dai legni vecchi?
- Potrebbe farsi universo / il pensiero
- ma qui voglio lasciarne traccia
- e affido a una bottiglia
- il mio messaggio
- lo seguo con lo sguardo per un poco
- ed è già come mettermi in viaggio.
- Si sfocano le immagini
- verdeazzurrate ondeggiano.
- È incerta l'ora, tracce d'alghecapelli
- d'improvviso si accendono
- unica cosa ferma
- è l'angelo là sopra col braccio alzato
- a proteggere le cuspidi bionde
- o forse a indicarmi la rotta.
- Imbarcadero per l'isola.
- Da qui si potrebbe salpare
- ma è più dolce lasciarmi trascinare
- nella magia cangiante di un gorgo
- e affondare lentamente
- dentro l'abbraccio scintillante
- controsole.
- Laguna
- O Dio, quale grande gesto di bontà
- abbiamo compiuto in passato,
- e dimenticato,
- perché tu ci doni questa meraviglia,
- o dio delle acque?
- (Ezra Pound)
- Laguna,
- che nella bassa marea
- riveli le tue forme
- e accendi le albe e i tramonti
- di sfumature variegate
- e splendide,
- quante volte Marghera
- ti vomita dentro veleni e quanti gabbiani
- tonfano nell'acqua
- unti di nero.
- Ogni giorno di laguna
- mi porta le nebbie
- oppure il verde smeraldino di alghe
- e se abbandono i canali
- e mi perdo nei meandri di barene
- ecco la garzetta mostrarsi
- timorosa
- e raro
- nidifica ancora il Cavaliere d'Italia.
- Fossi io vento forte che spazza
- ramazzerei le alte ciminiere
- e spegnerei
- le torce dei petroli.
- Sarei l'alito per onde minute,
- farei legge il silenzio,
- rovescerei le barche ai cacciatori
- e affogherei nel fango i lor fucili.
- Per amarti, laguna,
- non solo le albe diafane e i tramonti possenti
- ma le memorie dei miei avi, ricerco
- e così, intatta, ti voglio
- per continuare il tuo destino che respira
- al ritmo di marea. Tu sveli
- le ampie volute dei canali,
- disegni l'arco dei lidi,
- mi perdi
- dentro le curve morbide
- del tuo corpo, tu,
- figura femminea
- che non sei dell'uomo
- ma appartieni
- a questo silenzio
- che ancora resiste, inviolato,
- ed è fatto di terra e di acqua.
- Dondola la gondola
- I.
- (labbruzzo di conchiglia)
- Ad occhi chiusi
- sento che c'è, mi respira
- dietro le spalle. È tornata
- la mia città.
- I nostri pensieri
- si corrono incontro
- festosamente
- sollevano piccole onde
- nei canali.
- La chiamo perlaverde
- labbruzzo di conchiglia
- specchio opale
- tenerabrezza.
- Dondola la gondola
- la festa dei nastri cangianti
- e damaschi lapislazzuli
- e stelle.
- II.
- (viaggiano le note)
- Un carico prezioso
- di remicorallo
- per sospingere lievemente Venezia
- foresta di angeli e pinnacoli
- sul silenzio delle acque.
- Un portale gotico
- si alza in forma d'arpa
- ha corde dorate
- su cui leggere corrono le dita
- viaggiano le note
- compongono sugli spartiti
- della memoria
- preziose melodie
- rondò convolvoli
- riccioli e labbra
- l'azzurro della chiglia.
- III.
- (qui riconosco)
- Vedo. Torna un triangolo di sole
- sulle pietre del campiello.
- Bambini si andava
- vociando guardiani di barche
- e di canne
- l'alta marea alle caviglie
- schizzava spruzzi dorati.
- Oggi sono sbiaditi
- gli angeli affrescati sotto i portali
- erosi dal salso
- i deo gratias.
- Sosto in bilico
- al cancello del tempo. Stride.
- Qui riconosco la nostalgia
- nell'aria.
- Gradini in pietra d'Istria. I giardini
- nascosti.
- Mi annullo nel ricordo.
- Per leggere la prefazione del libro " Alchimie per una donna "
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