Autori contemporanei
affermati, emergenti ed esordientiAdriana Scarpa
Ha pubblicato il libro
Adriana Scarpa, Alchimie per una donna, editrice Montedit, 2000, Collana Le schegge d'oro (i libri dei premi), pp. 80 - L. 16.000 - Euro 8,26 ISBN 88-8356-070-1 Prefazione Donne che parlano, donne che ridono, donne che si confessano, donne che lasciano scorrere una perla di luce che dalle ciglia corre giù, a solcare la dolce rotondità della guancia. L'amore, la forza, il mistero delle donne. Chi sono le donne, queste creature per le quali l'ossimoro sembra essere inciso nella carne? Fragili e forti, dolci e dure, pazienti e insofferenti, fastello di contraddizioni e grembo dell'umanità. Chi sono le donne?
Intorno a questa riflessione nascono, come petali di una corolla, le liriche dell'ultima silloge di Adriana Scarpa: "Alchimie per una donna". Una e tutte, questa è l'idea centrale della Scarpa: l'idea che esista un'identità e un sentire comune tra donne, indipendentemente da qualsiasi altra considerazione o collocazione sociale o professionale. Idea forte e suggestiva, non priva di un orgoglio tutto al femminile. Le donne condividono un segreto che l'uomo non conoscerà mai; le donne, quando parlano, toccano corde segrete e profonde, sanno incontrarsi con la semplicità e l'entusiasmo di chi, ogni volta, ricrea un mondo. Lontana anni luce da polemiche o rivendicazioni femministe - del femminismo, del quale non si intende del resto disconoscere neanche un merito, rivendicativo degli anni Settanta - la Scarpa fonda la sua concezione di donna su una più profonda e intima presa di coscienza che si nutre di storia e mito, in un intreccio fecondo dal quale scaturiscono immagini e simboli senza tempo.
Lo si vede nell'ampia e possente costruzione della poesia che dà il titolo alla raccolta: una sinfonia di parole dalla forte musicalità orchestrate in versi larghi e distesi - come la storia delle donne - che a volte si rapprendono in un guizzo intenso di dolore e piacere, come la storia delle donne; una poesia dove la dolcezza si tinge del colore del sangue, e il dolore ha l'abbacinante biancore della luna. Luna e sangue: le donne sanno quanto la loro vita è legata e scandita dai segni dell'astro, dal sapore del sangue; quanto i segni della natura sono impressi nel corpo prima ancora che nell'anima. Il destino delle donne, qui, è tutto nel segreto della loro natura, che le porta a essere madri e amanti, a portare nelle viscere il peso della vita che nasce e sulle spalle e nelle mani quello dell'uomo che cresce, e poi si accanisce contro quel ventre, contro quel seno. E tutto questo, miracolo di fatica e amore, rinasce in ogni donna. Ora la voce della poetessa diventa collettiva e il suo io si espande a raccogliere in sé quello di ogni donna: "Io le ho amate e in esse l'essenza di me donna / che nel mio tempo breve conservo memoria di quell'essere state / vene aperte, riso lieve di mandorlo, un miscuglio di insonnia e fatica / aggrappate al bisogno di esistere / e quell'ansia di dare e donarsi / col sorriso a celare la pena". Cadono le barriere tra passato e presente, tra io e altre; la straordinaria forza di sintesi che accompagna le donne, che dà loro la capacità di abbracciare con uno sguardo orizzonti vastissimi, si manifesta in questi versi densi e come plasmati nella materia (la cui radice, non dimentichiamolo, è la stessa di madre): la pietra e l'alga, la tela e la carne. E non deve sorprendere che il canto della Scarpa inizi proprio con un riferimento ai telai, del resto ripreso nel Monologo di Penelope: il primo tessuto, in fondo, è il sangue, poi viene la pelle e dopo ancora la tela. Le donne sanno tessere nel sangue la vita, e il loro gesto d'amore più antico è proprio quello della tessitura. E nei versi della Scarpa riprendono vita, quelle donne e quelle mani, e le vediamo chine sul telaio a intrecciare fili, disegnando l'aria con mani che custodiscono tutta la storia familiare, che è poi la storia del mondo. Tanto che l'archeologo del futuro che la Scarpa immagina ne "La costola di Adamo" troverà proprio lei, la donna, e da lei dovrà partire per ricostruire la storia: "Noi siamo sempre, donna, / tu e io / le piccole radici, salde / indistruttibili, le bocche sotterranee / che resistono, una coppa / di ombre e di nettare / golosità futura d'archeologi / che codificheranno / con numeri, con scritte neo-latine / le sagome sbiancate delle ossa".
Non è, dunque, un mondo femminile, da rivista per sole donne, quello che la Scarpa evoca qui; la declinazione al femminile della storia parte, come si diceva, da una consapevolezza di sé che attinge alla vena più profonda dell'essere donna; una consapevolezza matura e solida come un albero antico che affonda le radici nella terra umida e libra i suoi rami verso l'alto, ospitando allodole felici; perché essere donna è tutto questo, ombra e luce, canto e pianto. E a tutto questo la Scarpa dona la sua voce di poetessa, facendo vibrare le corde di un linguaggio di cui già in passato è stata notata la ricchezza ma che qui tocca nuove punte di purezza e tenerezza, indice di un'arte ormai consolidata e di una stagione poetica feconda.
Olivia Trioschi
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Per leggere l'opera 8° classificato al concorso Premio di Poesia La Montagna Vallespluga
Per leggere l'opera 8° classificata al concorso Poeti dell'Adda 1999
- Per leggere l'opera 5° classificata al concorso Città di Melegnano 1998 sez. poesia
- Per leggere l'opera classificata 2a nel concorso Jacques Prèevert 1999
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- Per leggere l'opera 3 classificata nel concorso Poeti dell'Adda 2000
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Inserito il 20 ottobre 2000